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«Kate..» sentii sussurrare ad un certo punto, proprio quando stavo per addormentarmi, nonostante fossero le 7 di sera.
Mi accorsi di aver passato davvero tutta la giornata chiusa in camera, senza parlare né vedere gli altri tre.. ma sapevo benissimo che in tutto quel tempo, stavano parlando di me.
«Avanti.» dissi poi alzandomi di scatto  dal letto.
Era Thomas con in mano un bicchiere di succo all'ace.
«Oh grazie!» dissi poi quando me lo passò.
«Sei chiusa qui, da stamattina, penso che almeno un po' di sete devi averla no?» continuò lui.
Non risposi e bevvi, e dopo aver finito, poggiai il bicchiere di cristallo sul comodino, per poi portarmi le ginocchia al petto.
«Posso solo immaginare come ti senti Kate.. Ma ciò non significa che non possa capirti.» sussurrò lui portando lo sguardo fuori dalla finestra.
Notò il mio silenzio così continuò dopo essersi avvicinato a me.
«Prima di partire mi raccomandai che ogni volta che saresti stata male, avresti dovuto sfogarti, beh.. Questo è il momento. So che stai male, e so che quella donna ti ha trattata male.. Forse sai.. Ha ascoltato una storia di cui lei non c'entra proprio un cazzo!» disse lui portando le mani al mio viso.
«Che intendi ?» chiesi di scatto.
«Che magari, non è tua madre, che si sarà solo emozionata della tua storia, e che avrà pensato di non volersi immischiare..» continuò lui sbuffando.
«Non lo so.. C'era un qualcosa in quella donna che..» stavo per continuare una frase di cui non sapevo minimamente il continuo, ma lui mi bloccò.
«Shh.. Calma..» disse per poi baciarmi.
«Sfogati Kate.. Ho quasi bisogno di vederti piangere.. Ho bisogno che tu ti fida di me, sai che ci sarò.. So che in questo momento, forse più che mai hai bisogno di qualcuno..» disse lui continuando a stringermi.
«Thomas..» sussurrai chiudendo gli occhi, e rilassandomi.
«Dimmi.» rispose senza lasciarmi.
«Ricordi quel dolore, quell'angoscia che hai provato quando ti sentivi solo, quando non avevi un buon rapporto con i tuoi, tralasciando la causa.. intendo ricordi quella sensazione di vuoto quando intorno a te non avevi nessuno?» chiesi stringendogli la maglietta.
«Si, non potrei mai dimenticare quella sensazione.. che ti senti morire come se non avessi nessuno nel momento del bisogno.» continuò accarezzandomi i capelli.
«Esatto Tom.. mi sento così.. e la cosa non mi piace, perché prima di partire, avevo paura, ma avevo il coraggio. Adesso ho perso anche quello, come se non fossi più la stessa.» esclamai staccandomi dalle sue braccia «No Tom.. io non sono più la stessa del primo giorno in cui ho messo piede in casa tua.. Sono praticamente senza forze.. » continuai tornando tra le sue. braccia.
«Piccola mia, questa è una brutta botta per te, lo capisco.. ormai è come se ciò che provi tu lo possa provare anch'io.. » disse stringendomi.
Dopo vari minuti di silenzio, mentre cercavo di farmi passare quella maledetta ansia, e quella rabbia, Thomas mi chiese «Cosa vorresti fare in questo momento? Voglio che sia sincera.. Cosa faresti se dovessi seguire il tuo istinto?»
«I-io non lo so.. ma Tom credimi, avrei anche la forza di finirla qua, di chiuderla qua. Quella donna, non so chi sia, non so se facesse davvero o stesse giocando con i miei sentimenti, ma dopo ciò non ce la faccio a continuare..» risposi.
«Sono destinata a stare sola..» continuai.
«E dove vorresti andare? Eh? Non ti lasceranno mai stare da me, o da Jack, e comunque anche se volessimo nasconderti, ti scopriranno.» disse lui staccandosi di scatto.
«Tom.» sussurrai con le lacrime agli occhi, «Io non ho intenzione di nascondermi, non ho intenzione di continuare questo casino, o di mettere voi nei guai.. tornerò all'orfanotrofio.»
