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Avevano da poco scaricato il camion e Matias si mise a spuntare la merce, così come faceva tutte le mattine.
Odiava il suo lavoro. Tutti i giorni dal lunedì alla domenica dentro quel negozio a vendere computer, stampanti, accessori, avere a che fare con il pubblico, persone molto spesso maleducate, arroganti o solamente noiose.
E non sopportava il suo direttore, uno più preoccupato a farsi leccare il culo che a far andare avanti il negozio, un mega store high-tech che aveva aperto da circa un anno.
Matias era bravo, lavorava bene e riusciva a entrare in empatia con i clienti, ma non piaceva al direttore, che era troppo abituato a essere adorato. In negozio lo chiamavano Grande Puffo, basso, tarchiato, stempiato, e con un gran barbone brizzolato. Si atteggiava a super uomo e arrivava a malapena all'ombelico di Matias. E poi non capiva niente di gestione di un negozio. Tra colleghi si facevano scommesse su quanto sarebbe durato, prima di essere cacciato dalla direzione centrale.
Una volta durante una riunione aveva dichiarato: "Diventerete tutte mie scimmiette ammaestrate". Proprio questo non andava giù a Matias, l'atteggiamento di superiorità che Andrea, il direttore, mostrava a tutti. Ma aveva bisogno di lavorare, dopo un anno da disoccupato non poteva permettersi di perdere il lavoro e cercava di fare del suo meglio. Certo, delle volte gli era capitato di rispondere male a un cliente magari troppo rompipalle o arrogante e una volta, il suo collega di reparto Davide, era andato a riferirlo al direttore che gli aveva mandato subito una lettera di richiamo. Un'altra di quelle lettere e avrebbe detto addio al lavoro.
Proprio mentre stava contando i pezzi dentro un scatolone per verificare che il numero nella bolla di trasporto corrispondesse, arrivò il direttore:
- Matias lascia stare i pacchi e fai un salto al reparto telefonia, che c'è parecchia gente e hanno bisogno di una mano. -
Matias lasciò il pacco aperto ed entrò nel box di telefonia dove un'anziano signore con la moglie stava aspettando impaziente di essere servito.
- Salve, posso esserle utile? -
- Si volevo questo telefono, ma è buono? -
89 euro di telefono e lo voleva anche buono, pensò Matias che rispose:
- Beh ha le classiche funzioni, telefona, manda sms e può andare su internet. -
Era più forte di lui, non riusciva a non essere sincero con i clienti, non sopportava chi consigliava prodotti scadenti solo per vendere, preferiva la sincerità, per questo molti clienti chiedevano di lui quando entravano in negozio, si fidavano e apprezzavano i suoi consigli.
- Ok giovanotto, ma è buono come telefono? - disse la moglie dell'anziano.
- Direi di no, è piuttosto lento, e si impalla spesso e volentieri. Certo se ci deve solo telefonare va benissimo. -
- Grazie per la sua sincerità, ci pensiamo un attimo. -
- Nessun problema, siamo qui propri per aiutarvi. -rispose svogliatamente Matias.
Si era svegliato di malumore quella mattina, anche a causa della sera precedente quando aveva litigato con la sua ragazza per l'ennesima volta nell'ultimo periodo.
Ormai non facevano altro che litigare, sempre per futili motivi, ma il vero motivo era un altro. La loro storia era al capolinea, erano diventati solo una compagnia reciproca, non c'era più quella passione che aveva caratterizzato i primi anni della loro storia. Era diventato un rapporto tra fratello e sorella, ma nessuno dei due aveva il coraggio di troncare, troppo spaventati da abbandonare quella che era diventata la loro storia: abitudine.

