Erano già le 4 del pomeriggio, ed ero tornata in stanza da un pezzo.
Non sono mai stata così male come ero dentro quella stanza.
Volti tristi, volti arrabbiati o irritati..
Ma Jack? Dov'era, e come stava?
«Okay.. Le analisi sono andate bene, i risultati, ottimi. Devi solo guarire tutti quei lividi sul braccio che ti sei procurata cadendo, ma lasciando il fatto dei punti in testa, puoi tornare a casa.» disse con tono felice il dottore.
«Certo.. A casa..» sussurrai notando lo sguardo di Louis addosso.
Dopo quella conferma, mi alzai e tornammo a casa.
«Alex vieni con noi?» chiese Mary..
«No, torno in macchina con Thomas.» rispose dandoci le spalle.
Stava tornando tutto come prima..
Durante il tragitto in macchina, rimanemmo tutti in silenzio, e non vi era segno di musica per rallegrare quel momento.
«Sappi solo una cosa, ti voglio bene.. E non è colpa mia.. È per te. Forse non siamo adatti ad una ragazza come te, ho troppa paura di non poterti aiutare.» esclamò Louis, e potei notare le sue mani stringere il volante, mentre guidava.
Potevo vedere le sue vene ingrossarsi, e i suoi occhi diventare lucidi, e spostando lo sguardo allo specchietto destro, notai delle lacrime da parte di Mary, mentre portava la mano alla bocca.
Ma io stetti in silenzio.
Appena arrivati salii in camera e cacciai la valigia da sotto il letto.
Misi tutto ciò che avevo portato, tranne i vestiti che mi aveva regalato Mary.
«Perché quelli non li metti in valigia?» chiese la donna sull'uscio della porta.
«Perché questi non sono miei.» dissi di spalle dopo essermi fermata.
«Invece sì.. Sono i tuoi.» rispose lei.
Ero troppo arrabbiata, forse è stata colpa mia, ma comunque non mi aspettavo affatto che mi sbattessero fuori di casa.. Ah già.. Quella non era casa mia..
Sentii i suoi passi allontanarsi, così mi sedetti sul letto cercando di non piangere tenendo tutto intrappolato in gola, massaggiandomi le tempie.
«Okay pronta..» dissi.
Scesi con la valigia, e appena vicino la cucina potei sentire.
«Papà ti prego no.. Come puoi..» sentii chiedere da Alex appoggiato al muro con braccia conserte.
«Capirà.. Capirete. Continuo a dire che è per il suo bene, perché è così, deve imparare.» rispose il padre.
Era sera e non c'era nemmeno una stella in cielo, era ricoperto di nuvole.
«Pronta?» chiese Louis.
Feci cenno con la testa per dire "sì", per poi uscire.
«Tieni, questo è tuo.» esclamai irritata dando l'iPhone a Tom.
«Ti ho detto che questo non è un addio.» rispose lui rimettendomelo in tasca, senza degnarmi di uno sguardo, perché era troppo impegnato a dare sguardi fulminanti al padre, sguardi di sfida.
Infondo il padre non aveva nessuna colpa.
Entrai in macchina dopo aver salutato Mary e i due fratelli, e appena partii con Louis, diedi un ultimo sguardo alle mie spalle e la scena che vidi mi rimase impressa nella mente.
Thomas che abbraccia la madre che piange, e Alex che si siede sul gradino portandosi le mani al viso.
«Ci sarà qualcuno che saprà come educarti, che non avrà paura di sbagliare.» disse Louis durante il viaggio.
Erano le 7:25 di sera e mancavano solo cinque minuti e saremmo arrivati.
Quei cinque minuti li sprecai facendo a gara con la pioggia. Sapete? Quel gioco stupido dove vince la goccia che scende per prima.
«Eccoci.» esclamò poi Louis.
Aprii la porta e uscii.
"Ero convinta di non vederlo mai più questo portone." pensai.
Bussai alla porta, e aprì la direttrice.
«Lo immaginavo.. Buonasera, entra tu.» disse la signora Murphy.
Ero stanca, stanca di quella vita..
Da un posto all'altro, senza tregua..
Entrai e rividi quelle scene.. Suore che correvano da un posto all'altro per mettere a dormire i bambini.
Erano ormai le otto e alle mie spalle la direttrice chiuse la porta, senza farmi salutare un secondo Louis.
Già sentivo la loro mancanza, già sapevo che non li avrei mai più rivisti.
«E allora? Com'è andata? Ah già.. Proprio come tutte le altre volte.» esclamò la donna dietro di me tirandomi i capelli.
«Senta, lei non ha il diritto di farmi del male..» dissi stringendo i denti, girandomi verso di lei.
«E a chi lo andrai a dire? Tu non appartieni a nessuno, ormai sei di nuovo di mia proprietà ..» disse lei con sorrisetto ironico.
Mi passò davanti per poi dirmi.
«Allora che c'è.. Ormai dovresti saperlo bene dov'è la tua stanza no?»
"Già.. La mia stanza.." pensai.
Ero lì, di spalle alla porta di ferro, una porta sicura, che ci proteggeva dal vero mondo, un mondo che io preferivo in confronto a quella struttura.
Presi la valigia tra le mani e col ginocchio mi aiutai a spingerla fino alla stanza.
Aprii la porta ed entrai, era l'unica camera con un letto singolo, e ovviamente lì vi ero io..
Come ho già ripetuto molte volte, ero un errore, e venivo dimenticata, ma a me stava più che bene stare da sola.
«Ci risiamo.» sussurrai.
Appoggiai con cautela la valigia sul pavimento e spalancai la finestra.
Il tempo era grigio, di sicuro sarebbe venuto a piovere.
Indossai il pigiama e spensi la luce per poi mettermi sotto le coperte.
«Ahhh, la fottuta porta..» esclamai per poi alzarmi e chiuderla..
Tornai a letto e mi rimboccai le coperte.
«Beh.. Era Thomas che mi chiudeva la porta, dopo avermi dato la buonanotte..» sussurrai stringendomi in me stessa sotto le coperte.
Quella sera sentivo davvero freddo, e come non detto iniziò a piovere.
Proprio quando mi addormentai, un fulmine mi fece luce, seguito dal suo rumore che mi fece svegliare..
Per farla breve, quella sera non fu facile.. Quella struttura non era più casa mia.
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•STEP BROTHER•
Romance#5 in storie d'amore (2•12•16•) «"Ti amava così tanto, che ha voluto che tu avessi una vita migliore." dicevano tutti così. Ma la verità è che quando una persona ti ama tanto, non ti lascia andare via.» «Si beh, potevo sembrare forte quanto volevo...