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Ero lì seduta su una panchina qualunque, con il mio zainetto e i miei occhi fissi nel vuoto.
«Ma perché? Perché ho tutti questi problemi.. Perché non me ne va una liscia.» dissi tra me e me sdraiandomi sulla panchina dopo essermi allacciata le converse.
Presi il cellulare e vidi l'ora 11:30, sarei dovuta tornare a casa all'1:30 era ancora troppo presto per tornare.. Avrebbero capito ovviamente che avevo marinato la scuola, tutto per seguire un ragazzo che in quel momento non era con me.
Fissai il cielo, era così limpido così bello, faceva caldo, ma buttava un venticello fantastico.
«Signorina, signorina, ma le sembra il modo di fare.. Ma guarda tu. Che modi. La panchina è stata fatta per sedersi.» sentii gridare un signore ai miei piedi, un signore anziano con una folta barba bianca e degli occhiali.
«Ah mi scusi.» dissi gentilmente alzandomi per fargli spazio.
«Di sicuro dev'essere un'orfanella nonno. Non ha proprio educazione.» disse poi una ragazzina che sembrava avere la mia stessa età.
«Ehi Ehi, che modi. Io non sono un' orfanella.» le risposi andandole vicina.
«Guarda ti consiglio un parrucchiere, i tuoi capelli sono un vero schifo, non sono per niente dritti.» disse poi lei alzandomi una ciocca.
Mi scostai per farle scivolare dalle sue mani i miei capelli.
«Guarda ti consiglio di comprarti un cervelletto zucca vuota.» dissi per poi prendere lo zaino e andarmene.
Poi sarei io ad avere le brutte maniere, e loro? Intendo la gente. Che ti tratta così senza pensare se ci soffri... Era vero, non avevo i capelli nel modo giusto, non avevo lo zaino marcato, o le magliette nuove.. Ma cosa potevo farci io.. Ero semplicemente contenta di ciò che avevo.
Presi l'autobus per andarmene da qualche parte.
Ero sola all'ultimo posto, misi della musica poi presi le cuffiette.
«No piccola, tranquilla, a me non dà fastidio, puoi metterla ad alto volume.» disse l'autista.
Era un signore anziano, davvero molto simpatico.
Gli sorrisi attraverso lo specchietto e misi ad alto volume la canzone, ed iniziai a cantare.
«Ti piace cantare vero?» chiese.
«Si, molto.» risposi.
«Si vede, hai una bella voce.» continuò facendomi un segno con la mano e il pollice verso l'alto.
Sorrisi e ringraziai.
«Siamo arrivati.» disse
Arrivai in fondo e cercai i soldi nello zaino.
«Oh no, tranquilla. Vai. »
«Ma signore gli devo i soldi.» dissi.
«Va' goditi la vita piccola.» continuò poi chiudendo le porte appena uscii.
Se solo esistessero più persone così.
Camminai e trovai un bel parco, entrai e passeggiai guardando i bambini giocare.
Ero comunque molto attenta all'orario, non avrebbero dovuto affatto scoprirmi.
D'un tratto sentii afferrarmi il braccio.
Mi girai di scatto ed era Jack.
«Jack? Cosa ci fai qui?» gli chiesi curiosa.
«Niente, ero in giro, e volevo chiederti scusa per come ti ho trattata prima.» rispose lui.
«No, non fa niente, ma ora continua a fare ciò che stavi facendo, io vado a farmi un giro.» precisai staccando il mio braccio dalla sua mano.
Iniziai a camminare quando lui continuava a parlare.
«Mi sa che non mi hai perdonato ..»
«E come potrei? È vero, sono acida, stronza, faccio i dispetti, ma quando c'è in gioco il dolore, faccio di tutto per aiutare le persone, ma sono arrivata al punto che nessuno aiuta me, quindi io non aiuto nessuno.» esclamai andandogli vicino.
Eravamo davvero molto vicini, le sue braccia scivolarono dietro alla mia schiena e mi strinse.
«Basta litigare.. Purtroppo abbiamo lo stesso carattere e siamo troppo orgogliosi, cerchiamo di aiutarci entrambi. Siamo anche nello stesso banco, in qualche modo dovremmo sopportarci.» disse lui.
Mi allontanai dalle sue braccia guardandomi intorno.
«Si certo. Hai ragione.» dissi io  posando per terra lo zaino.
«Vieni con me, ti porto in un posticino bellissimo.» disse lui.
Mi prese la mano e mi tirò, lo seguii e prendemmo nuovamente l'autobus.
«Salve di nuovo.» dissi.
Era lo stesso autista di prima.
Ed eravamo soli, ancora.
«Dove vi porto? Siete soli.. Scegliete voi.» disse l'autista.
«Beh .. Devi portarci..»
Jack mi fece segno di sedermi in fondo, e poi disse la destinazione all'autista senza farla sentire a me.
«Con te tutto è un mistero.» gli dissi spostandomi per farlo sedere.
«Beh, io so che a te piacciono i misteri.» disse lui fissandomi e mordendosi il piercing.
Cantammo entrambi una canzone che era alla radio, e poi anche l'autista iniziò a canticchiare.
«Hai una bella voce Bambola.» disse Jack.
«È la stessa cosa che gli ho detto io.» gridò l'autista da lontano.
Ridemmo entrambi.
«Arrivati, buona passeggiata ragazzi, e mi raccomando tratta bene la principessina.» terminò l'autista.
