Dopo quella videochiamata tornai dai miei genitori, e stetti tutto il tempo con loro, e soprattutto aiutai Nath con il pranzo.
Ovvero lei mi insegnò a cucinare, dato che nessuno prima d'ora l'aveva mai fatto.
Cucinammo le lasagne, ed infine preparammo anche un dolce.
Pranzammo e subito dopo, chiesi ai due, il permesso di uscire.
Presi il mio zaino ed uscii.
Che bella sensazione chiedere il permesso di uscire a due adulti, che nonostante la paura e la protezione nei tuoi confronti, ti lasciano andare.
Mi allontanai poco da casa, cercai di memorizzare bene la strada, così da imparare.
«Domani vado da Tom e Jack.» esclamai felice correndo verso un parco poco distante.Appena all'interno, mi sedetti su una panchina avanti ad un lago, e dallo zaino, cacciai il libro.
"Step Brother." lessi accarezzando la copertina che raffigurava un ragazzo ed una ragazza.
Lo aprii, e cercai di leggere la prima pagina, quando una bambina mi chiese «Ciao. Come ti chiami?»
Chiusi il libro e lo riportai in borsa.
«Ciao, io sono Kate!» esclamai «Tu?» chiesi sorridendole.
«Io sono Denise, ho 6 anni, e ti ho vista da sola. Vuoi giocare con me?» chiese.
"Che carina" pensai.
«Certo che giocherò con te.» le risposi accarezzandole il viso.
Poco lontano vidi i suoi genitori guardarci e sorridere.
Mi diede una delle sue bambole, e mi chiese di giocare, facendo finta di diventare e pensare come una bambola.
Giocai con lei tutto il pomeriggio, mi divertii tantissimo.
Sembrava rinascere un'altra volta, fare le cose che da piccola non avevo mai fatto.
Fu lì che pensai, che la mia infanzia era davvero stata rovinata.
Ad un certo punto, la madre decise di tornare a casa, così prendendo la figlia per mano, sorrise e mi salutò.
«Ciao, grazie mille per aver fatto compagnia a mia figlia.»
«No, grazie a te, per avermi fatto compagnia.» esclamai rivolgendomi alla bambina dai capelli neri raccolti in due treccine.
Uscii dal parco che stava per chiudere e mi diressi verso casa.
«Sono di nuovo quiii.» esclamai attirando l' attenzione di Nath.
«Amore, sei stata via per tanto tempo. Dov'eri?» chiese la donna.
«Mi é venuto un colpo, non tornavi più, e non sapevo come rintracciarti.» continuò.
Sorrisi «Tranquilla, sto benissimo, ho giocato con una bambina al parco.» risposi.
«Dov'è papà?» chiesi.
«Di sopra, studia per l'operazione del tuo amico per domani.» rispose seria la donna.
Subito dopo portai lo sguardo all'orologio che segnava le 18:27, così decisi di stendermi sul divano, dalla stanchezza.
«Dimmi un po' hai frequentato qualche scuola?» chiese Nath sedendosi accanto a me.
«Si, una, quando ero con Tom. È li che ho incontrato Jack.» dissi sorridendo, mentre i miei occhi iniziarono a chiudersi piano piano.
«E come ti sei trovata con la famiglia di Tom?» chiese accarezzandomi i capelli.
«Sono stati gli unici a preoccuparsi davvero per me.» continuai poi.
«Sai mamma.» dissi, e la mia voce iniziava ad abbassarsi. «Io penso che i bambini dati in adozione, devono essere dati alle famiglie che davvero ci tengono ad avere un figlio. A famiglie il quale figlio è morto, oppure a coloro che non ne possono avere, e non a persone che lo fanno per soldi, che adottano ma non amano..» dopo quella frase caddi in un sonno profondo, tra le carezze di Nath.
Sentii solo che mi baciò la fronte, poi nient'altro.Il mattino dopo mi svegliai nel letto della solita stanza e capii che Ivan mi ci aveva portato in braccio, mi poggiai sui gomiti e subito dopo mi stirai per bene.
«Buongiorno.» esclamai andando verso la cucina.
«Buongiorno tesoro.» esclamò Nath
«Buongiorno.» disse Ivan baciandomi la fronte, con tono serio.
Quel giorno Ivan, avrebbe dovuto fare uno dei passi più gradi, forse uno dei più difficili. Doveva concentrare anni del suo lavoro, in un solo corpo.
«Tra un'ora abbiamo l'aereo. Sei pronta?» chiese.
Accennai un "si" deciso, e dopo aver fatto colazione, salii di sopra per mettere a posto le ultime cose e prendere la valigia.
Scesi di sotto e Ivan mi aiutò con il bagaglio.
Nella valigia vi erano solo due magliette e un pantalone di ricambio miei e di Ivan, ma il resto era occupato da fogli per lo studio della difficile operazione di Jack.
Anche se all'esterno potevo sembrare tranquilla, all'interno avevo ansia e paura che combattevano tra di loro.
«Andrà bene, amore. Sei bravo nel tuo mestiere.» esclamò la donna, dando un bacio al marito, cercando di incoraggiarlo.
Ma Ivan è uno di quei tipi, che se non raggiunge il suo obbiettivo, non riuscirai mai a tranquillizzarlo.
«Ciao amore.» esclamò poi abbracciandomi forte.
