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Continuava a spingermi per le scale, mentre io restavo in silenzio.
Aprì la porta e mi fece entrare in stanza con modi poco gentili.
Mi sedetti sul letto, guardando un punto fisso della camera, e lei chiuse la porta alle spalle.
«La devi smettere okay? Tu sei mia. Tu ora sei di mia proprietà. Non puoi andare via.» disse avvicinandosi a me tirandomi i capelli.
«Aspetti che compirò 18 anni, poi vedrà cosa le farò passare.» dissi portandole uno sguardo minaccioso, per poi fissare la finestra.
«18 anni? Hahahahaha cosa? Tu pensi che quando sarai maggiorenne, cambierà qualcosa. Io ti starò sempre addosso cara mia. Tu ormai vivrai qui. Stavi per essere scoper..» disse, poi si fermò, ed io mi alzai di scatto.
«Cos'ha detto?» chiesi avvicinandomi.
Lei indietreggiò.
«Ripeta.. Cosa ha detto...» continuai io, con fare quasi gentile.
Dovevo scoprire a fondo questa situazione.
«Non ho detto praticamente nulla. Ora tu resti qui. E stasera non cenerai. Vediamo se ti rimetto in riga.» continuò lei seria, cercando di scappare da me, avvicinandosi alla porta.
Rimasi di spalle a lei e chiesi «Perché mi fa questo? »
Per qualche secondo potei sentire solo i nostri respiri, ma dopo lei sbuffò per poi rispondere «Perché tu, per me, sei solo tanti soldi.» per poi chiudere la porta alle sue spalle.
Mi girai di scatto ma fu troppo tardi, che chiuse la porta a chiave.
Sbattei un pugno contro il muro, per poi buttarmi sul letto.
«Che significa, questione di soldi?» sussurrai tra me e me con gli occhi stanchi che mi bruciavano.
Tra quei pensieri mi addormentai, con gli occhi lucidi e gonfi, e con un mal di testa assurdo.

IVAN
Continuavano a tenermi fermo, mentre cercavo di tornare all'interno e salvare la piccola.
Ci portarono fuori e portai uno sguardo a Billy come per chiedergli scusa.
Poi girai la testa a sinistra e vidi Tom e Jack, nascosti dietro le auto.
Un agente notò i due ragazzi, così chiese di andare a dare un occhiata.
Non avevo niente per avvisarli, anche perché avevo le mani legate dietro la schiena, così urlai «Ragazzi scappate.» e ciò mi procurò tre punti sulla fronte da parte di un poliziotto, ma almeno i due, partirono più veloci che potevano.
Ci fecero entrare in auto e ci portarono in questura.
Appena arrivati uno di loro mi trascinò fuori tenendomi la testa dicendo «Lei ha il diritto di rimanere in silenzio, qualsiasi cosa dirà o farà, potrà e sarà usata contro di lei.»
«E lasciami!» esclamai serrando i denti.

«Allora..» disse poi uno, appena mi accomodai.
«Ma lei ha capito, in che guaio si è cacciato? Ciò che ha fatto, è rapimento di minorenne?» disse lui sedendosi difronte a me.
«Non la stavo rapendo.»
«Ah no?»
«NO!»
«E cosa stava facendo?» chiese poggiando dei fogli sul tavolo.
«Stavo cercando di salvarla.»
«Ma lei ha capito che è una minorenne orfana, che è in quella casa.. voleva approfittarsene ?» chiese lui.
"Ma questo è idiota." pensai portando lo sguardo a destra.
«PARLA!» esclamò poi attirando la mia attenzione.
«Voglio sapere il motivo per cui, hai scelto quella ragazza, il motivo per cui sei entrato in un orfanotrofio, come ti è saltato in mente?»
Rimasi in silenzio.
«La stavi già seguendo da molto?» chiese lui scrivendo delle cose su fogli bianchi.
Alzai lo sguardo e cercai di avvicinarmi a lui.
«Senta.. Tutte queste stronzate, le sta dicendo lei. Quella ragazzina mi conosceva, ho ascoltato una sua storia, e quella direttrice non la tratta bene. Lo capisce?» dissi con aria tranquilla.
«Questo é l'orfanotrofio migliore che abbiamo, signor .. Ivan Volkov.. si chiama così?» chiese per poi scrivere quel nome tra le righe dello stesso foglio.
Accennai un piccolo "si".
Prima che si alzasse e se ne andasse, gli sussurrai «La prego, mi faccia quello che vuole, ma quella è solo una ragazzina, e non merita di essere trattata così. La prego.»
Lui non si voltò ma mi disse solo «Ha diritto ad una chiamata, poi la trasferiranno in una cella per vedere cosa fare!» e poi sparì.
«No..» sussurrai nervoso.
Dopo vari minuti, mi portarono in una stanza, dove potevo fare una telefonata, mi tolsero le manette, e digitai il numero di mia moglie.
«Amore, sono io.»
La sua voce preoccupata mi causò molta tristezza.
«Amore tranquilla, è solo un piccolo viaggio, sai per lavoro. Ma è tutto apposto. Tornerò presto.» dissi e notai il poliziotto al mio fianco sorridere sotto i baffi negando l'ultima frase detta.
«Ivan, ti amo.» rispose lei.
Attaccai e mi rimisero le manette portandomi nella cella.
Io e mia moglie abbiamo sempre avuto un buon rapporto, forse non avendo potuto avere figli, ci siamo concentrati un po' più su noi due, ma una terza persona, forse, quell'amore, l'avrebbe fatto crescere.
Entrai e mi distesi sul letto duro e freddo.

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