Matias servì altri due clienti e poi si avviò allo sportello di uscita del box telefonia quando notò un ragazzo bassetto vicino a una donna che molto probabilmente era sua madre. Gli sembrava di aver già visto quel ragazzo, ma non riusciva in quel momento a focalizzare dove l'avesse già incontrato.
Riflettè un istante e poi ci arrivò: era il libero della squadra giovanile di pallavolo della sua città, probabilmente lo aveva visto giocare in qualche partita o in qualche torneo estivo.
Si trovava proprio di fianco all'uscita del box, intento a guardare qualche modello di telefono cellulare Samsung, mentre parlava con la madre. Senza neanche sapere perché, mentre usciva dal box gli disse:
- Tu giochi nei Tiger, fai il libero. -
Il ragazzo distolse lo sguardo dai telefoni e notò Matias. Lo guardò e gli sorrise, mostrando una dentatura perfetta. Gli rispose:
- Si, ma come fai a saperlo? -
Matias rimase imbambolato a guardare il suo sorriso, i suoi occhi chiari, tra il verde e il giallo il suo viso delicato, i suoi capelli biondi cenere, morbidi e lisci portati a caschetto, qualche leggero segno di acne giovanile, labbra piene e sopracciglia che sembravano disegnate, da come erano perfette.
Si riprese da quello stato di trance, stava facendo la figura del fesso, e rispose:
- Devo averti visto giocare in qualche partita, faccio l'arbitro, mi capita spesso di andare a vedere partite di miei colleghi. -
- Non ti ho mai visto. - rispose il ragazzo.
- Si ho iniziato da poco, ancora non ho arbitrato molte partite.
Aveva iniziato da circa un anno, dopo aver smesso di giocare a causa di un infortunio al ginocchio. Dopo l'operazione e otto mesi di recupero, Matias aveva deciso di lasciare il campo e si era iscritto al corso da arbitro. Amava la pallavolo e voleva restare nell'ambiente, così aveva deciso di salire sul seggiolone per vedere cosa si provava e si era subito trovato a suo agio. Conosceva le regole, gli atteggiamenti dei giocatori e sapeva rapportarsi con gli allenatori quando contestavano qualche sua decisione. I suoi commissari pensavano sarebbe diventato un grande arbitro.
- Infatti non ti ho mai visto, se no mi sarei ricordato di te. - disse il giovane ragazzo aprendo le sue labbra per mostrare un bellissimo sorriso che lasciò incantato Matias.
Stava forse flirtando? Matias scacciò quel pensiero dalla mente e aprì lo sportello del box di telefonia per uscire e tornare al suo reparto.
- Se serve una mano, fatemi sapere. -
- Grazie, stiamo ancora dando un'occhiata. - rispose la madre del giovane.
- Perfetto, allora torno al mio reparto. -
-Grazie mille, magari ci vediamo in qualche campo. - disse il ragazzo.
Già magari, penso Matias, ma non lo disse.
Tornò in reparto e ricominciò a contare i pezzi dello scatolone che aveva precedentemente lasciato, con una sensazione strana che partiva dalla bocca dello stomaco e arrivava fino all'inguine. Si era eccitato, e non riusciva a capire il motivo. Prese la felpa della divisa ai lati e la tirò giù fino a coprire le parti basse, per nascondere l'erezione che faceva capolino sotto ai pantaloni della tuta. Se l'avesse notata qualche cliente sarebbe stato imbarazzante.

Passò il resto della giornata in stato di trance, servì diversi clienti piuttosto noiosi e a fine lavoro era sfinito. Uscì dal negozio e si accese una sigaretta. Fumava sempre prima di salire in macchina e tornare a casa.
Tornato a casa venne accolto da Emma, la sua ragazza, che lo aspettava con il piatto in tavola, e la faccia stranamente sorridente.
- Ciao amore tutto bene? Come è andato il lavoro? - si scambiarono un leggero bacio a stampo.
- Tutto bene, giornata tranquilla, le solite cose. -
Si mise a sedere mentre Emma lo guardava sorridendo.
- Ti vedo allegra, è successo qualcosa? -
- Niente... Solo pensavo... È un problema se vado una settimana dai miei, che mia madre mi ha chiesto di aiutarla con il trasloco che deve fare? -
- No nessun problema, tanto le prossime sere arbitro quasi sempre e tra il lavoro e l'arbitraggio non è che ci vedremo molto nei prossimi giorni. -
- Perfetto, allora parto domani mattina, sei un tesoro, ti amo così tanto. -
Era da molto tempo che non sentiva quelle parole, ma ascoltare quelle parole non gli fecero nessun effetto.
- Ti amo tanto anche io. -

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