«Aspetti, devo pagare.» disse Jack prima che l'autista chiudesse le porte.
Ma quest'ultimo iniziò a canticchiare sorridendo senza darci ascolto.
«Gente strana.» disse sorridendo.
«Già.»
«Okay andiamo. C'è un po' di strada da fare a piedi..» continuò lui.
«No problem, ti seguo.» dissi io e potei notare un sorriso da parte sua a dir poco fantastico.
«Non avevi detto un po' di strada?» dissi io dopo 20 minuti di camminata a piedi.
«.. Sta tranquilla ti piacerà bambola .»
Mi fermai di scatto.
«Ma la smetti di chiamarmi bambola?» chiesi io nervosa.
«...Ti dà fastidio?» rispose lui con un'altra domanda.
«No ma..»
«Ecco, allora sbrigati bambola.» disse lui girandosi e velocizzando la camminata.
Sbuffai e lo seguii.
Dopo qualche minuto finalmente arrivammo.
«J-Jack ma è stupendo.. Perché mi hai portata qui?» chiesi.
Era un posto stupendo.
C'era un lago è tantissimo verde intorno, c'erano alberi dappertutto e tantissimi fiori.
«So che ti piace la natura.» disse lui dietro di me.
«No aspetta, come fai a sapere tutto di me.» chiesi girandomi e mi ritrovai tra le sue braccia.
«Riesco a leggertelo negli occhi.» rispose lui avvicinandosi alle mie labbra.
«Ehm, sì bene.. Okay, perché non ci sdraiamo qui?» dissi allontanandomi velocemente.
«Okay.» disse lui portando gli occhi al cielo.
Ci sdraiammo e io appoggiai la testa sul suo petto.
«Bel silenzio eh.» disse lui dopo minuti di silenzio.
«Già, parliamo di qualcosa.» proposi io.
«Si, parliamo di te.» disse lui.
«No parliamo di te.» risposi io sorridendo.
«Prima le donne.» disse con aria da gentiluomo.
«Va bene.. Allora.. No dai, non è bella la mia storia, parliamo di te.» continuai io.
«Ehi Ehi, shh, bambola, tranquilla, ti ho raccontato una cosa difficile anche solo ad immaginarla, stamattina, ora parla di te.» disse lui accarezzandomi il viso.
«Allora.. Io.. Non so da cosa cominciare perché non so com'è iniziata esattamente la mia vita, cioè, io sono stata trovata dalla signora Murphy, la direttrice dell'orfanotrofio, avevo 3 anni, ho vissuto in vari orfanotrofi, ero una bambina dolcissima fino all'età di 6 anni.. Quando scoprii che ero stata abbandonata e quando iniziai ad essere trattata male in quegli istituti, cambiai carattere.
All'età di 8 anni iniziavano a venire famiglie che volevano adottarmi, ma.. era sempre punto e accapo, perché non volevano una peste come me in casa loro. » mi fermai pensando di essere noiosa ma notai il suo sguardo intenso e interessato.
«Allora? Finito qui? Continua!» disse.
«Beh, sono stata chiusa tante volte in stanze per aver messo me e altri ragazzi nei casini.»
«Qual'e' stata la cosa più pazza che hai fatto finora, per cui ti hanno chiuso in stanza.» chiese lui alzandosi sui gomiti.
«Penso, sia stata aver rubato un auto, per andare a prendere una Milka all'unico bar, lontano dell'orfanotrofio.» dissi imbarazzata.
«Cosa? No, non ci posso credere. Per un pezzo di cioccolato?» disse lui.
«Tu chiami la Milka, "PEZZO DI CIOCCOLATO."» dissi.
Poi sorrisi.
«E poi?» chiese.
«Poi beh, è arrivata Mary, che insieme a Louis mi hanno accolta a casa loro, ho conosciuto i due fratelli e con loro sto davvero bene.. Beh avvolte ci sono momenti in cui vorrei scappare ma, poi arrivano persone che ti danno la forza di rimanere.» terminai io.
«Dei tuoi genitori sai nulla? Non ti viene la voglia di scoprire chi sono?» chiese lui.
«Si, in realtà con Alex sto cercando di scoprire chi è mia madre, abbiamo già tre nomi, quando potremo andremo a vedere..» risposi.
«E di te? Parlami di te.» dissi io alzandomi di scatto mettendomi seduta avanti a lui.
«D-Di me? Ohh guarda, s'e' fatto tardi, meglio portarti a casa, altrimenti Thomas mi uccide.» disse alzandosi mentre cercavo di oppormi, ma lui mi prese in braccio e mi fece zittire.
Ad un certo punto della strada gli chiesi di mettermi giù e così fece.
«Ora non ci sono pullman, mi sa che dobbiamo correre per arrivare in tempo.» disse lui.
«Cosa?» chiesi io stanca.
«Ma se ti ho portato in braccio, dai hai più forze di me. 3-2-1»
E iniziammo a correre.
Eravamo allo stesso passo, poi lui andò più avanti, sbattemmo contro i passanti che ci mandavano a quel paese o ci chiamavano "randagi".
In quella città era così. Se ti divertivi, se provavi ad essere te stesso, venivi definito pazzo, oppure orfano randagio, senza educazione.
Arrivammo fuori casa mia ma la sua mano mi tirò dietro un cespuglio.
«C'è tuo fratello, non voglio farmi vedere. Ciao bambola.»
«Ciao BadBoy» dissi sorridendo.

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