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Quel giorno pioveva, ma niente sarebbe riuscito a guastare il bel tempo che aveva dentro il cuore. Matias era euforico, non gli importava dover lavorare tutto il giorno, dover combattere contro clienti maleducati e un direttore che disprezzava. No, quello era un giorno di sole per lui. Sarebbe andato ad arbitrare Lucas e poi sarebbero usciti insieme a cena. Non voleva farsi film, ma la sua mente volteggiava come una colomba liberata dalla gabbia.
Immaginava già la serata, fatta di sguardi, di parole dolci, quasi sussurrate, di leggeri tocchi, di due mani strette tra loro come se non ci fosse un domani. Come se ci fossero solo loro al mondo.
Era cotto. Se ne era ormai reso conto. E stavolta se ne fregava. Non contava l'età, non contava il fatto che fosse un ragazzo e non una ragazza. Non contava niente che non fossero loro due insieme.
Fare quella cena era solo una formalità. Quell'appuntamento avrebbe cambiato la sua vita. Era sicuro che sarebbe andato tutto bene, che si sarebbero messi insieme. Certo avrebbe fatto tutto con attenzione, lui era minorenne e non voleva correre rischi. Si sarebbero dovuti frequentare di nascosto, almeno fino a che Lucas non fosse diventato maggiorenne. Ma poi niente li avrebbe più fermati.
Voleva fare quella cena solo perché diventasse un simbolo. Appena finita sarebbe tornato a casa, e avrebbe lasciato Emma. Al diavolo lei e i suoi propositi di rimanere incinta. La loro storia era finita! Era inutile prolungare l'agonia. Sarebbe stato molto più felice senza di lei. Anche se le cose con Lucas fossero andate male, avrebbe chiuso con la sua ragazza. Ma non ci pensava neanche che qualcosa sarebbe andato storto. Neanche un meteorite avrebbe potuto distruggere il loro momento. Era tempo di fare delle scelte, e lui era sicuro di quelle che aveva intenzione di prendere.
Erano stati due giorni di pensieri, di dubbi. Ma più si avvicinava l'ora fatidica, più era sicuro. Se Lucas voleva lui, lui voleva Lucas. E al diavolo la carta d'identità.

Passò tutta la giornata al lavoro canticchiando e fischiettando, persino i suoi colleghi si stupirono del suo buon umore. Servì i clienti con il sorriso, dispensò consigli e aiutò i colleghi con una strana energia. Guardava insistentemente l'orologio, faceva il conto alla rovescia, ancora qualche ora e sarebbe rimasto solo, in compagnia di Lucas.
Finito di lavorare uscì dal negozio, stava arrivando il tramonto, il cielo era coperto, ma dei raggi di sole filtravano tra le nuvole.
Dopo una giornata di pioggia, arriva sempre il sole pensò. Sorrise e si accese una sigaretta. La fumò con calma, rilassato e sereno. Finita, getto la cicca in terra e la spense con il tacco. Si avvicinò alla macchina, aprì la portiera e si mise seduto. Fece un respiro profondo. Mancava poco.
Mise in moto e si avviò verso il palazzetto.
Arrivato scese dalla macchina, prese il borsone dal portabagagli ed entrò in palestra. C'era già qualche spettatore sulle tribune, alcuni giocatori delle squadre erano all'interno del campo intenti a fare stretching, ma tra questi non c'era Lucas, probabilmente era ancora negli spogliatoi.
Matias entrò nel suo spogliatoio, appoggiò la borsa e torno in campo per misurare la rete.
Saluto gli allenatori, si fermò a fare quattro chiacchiere con loro e prese i documenti da controllare. Una volta finito chiamò le due squadre per il riconoscimento. I Tiger si presentarono davanti a lui, indossando le proprie maglie di gioco. Matias fece loro l'in bocca al lupo e iniziò la procedura di riconoscimento. Chiamò il nome di Lucas e un sorriso spontaneo gli uscì dalle labbra. Alzò lo sguardo e incrociò i suoi occhi con quelli del libero. Il giovane sorrise forzatamente, si sentirà in imbarazzo pensò Matias, che non diede peso all'espressione del ragazzo.
Finita la procedura entrò in campo, fischiò i dieci minuti all'inizio dell'incontro e si mise a osservare il riscaldamento delle due squadre. Solitamente in quei momenti gli arbitri osservavano i palleggiatori, per vedere lo stile, il modo di toccare la palla, per capire se erano fallosi o puliti, ma Matias non aveva occhi che per Lucas. Ancora poco e potrò stare con lui pensò, speriamo in una partita veloce che non vedo l'ora, un bel tre a zero veloce sarebbe l'ideale.