La salutai ed uscimmo per poi andare all'aeroporto.
«Papà andrà bene.» cercai di incoraggiarlo, notando il suo essere così nervoso.
Sorrise, poi si voltò verso me.
«Non posso nasconderti che sto male figlia mia. Hai deciso di venire con me, io ho deciso di essere sincero con me stesso, e con te. Quindi non voglio dirti bugie. È difficile. Tra qualche ora avrò la vita del tuo migliore amico, tra le mie mani. E l'unico motivo per cui forse, cercherò di fare del mio meglio, è proprio perché so che ci tieni tanto, e anche perché quel ragazzo, ha sofferto troppo per sopportare anche questo.» disse per poi incamminarsi verso l'imbarco.
Inizialmente stetti ferma, poi lo seguii, ed entrammo in aereo.
Sopportammo altre 4 ore di viaggio, ma sta volta in silenzio, senza parlare, ne rivolgerci la parola.
Lui aveva deciso di starsene nella sua ansia e paura, ed io di lasciarlo stare.
Appena arrivammo, uscimmo, e notai Jack e Tom aspettarci vicino l'auto di quest'ultimo.
Lasciai la valigia a mio padre e corsi verso loro.
«Jack, Tom!» esclamai abbracciandoli forte.
«Mi sei mancata.» sussurrò al mio orecchio Thomas.
Lo fissai intensamente, poi lo riabbracciai.
«Jack come ti senti?» chiesi poi quando mi raggiunse anche Ivan.
«Alla grande direi.. Infondo devo solo stare 3 ore sotto dei ferri per un'operazione al cervello, organo di poca importanza, no?» esclamò con ironia quest'ultimo cercando di alzarci d'umore.
Ma in realtà, aveva peggiorato le cose.
Ma noi non potevamo permetterci di stare male, dovevamo badare prima a lui, poi a noi stessi.
Ivan portò una mano fra i suoi capelli, e Jack gli accarezzò la spalla.
Sembravano due compagni di liceo, poi Tom ci fece segno di entrare e ci portò a casa di Jack, che aveva preferito ospitarci, piuttosto che farci prenotare la stanza di un hotel.
«Ciao grande amico.» esclamò Ivan battendo il cinque a Billy.
Lo salutai anch'io abbracciandolo.
«È bellissimo rivederti piccolina.» sussurrò lui accarezzandomi i capelli.
Subito dopo portai la valigia di sopra, e quando scesi, decisi di andare a salutare anche Mary, prima di andare in ospedale con Ivan e Jack.
Ad accompagnarmi fu Tom, ma vennero anche Jack, Billy ed Ivan.
Inizialmente ero nervosa, all'idea di far incontrare Mary e Louis con Ivan, ma poi pensai alla frase che mi disse la madre di Thomas.
"A me basta che tu sia felice!" e mi tranquillizzai.
Appena arrivati, scendemmo solo io Ivan e Tom.
Quest'ultimo aprì la porta, e i genitori mi vennero incontro.
«Tesoroo, ciaoo.» esclamò la donna abbracciandomi forte, e subito dopo fece un passo indietro guardando Ivan, che le sorrideva.
«Oh, buongiorno.» disse seria abbassando lo sguardo, porgendo la mano verso mio padre.
Io guardai la scena, curiosa di come continuasse.
Ivan le strinse la mano, ma prima di lasciarla, la accarezzò con l'altra, e cercò di tranquillizzarla sussurrando «Non si preoccupi.»
Probabilmente Mary, pensava che ad Ivan potesse dare fastidio, ma quest'ultimo continuò
«Kate mi ha parlato tanto di voi, ha detto che siete stati gli unici a renderla davvero felice, a preoccuparsi per lei. Quindi tranquilli, mi ha fatto piacere conoscervi.» disse per poi stringere anche la mano di Louis.
Subito dopo, portò uno sguardo all'orologio, per poi esclamare «Dobbiamo andare, abbiamo la sala prenotata.»
Mary e Louis sussurrarono un'in bocca al lupo, per poi salutarci.
Tom ci accompagnò in ospedale, e mentre Ivan e Jack entrarono in una sala di preparazione, io, Tom e Billy rimanemmo seduti nella sala di attesa.
Notai Billy silenzioso, fissare il pavimento.
«Billy, andrà bene. Sii forte per lui okay?» dissi stringendogli la mano.
Inizialmente stetti in silenzio, poi sempre fissando per terra, sussurrò
«Kate..» e fece una pausa «Io non posso perderlo.» disse a voce bassa.
«Non anche lui.» continuò.
Una lacrima mi rigò il viso, ma prima che qualcuno se ne accorgesse, la asciugai.
«Tom, vieni a sederti.» sussurrai.
Lui accennò un "no" con la testa, e notai il suo essere nervoso in quel momento, mentre continuava a mordersi ripetutamente le labbra, iniziando, già da allora, a fissare l'orologio.
Così rinunciai al cercare di tranquillizzare loro, e provai a concentrarmi sul ragazzo che si preparava all'interno di quella stanza.
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•STEP BROTHER•
Romance#5 in storie d'amore (2•12•16•) «"Ti amava così tanto, che ha voluto che tu avessi una vita migliore." dicevano tutti così. Ma la verità è che quando una persona ti ama tanto, non ti lascia andare via.» «Si beh, potevo sembrare forte quanto volevo...