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Non si erano più sentiti. Erano giorni che Matias rifletteva sulle parole di Andrea, ma ancora non aveva trovato il coraggio di chiamare Lucas per cercare di capirci qualcosa. Aveva paura che il suo ex compagno di squadra si sbagliasse? O era per orgoglio? Certo il discorso di Andrea non faceva una piega, ma forse era veramente tutto uno scherzo, una cosa fatta per scommessa. E se era così, doveva ammettere Matias, era stato proprio un bravo attore. Così bravo da sembrare veramente innamorato, tanto da baciarlo e saltargli addosso, tanto da provocarlo, farlo eccitare e fare continue allusioni sessuali.
"So quello che voglio, e voglio te". Quelle parole continuavano a ronzargli nella testa. Erano solo finzione? O ci credeva quando le diceva.
Il tarlo non se ne andava, erano giorni che non viveva, ma sopravviveva, andando avanti tra lavoro e casa. Neanche andare ad arbitrare lo rendeva felice come prima. Solo quel pensiero nella testa, tutto il giorno, tutti i giorni. Doveva far qualcosa o sarebbe impazzito.

L'occasione gli si presentò sotto forma di partita. Quella sera Lucas giocava in casa un match di campionato. Sarebbe andato a vederlo, magari sarebbe riuscito a parlarci, avrebbe fatto chiarezza e se era veramente tutto uno scherzo, avrebbe lasciato perdere definitivamente.
Mando un messaggio a Emma per dirgli che sarebbe rientrato tardi a casa, che sarebbe andato a vedere una partita.
Lei gli rispose, chiedendo quali squadre giocassero. Che strano pensò, quando mai gli interessano le squadre che giocano. Forse era curiosa, magari un po' gelosa, forse pensava che era una scusa. Ma non aveva niente da nascondere quindi gli rispose tranquillamente.

La sera si presentò al palazzetto a quindici minuti dall'inizio. Lucas era in mezzo al campo, si stava riscaldando. Lo osservò, cazzo se era bello, piccolino, ma bello. E che culo che aveva, tondo e sodo, avrebbe voluto vederlo senza pantaloncini a coprirlo, avrebbe messo volentieri la sua lingua nel buchetto del libero. Scacciò i pensieri poco casti che stava facendo, si ricordò che era un minorenne e cercò di concentrarsi per vedere la partita.
Fu una bella partita, due ore di puro agonismo e spettacolo. I Tiger persero 3-1, ma non sfigurarono contro avversari più forti ed esperti di loro.
Finito l'incontro Matias scese le scale e si diresse all'interno del campo di gioco, dove Lucas era rimasto a parlare con alcune persone.
Gli toccò la spalla e il giovane libero si girò. Occhi contro occhi, verde contro azzurro. Rimasero un secondo in silenzio fino a che Lucas sorrise.
- ... Ciao. - disse con un filo di voce dolcissimo.
- Ciao... Io... Complimenti per la partita, anche se avete perso, sei stato bravissimo. -
- Grazie... È stato un peccato, ma non si può vincere sempre. Ora devo andare. -
- Aspetta... - lo prese per un braccio. - Vorrei... Vorrei un attimo parlare con te. -
- Io... -
- Ti prego solo un attimo... Sono giorni che ripenso a quello che è successo, non ci dormo la notte, insomma io... Non so se quello che mi hai detto è la verità, se è così sono uno stupido, ma voglio sentirmelo ridire... - fece un respiro profondo. - Dimmi che era tutto uno scherzo, che quello che provavi era solo una finta, che era una scommessa, che le parole "Voglio te" erano una finzione. -
Lucas rimase in silenzio e abbassò lo sguardo.
Matias si fece forza e riprese a parlare.
- Guardami negli occhi e dimmelo... -
Lucas alzò la testa.
- Io... Io... Non posso. -
Matias sorrise. Andrea aveva ragione.
- Lo sapevo! Non so perché vuoi chiudere una cosa mai iniziata, ma io non intendo finirla qui. Stavolta sono io a chiederti una possibilità di conoscerci, solo questo, niente di più. -
- Io non posso... -
- Si che puoi. - rispose Matias - e non accetto un no come risposta. Tra due giorni arbitro una vostra partita. Finita quella sei a cena con me. Non hai alternative. -
- O... Ok... -
- Ok? Ottimo, allora ci vediamo tra 2 giorni. -
Si girò e se ne andò senza permettere a Lucas di replicare. Si girò e non poté vedere il sorriso che gli occhi del libero stavano facendo.

Uscì dal palazzetto dopo essersi fatto una doccia. Prese dalla tasca le chiavi del motorino e aprì il sellino per prendere il casco. Proprio in quel momento dall'ombra uscì una persona.
- Ti avevo detto di stare alla larga da lui. -
Lucas alzò la testa e riconobbe Emma. Rabbrividì e la fissò con sguardo perso.
- Forse in macchina l'altra sera non sono stata chiara? Devo farti un disegnino? -
Il libero si riscosse.
- Non sono stato io... Lui si è avvicinato a me, non ho potuto evitarlo. -
- Non me ne frega niente. - urlò isterica. - Ti ho detto che non devi stare vicino a lui. Forse non sei stato sufficientemente convincente quando vi siete parlati in macchina. Mi costringi a intervenire. -
- No. - urlò Lucas. - Ti prego non farlo, farò tutto quello che serve, gli ribadirò che non sono interessato, ma ti prego non dire niente a mia madre. -
Emma sorrise malignamente.
- Ok, ma stavolta fai in modo che sia una cosa definitiva. Puoi prendere tutti i cazzi che vuoi, fare la troia con chiunque, magari qualche bel giovane della tua età, ma stai lontano da Matias. E fagli capire una volta per tutte che non c'è futuro per voi, che non ti interessa. -
- O...ok. - rispose il libero con gli occhi lucidi.
- Molto bene, ora vado, Matias mi aspetta a casa. Ho proprio voglia di fare l'amore con lui. -
Lucas la guardò andare via, lacrime calde stavano scivolando sulle sue guance, mentre stringeva i pugni così forte da farsi venire le nocche bianche.

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