La partita durò due ore e dieci minuti, un tre a due combattuto e divertente per spettatori e atleti. Anche Matias si divertì molto, fece qualche piccolo errore, ma niente che compromettesse il risultato della gara. A fine partita scese dal seggiolone e si mise sotto rete a salutare le due squadre. Salutò anche Lucas, indugiando un po' di più nel momento che gli stringeva la mano. Era un tocco che voleva dire tante cose, un "ci vediamo tra poco" e allo stesso tempo un "non vedo l'ora". Lucas sorrise ancora una volta, ma i suoi occhi guardarono il volto di Matias solo un istante. Erano sfuggenti. L'arbitro associò anche questo al l'imbarazzo e cercò di controllarsi, certo non era il caso farsi prendere la mano, qualcuno avrebbe potuto notare qualcosa.
Tornò negli spogliatoi, espletò le ultime pratiche burocratiche e poi si mise seduto sulla panchina. Prese dalla tasca della giacca il cellulare e mandò un messaggio a Lucas.
23:40 "Faccio la doccia e poi ci vediamo, passi nel mio spogliatoio?"
Aspettò un istante, ma il libero non rispose.
Starà già facendo la doccia, pensò. Si spogliò nudo ed entrò nella doccia. Sperava di sentire la porta aprirsi, stavolta non era imbarazzato, e se l'avesse visto nudo non si sarebbe di certo vergognato. La sola idea lo eccitò e il suo cazzo divenne duro. Non voleva masturbarsi, quindi mise il getto dell'acqua fredda, per placare il piccolo disturbo che si era venuto a creare tra le sue gambe.
Uscì dalla doccia e si coprì la vita con un asciugamano. Si mise seduto sulla panchina e riprese il cellulare in mano. C'era un messaggio di Lucas.
23:52 "No, vieni tu nel mio spogliatoio, ti aspetto qui."
Piccolo ragazzino perverso, pensò Matias, vuoi farti vedere nudo da me. Sorrise a quel pensiero. Non l'aveva mia visto ancora senza vestiti, ma non ne aveva bisogno, sapeva già che sarebbe stato perfetto.
Finì di vestirsi e prepararsi, voleva essere a posto per la serata, prese il borsone e si avviò verso lo spogliatoio dei Tiger.
La porta era socchiusa e Matias la aprì leggermente senza pensarci. Quello che vide lo lasciò pietrificato.
Lucas si trovava di spalle, in pantaloncini, senza maglietta, vedeva la sua schiena magra. Era in ginocchio e davanti a lui c'erano due suoi compagni di squadra, gli stessi che aveva visto quella volta in negozio. Il libero stava succhiando il cazzo di uno dei due, mentre masturbava con una mano l'altro giovane. Entrambi mugolavano di piacere. Il primo prese la testa di Lucas e spinse il suo cazzo in gola fino quasi a farlo soffocare. Accompagnava le sue spinte con parole forti, volgari.
- Prendilo tutto puttana, succhialo bene, adesso ti scopiamo come si deve. -
Matias era senza parole, il cuore si era fermato, sentì come un rumore all'interno del suo corpo, di qualcosa che si spezza. Rimase immobile, quell'immagine lo stava sgretolando pezzo per pezzo, ma non riusciva a muovere un passo, non riusciva a urlare, anche se avrebbe tanto voluto farlo. Invece restò lì, a osservare tutta la scena, disgustato, per nulla eccitato. Avrebbe voluto intervenire, salvarlo, forse lo stavano stuprando, ma quell'idea lasciò subito posto a un'altra idea quando sentì Lucas parlare.
- Scopatemi. - disse, mentre si staccò dal cazzo del primo, per mettersi a succhiare quello dell'altro.
- Con piacere. - rispose il giovane che prese il suo cazzo in mano e iniziò a masturbarsi da solo.
Lo fece sollevare, gli tirò giù i pantaloncini e le mutande, sputò sulla sua mano che andò a infilarsi tra le natiche del libero. Infilò il dito medio nel buchetto di Lucas che iniziò a mugolare mentre succhiava il cazzo dell'altro ragazzo.
Si mise dietro di lui e senza tante cerimonie, lo penetrò con forza. Lucas aprì la bocca ed emise un gemito, subito soffocato dall'altro ragazzo che gli rimise il cazzo in bocca.
Il primo compagno di squadra iniziò a scoparlo, prima lentamente, accompagnando ogni suo affondo a parole volgari.
- Aaaaah che bel buchetto stretto. -
- Ti piace troia? -
- Che chiappe sode, che bel culo tutto da scopare. -
- Prendilo tutto puttana. -
- Succhiagli bene il cazzo. -
- Sei la nostra troia. -
Le spinte si fecero sempre più veloci e a ogni affondo Lucas gemeva sempre di più.
Matias osservava la scena in stato catatonico, era rimasto immobile sulla soglia della porta, forse l'avevano visto, forse no, ma non riusciva a muoversi da lì, come se avessero messo delle ganasce alle sue gambe, come se avessero buttato una colata di cemento sui suoi piedi.
Da quel punto vedeva il culo nudo del compagno di squadra di Lucas, che era piegato a novanta, mentre succhiava l'altro cazzo.
Da quanto stava lì? Da quanto stava osservando quella scena? Erano passati minuti o erano ore? Non lo sapeva più, non sapeva più niente. Il suo castello era franato come se fosse di carta.
Le spinte diventarono sempre più veloci fino a che entrambi sborrarono su di lui. Il primo inondando le sue natiche lisce e sode, il secondo spruzzando nella sua faccia, nel dolce viso che aveva fatto innamorare Matias.
L'arbitro si riscosse, non si era reso conto di stare piangendo e dalla posizione in cui si trovava, non sarebbe mai riuscito a vedere che anche Lucas aveva il viso bagnato di lacrime e sperma.
Si girò e corse via, il più velocemente possibile, il più lontano possibile. Uscì dalla palestra, arrivò davanti alla macchina, aveva il fiato corto e, non riusciva a respirare bene, cercò di regolarizzare il suo respiro, ma non ci riuscì. Iniziò invece a singhiozzare nel buio del parcheggio. Aveva ripreso a piovere e l'acqua del cielo si confondeva con le sue lacrime amare.
Quel giorno pioveva, il bel tempo che aveva nel suo cuore se ne era andato, volato via come colombe liberate dalla gabbia, ma non era un volo di libertà, era un volo di disperazione.
Dopo una giornata di sole torna sempre il temporale a rovinare tutto.

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