Tom spalancò gli occhi, poi con aria nervosa rispose «Devi smetterla okay? Sei un'egoista.. come puoi dire una cosa del genere, lasceresti tutto ciò che hai costruito.. Luois, Mary, Alex, il tuo amato amico Jack.. me.. capisci? Non puoi far finta di niente e tornare a ciò che eri prima, hai lasciato comunque qualcosa in ognuno di noi.. non so se te ne sei accorta, qualsiasi posto tu abbia frequentato, qualsiasi persona con cui tu sei stata, è cambiata .. hai lasciato qualcosa di tuo in ognuno di noi.»
Portò le mani al mio viso per asciugarmi le lacrime e subito dopo disse «Domani mattina, andremo solo IO e TE, da quella donna, mi farò confessare ogni cosa. Riuscirò a farla parlare. Se non è tua madre, allora sarai libera di andartene.»
«E se fosse mia madre? Eh?... Ve ne siete accorti che qua, tutti, vi soffermate sul "se non è tua madre".. ma ci pensate se fosse mia madre? Cosa dovrei fare? Sono più abituata a sentirmi dire che non lo è.. ma se lo fosse non saprei cosa fare.. restare? Andarmene come se niente fosse?» risposi allontanandomi da lui. «Qui, la cosa è abbastanza complicata.» dissi infine chiedendogli di uscire.
Lui mi ascoltò e poco prima di chiudere la porta disse «Non mi metto a litigare con te perché so cosa stai provando, ma sappi che qualsiasi cosa accada non ti lascio da sola.» per poi sbattere chiudersi la porta alle spalle.
Subito scoppiai in lacrime, in silenzio, mi buttai sul letto e abbracciai forte il cuscino.
"Anche se troverò mia madre e mio padre... Nulla tornerà come prima.. ci sarà sempre quel vuoto che nessuno potrà riempire." pensai stringendo il cuscino.
Tra i miei pensieri, quella sera, mi addormentai, col cuscino stretto al petto e i nervi tesi.
Il mattino dopo mi svegliai e mi accorsi che ero vestita, che non indossavo il pigiama, mi alzai e mi andai a lavare, e subito dopo mi vestii.
Mi affacciai dal balcone e osservai la bella città sotto i miei occhi.
«..Basta..» sussurrai. «Io non devo avere paura.» continuai.
Tornai in camera e presi lo zaino sotto il letto, ordinai tutte le mie cose.
Presi un bigliettino e scrissi "So che ti arrabbierai, ma sono le 6:36 del mattino, sto uscendo, vado a fare un giro. Non so se tornerò.. in qualunque caso sappi che vi voglio tanto bene. E vi ringrazio di tutto ciò che avete fatto per me."
Lo poggiai sul cuscino e uscii dalla stanza chiudendo la porta alle mie spalle.
Portai la chiave al bancone e senza salutare mi avviai.
Sapevo bene cosa volevo fare, ero determinata a riuscirci.
I nervi erano ancora tesi, stringevo tra le mani i lacci dello zaino.
Per la strada capitava di sbattere contro alcune persone, ma ero praticamente assente, questa cosa, questa situazione, era più grande di me.
"Eccomi.." pensai fuori la stessa porta del giorno prima.
Prima di bussare, ansia, rabbia, tristezza e angoscia si fecero sentire, ma dopo aver sospirato avanzai di un gradino, e poco prima di bussare, la porta si aprì.
Rimasi immobile sul gradino, cercando di capire cosa stesse succedendo, poi spinsi la porta.
«Permesso?» chiedi avanzando dentro casa.
Era una casa molto carina, ordinata, ma in quel momento silenziosa, e la cosa faceva solo aumentare il grado di ansia.
«C'è .. qualcuno? Nika?» dissi avanzando nel salone.
Improvvisamente sulla destra notai la sagoma della donna, guardare fuori dalla finestra.
Stava fumando una sigaretta stretta e lunga, e dall'odore si poteva sentire il profumo di cocco e non tabacco.
Tornai indietro e chiusi la porta dietro di me, per poi tornare da lei.
Era lì immobile, immersa nel fumo che la circondava.
Si alzò di scatto, mentre io ero lì ferma in piedi a consumare i laccetti dello zaino.
Quando venne verso me, notai la sua collana di perle, solo che invece di rossa era celeste.
