Appena finí di tagliare l'ultima ciocca lunga rimasta, si avvicinò al mio viso.
«Non ho paura di te, sei solo una bambina ribelle che mi fa perdere tempo. Qui abbiamo altro da fare che stare attente a te. Adesso va' a pulire l'ingresso.» urlò fissandomi gli occhi.
Si allontanò da quella posizione e appena di spalle chiesi.
«E se non lo facessi?»
«Semplice, ci saranno altre brutte conseguenze per te.» rispose poco prima di sbattere la porta.
Mi alzai da quella sedia e subito andai vicino lo specchio.
Inizialmente non volevo guardarmi, assolutamente non volevo vedere i miei occhi riflessi pieni di rabbia, e i miei capelli arrivare alle spalle.
Ma poi, alzai lo sguardo, e appena osservai quei capelli, le pupille si ingrossarono, ed io iniziai a piangere.
Non era un pianto, o uno sfogo da bambine, ma era un dolore che era dentro il mio corpo, e in qualche modo voleva uscire fuori.
Mi pulii per il meglio le spalle, e mi sciacquai il viso, per poi uscire da quel bagno, sempre con un peso nel petto.
Era così strano camminare e non sentirsi i capelli, ormai parte di me, accarezzare le spalle e la schiena.
Con sguardo basso andai prima in cucina per prendere un panno, e poi andai all'ingresso.
Strofinai prima i mobili per bene, per poi passare a spazzare per terra, quando trovai un braccialetto accanto al comodino.
Lo pulii per il meglio e notai un piccolo ciondolo che penzolava, e appena lo presi fra le mani, mi accorsi che era una foto. La foto di una donna che sorrideva, e nient'altro. Né un nome, né una data di nascita.. Solo una piccola foto.
La tenni con me, mettendola in tasca.
«Cosa fai?» sentii chiedere da una voce femminile.
«Sto facendo il lavoro al posto di altre persone.» risposi senza degnare di uno sguardo la ragazza.
«Lo vedo..» sentii sussurrare da lei e appena alzai lo sguardo vi era una ragazza con in mano una mela quasi finita dai suoi morsi.
«E tu chi saresti?» chiesi.
«Oh. Ciao piacere sono "bla bla" come stai? Io sto bene, anche se sto spazzando come una befana che aspetta una sclerosi multipla..» esclamò lei ironica gettando la mela nella spazzatura.
«Si.. Scusa.. A quanto pare non è un gran giorno per me..» risposi appoggiando la scopa alla parete.
«Comunque sono Kate, Katherine.» dissi allungandole la mano.
«Jessica.» rispose lei sorridendo.
A primo impatto sembrava davvero molto simpatica, e così iniziammo a parlare.
«Cosa ti è successo ai capelli?..» chiese indicandoli.
«No.. No niente.» risposi subito e dopo qualche minuto gli chiesi «Senti per caso questo braccialetto è tuo?» dissi tirando fuori dalla tasca il bracciale.
Fece cenno come per dire "no" e dopo qualche secondo mi chiese.
«Allora perché sei qui?» chiese curiosa sedendosi su un muretto.
«Oh, beh, padre sconosciuto, madre .. Beh non so chi sia mia madre, e sono ritornata qui. Sono qui dall'età di 3 anni.. E tu?» chiesi appoggiandomi al muro.
«Mio padre era alcolista, mia madre prostituta.. E io sono qui.. Tu non hai fratelli?» chiese poi subito dopo avermi risposta.
«No, cioè che io sappia no, e tu?»
«Si, ne avevo 3.. Uno di 18 anni che non so dove sia finito, ma di sicuro ha realizzato il suo sogno di diventare avvocato, gli altri due sono in istituti diversi..» rispose portandosi una gomma in bocca.
«Ah ho capito mi dispiace.. »
«A me no. Sto meglio qui.. Quando stavo con "la mia famiglia" avevo sempre molti problemi, e per via dei loro comportamenti, mancavano sempre i soldi.. » disse.
D'un tratto mi sentii chiamare dalla signora Murphy, che appena ci raggiunse mi sgridò dicendo che non dovevo parlare con nessuno.
«Ancora?» sussurrai.
«Perché fa così con te.. Sembra simpatica..» chiese Jessica portando gli occhi alla sagoma della strega che si avvicinava sempre di più.
«Sono ribelle, per lei sono un problema.» risposi gettando il panno per terra.
«Vai in camera tua.» urlò dopo avermi spinta.
«Non mi spinga..» urlai stringendole la mano.
Vidi Jessica allarmarsi e scendere di fretta dal muretto, ma subito dopo le lasciai il braccio e mi avviai in camera.
Stetti tutto il giorno chiusa in quella stanza color grigio scuro.
Che schifo, sembrava una fogna.. Ma tanto solo io avevo una stanza così, perché appunto venivo usata come scarto. Le altre stanze erano azzurre per i maschietti, con disegni di astronauti, e rosa per le femmine, con disegni di fiorellini o ballerine..
Quando entrai la prima volta in quell'istituto e vidi quelle ballerine, in me si accese il desiderio di imitarle, e quindi di poter diventare una come loro, ma poi passarono i giorni e capii che questo sogno era molto lontano, e che non ero in una scuola dove erano attenti ai tuoi errori e dove ti correggevano i passi, bensì una casa famiglia, o istituto, dove quelle come me, non possono stare con gli altri, ma da parte.