Io ho sempre amato il colore celeste, mi dava senso di tranquillità.
Nika mi sorpassò, andando verso la cucina per procurarsi il posacenere.
Rimasi lì per qualche secondo, di spalle a lei, quando mi girai di scatto e chiesi «Come facevi a sapere che ero qui, che volevo incontrarti di nuovo?»
Stette in silenzio.
«Se non vuoi rispondermi, perché mi hai aperto la porta?» chiesi nuovamente andandole vicina.
Continuò a stare in silenzio.
Non capivo se ci provasse gusto, se volesse nascondere qualcosa, o aveva ragione Tom, cioè che questa era una storia di cui non c'entrava nulla.
Stufa, decisi di andarmene. Non la salutai e mi diressi verso la porta.
Poggiai la mano sulla maniglia e prima di aprire sentii la sua voce rauca e calma «Sapevo che saresti venuta. Immaginavo che saresti tornata ancora. Non ti sei mai arresa.»
Mi allontanai dalla porta e una lacrima iniziò a scendere, la asciugai e con forza tornai da lei.
«..Quindi sai anche di cosa ho bisogno?» le chiesi sull'uscio della porta.
«Si, le risposte. Sono l'unica cosa di cui tu hai bisogno. Ho ragione?» rispose accendendosi un'altra sigaretta.
Annuii dopo aver accennato un "si" con la testa.
«Eri una bambina così vivace e piena di vita. Ti ho amata dal primo momento. Solo che sono sempre stata una vigliacca. Ho fatto cose bruttissime..» rispose con il suo accento russo, guardando fuori dalla finestra con gli occhi quasi appannati dal passato.
«Perché non mi guardi negli occhi quando parli di me?» chiesi avvicinandomi al tavolo.
«Perché ho fatto cos'è troppo brutte, a te.. e altre persone, e me ne sono accorta troppo tardi.» continuò.
«Che intendi per "altre persone"? E perché hai deciso di non tenermi con te..» chiesi mentre i miei occhi diventarono un mare di lacrime.
«Fermati, non posso darti tutte queste informazioni.. non sono io a dovertele dire.. Non posso. Ora va via.» esclamò lei girandosi al lato opposto.
Lasciai cadere lo zaino per terra e iniziai a sentire le gambe tremare.
«Ma tu, tu lo sai cosa ho passato io? Eh? E ce l'hai il coraggio di guardarmi in faccia? Sono stata tratta male da molte persone, forse dalle uniche che in realtà dovevano prendersi cura di me. Sono stata chiamata vagabonda.. per tre mesi ho vissuto per strada.. ho avuto tanta fame ma come gli altri ragazzi della mia età, io non avevo dei genitori che si prendessero cura di me, o che mi dessero affetto.» dissi piangendo.
La voce iniziò a mancare per colpa dei frequenti singhiozzii.
«Capisci, quanto sia importante, per una ragazza della mia età, avere dei genitori che la sgridino nei comportamenti sbagliati? Ma chi sei tu? Che non hai il coraggio di guardarmi? Ehi sono tua figlia. Tutto ciò che hai fatto tu di sbagliato è ricaduto su me.» dissi alzando il tono della voce.
Lei rimase in silenzio, immobile, sempre con gli occhi fissi nel vuoto come se dovesse meritare tutte quelle parole.
«Sei o no mia madre?» sussurrai senza più forze.
«No.. io non sono tua madre.» rispose qualche minuto dopo guardandomi negli occhi.
.. Improvvisamente mi sentii come se tutto mi fosse caduto addosso, come se parte del mio copro si fosse sgretolato.
Presi lo zaino e uscii da quella struttura, dopo aver sbattuto la porta.
Mi sentivo presa in giro, mi sentivo a pezzi.
Per la strada, camminai con gli occhi praticamente immersi nel nulla, quando sbattei nuovamente contro il signore del giorno prima.
«Scusami.» disse lui, ma solo dopo essersi accorto di chi ero, disse «Oh, di nuovo tu. Scusa.» sorrise.
Stetti in silenzio, e continuai per la mia strada, ma lui mi afferrò il braccio.
«C'è qualcosa che non va?» chiese.
Prima di iniziare a piangere cercai di trattenere tutto dentro e rimasi in silenzio.