E forse adesso quelle pareti grigie rispecchiavano il mio futuro.. Incerto.
«Come andrà a finire? » chiesi sdraiata sul letto giocando col cellulare spento, facendomelo passare fra le dita.
«Apparterrò mai a qualcuno? O appena compirò 18 anni, sarò una vagabonda?»
Ma niente.
Quella giornata continuò così, triste, spenta..
Ad un certo punto aprii gli occhi e mi accorsi che mi ero appunto addormentata, e portando lo sguardo all'orologio notai che erano le 7:13 della sera.
Di solito non m'annoiavo a stare lì, ma da quando avevo conosciuto Mary e i suoi figli, tutto era cambiato..
Thomas continuava a mancarmi, e Jack.. continuava ad essere il mio punto interrogativo..
«Come starà?» sussurrai.
Mi alzai e mi ricordai di non aver più i miei lunghi capelli notando che non si erano annodati ai bottoncini della maglia.
«Fanculo stronza.» dissi tirando un calcio al materasso toccandomi i capelli ormai davvero corti.
S'era fatta ormai sera tardi, e tutti erano a letto, persino la direttrice, che era tornata a casa sua come ogni sera.
Nonostante era molto tardi continuavo a starmene lì per terra, quando decisi di mettermi sotto le coperte, nonostante non avessi il pigiama, per il freddo che vi era in quell'ultimo piano.
Improvvisamente, mentre avevo le braccia dietro la testa e fissavo il soffitto, notai tre ombre fuori dalla finestra.
Ammetto di aver avuto davvero tanta paura, e di aver fatto finta di dormire serrando gli occhi.
Ma subito dopo sentii tre idioti sussurrare.
«Noo, idiota, metti il piede la.»
«Ma cado.. Devo prima salire io, e poi vieni tu.»
«Ma ci voleva tanto a forzare la porta dell'ingresso?»
"Ma chi diavolo è?" chiesi subito dopo, spostando le coperte e alzandomi prendendo una mazza da baseball di un ex ragazzo proprietario della stanza.
Mi avvicinai lentamente alla finestra e subito dopo entrarono tre ragazzi vestiti in nero.
Stavo per gridare quando uno si alzò subito e mi mise le mani intorno alla bocca.
«Lasciami.» dissi.
«Aiut--» cercai di dire, ma continuavano a fermarmi.
Inizialmente pensavo che volessero stuprarmi, ma subito dopo uno disse.
«Shhh, ti prego. Sta zitta sono Thomas.» sussurrò togliendosi la maschera proprio avanti ai miei occhi.
"Cosa? Sul serio? Non posso cederci.. Sto sognando? " <--- questi sono i pensieri che mi giravano per la testa fissando i suoi occhi al buio.
«Cosa?» chiesi dando un'occhiata ai due che mi lasciarono le braccia.
Appena si tolsero la maschera potei vedere il viso di Alex, e per ultimo vi era Jack.
«Jack?» chiesi.
«Ciao piccola.» disse avvicinandosi con un sorriso troppo tenero.
Mi abbracciò e appena spostai lo sguardo notai Thomas fissare altrove cercando di non guardare la scena avanti a lui.
«Mi siete mancati un casino.» sussurrai saltellando.
«Si anche tu, ma adesso dobbiamo uscire di qui.» disse poi Alex cacciando una corda dalla finestra.
«Io scendo per primo per fissarla per terra.» continuò poi il biondino.
E appena scese portai lo sguardo ai due ragazzi alti con quelle tutine nere che gli stavano a pennello.
«Mh.» sussurrai.
«Okay ora scendiamo io e Kate.» disse Jack prendendomi un braccio.
«Ohoh, te lo scordi, io ti ho chiesto un aiuto, non un altro guaio. L'aiuto io.» disse poi Tom afferrando la felpa di Jack.
Mi fece allontanare da quest'ultimo e mentre continuarono a parlare dissi:
«Ahhh, tranquilli faccio da sola.» per poi scendere.
Appena giù li vidi affacciati entrambi alla finestra, e spostando lo sguardo notai la macchina della signora Murphy nel parcheggio ed una luce accesa sulle scale.
D'un tratto il mio sorriso si spense.
«Porcatroia, sta salendo, presto, scendete.» dissi facendogli il segno di muoversi.
Per primo scese Jack, e per ultimo Tom che ci mise del tempo per poi tirare giù la corda.
Appena ci nascondemmo tra l'erba, notammo la luce della mia camera accendersi e subito dopo spegnersi.
«Ma che hai fatto, tutto questo tempo?» chiesi preoccupata a Tom.
«Te lo spiego dopo, ora andiamo.» rispose lui facendo segno a tutti di seguirlo.
Ma prima di correre con Alex e Jack, Tom mi disse.
«Ah e comunque, stai benissimo anche con i capelli corti.» per poi correre.
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•STEP BROTHER•
Romance#5 in storie d'amore (2•12•16•) «"Ti amava così tanto, che ha voluto che tu avessi una vita migliore." dicevano tutti così. Ma la verità è che quando una persona ti ama tanto, non ti lascia andare via.» «Si beh, potevo sembrare forte quanto volevo...