«Fammi un segno se c'è qualcuno che ti sta seguendo.» disse guardandosi intorno lasciando la presa.
«Oh, no. Si sta sbagliando. Sono semplicemente triste..» dissi, e solo dopo mi accorsi della risposta. Non avrei mai detto a nessuno del mio stato d'animo.
«È successo qualcosa di grave?» chiese lui.
«.. Essere presa in giro per tanti anni, da una persona.. per te è grave ?» chiesi.
«Beh, dipende dal motivo.» rispose lui alzando le spalle. Poi continuò notando il mio silenzio «Vieni, ti offro qualcosa e parliamo un po'.»
Ascoltai lui, perché nonostante fosse un uomo sconosciuto, mi sentivo al sicuro.
«Cosa c'è che non va ?» chiese dopo esserci seduti al tavolino.
Aveva preso un caffè, io un succo d'ace.
«Semplicemente ho aspettato ben 14 anni per incontrare una persona.. ma.. mi ha presa in giro.» dissi asciugandomi le lacrime.
Lui mi diede in prestito il suo fazzoletto.
«Che intendi? Ovviamente se non vuoi parlarmene tranquilla, ma non capisco ciò che intendi con la frase 'mi ha presa in giro' » chiese sorseggiando il suo caffè.
«Che dopo 14 anni non è la persona che speravo che fosse.. Sto parlando di mia madre.. Sono orfana.» continuai io guardando il mio succo.
«Perché non lo bevi?» chiese curioso. «Non ti piace?» continuò.
«Si mi piace. Ma mi fa ricordare una persona che me lo preparava sempre.» risposi accarezzando il bicchiere.
«Tuo padre?» chiese lui sbadato notando la mia reazione. «Ah no scusa..» si corresse portando le mani tra i capelli.
Sorrisi poi risposi «Tom.. il mio "fratellastro", o meglio non so se sarà ancora mio fratellastro.»
«Perché dici così?» chiese.
«Perché penso che non voglio tornare con loro, ovvero gli amici che mi hanno accompagnata qui, voglio scappare, voglio essere libera.»
«Non penso che saresti libera fuori.» disse, poi notò che non avevo capito il senso di quella frase così si spiegò.
«Io, se avessi una figlia, farei di tutto per tenerla stretta a me. Penso che il mondo sia pericoloso, le persone fanno paura, e le ragazze della tua età, specialmente con la tua bellezza, devono stare attente, perché sono le prede migliori. Le ragazzine sono forse le più fragili. Perché fanno finta di essere forti, ma nascondono sempre tanti segreti, tanto dolore, e lo tengono dentro.» disse lui finendo il caffè.
«.. Hai detto "se avessi una figlia". Non hai figli ?» chiesi io dopo averlo ascoltato con attenzione.
«Purtroppo no. In realtà dovrei averla, ma con mia moglie ci sono stati vari problemi.. ha avuto problemi durante il parto, e subito dopo la nascita, la bimba è mor.... non ce l'ha fatta.» disse lui sorridendo.
«Perché non avete più provato a fare figli? E perché sorridi?» chiesi aggrottando le ciglia non capendo il suo atteggiamento.
«Perché, mia moglie, non può più avere figli, quella bambina era un dono. Poi beh, sorrido perché sono stato male troppo tempo, ma da questa esperienza ne sono uscito dottore, o meglio chirurgo. Metto al mondo i bimbi, gli regalo la vita con attenzione e non c'è cosa più bella..» rispose fissando i miei occhi.
Man mano che parlavamo entravamo in argomenti vari. Insomma era bello parlare con questa persona.
Praticamente entravo in un mondo tutto mio, e riuscivo a dimenticare ogni cosa.
Stava facendo sera ormai, quando salutai quest'uomo.
«Ti ringrazio.» disse lui.
«Dovrei ringraziarti io.» risposi. «Sei riuscito a tirarmi su di morale.»
«Beh, le nostre storie, anche se lontane, sono simili.. ad entrambi manca quell'affetto che solo un genitore sa dare e nel mio caso che solo un figlio può dare.» continuò per poi alzarsi dalla sedia.
Ci salutammo, e poco prima di sparire ognuno per la sua strada, mi cimentai in un abbraccio.
«Grazie.» dissi, per poi girarmi e andare per la mia strada.

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