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Dopo aver cenato, quella sera, tornai in camera siccome s'era fatto tardi ed eravamo esausti per fare un giro.
Erano appunto le 11, avevamo passato molto tempo anche parlando, e facendo amicizia con una coppia di anziani seduti al tavolo accanto a noi.
Dopo aver salutato tutti, tornai appunto in camera e indossai il pigiama e dopo ciò mi misi a letto.
Quella sera feci fatica ad addormentarmi.. Non per ansia, né per paura.. Ma più che altro dentro me avevo un  emozione mai sentita prima, indescrivibile che posso mostrarvi attraverso domande:
«Riuscirò a trovarla?»
«Mi riconoscerà?»
«Sarà, la mia presenza, di suo gradimento?»
Dopo qualche minuto di sudore freddo, e di panico, mi addormentai tra le lenzuola fresche di quel letto.
La mattina dopo un raggio di sole, mi illuminò il viso, così portai le mani ad esso e dopo aver sbadigliato mi alzai.
Portai uno sguardo fuori dalla finestra, e subito dopo all'orologio.
"Sono le 9:48" pensai.
Così, andai in bagno, mi sciacquai e subito dopo mi vestii.
«Okay... Tom mi conosce meglio di chiunque altro..» sussurrai sorridendo tirando fuori dallo zaino il mio pantaloncino preferito e la maglietta bianca con sopra delle borchie nere.
Appena pronta, scesi al piano di sotto, dove appunto vi erano Jack, Alex e Tom.
Bussai alle loro tre porte quando una signora, accanto ad un ragazzo più giovane di lei, urlò «Che maleducazione.. Queste ragazzine di oggi..»
A quel punto il mio istinto mi fece capire che c'era bisogno di un terzo dito, e proprio mentre stavo per alzare la mano e farglielo, Thomas aprí la porta e mi fermò il braccio.
«Già.. É vero.. Maleducata!» continuò quest'ultimo.
Portai uno sguardo a lui, non uno sguardo carino.. ma a dir poco irritato..
Poco prima di entrare in stanza, Tom sussurrò abbastanza forte da farglielo sentire «Beh, però almeno lei, esce con i ragazzi della sua età..» per poi chiudere la porta alle spalle.
Sentii il ragazzo dire «Lasciali stare sono ragazzini!» così iniziai a ridere.
Appena in stanza mi baciò e mi diede uno dei suoi soliti "buongiorno".
«Okay, chiamiamo gli altri due e andiamo a fare colazione.» precisai io ansiosa.
«Ehi ehi..» disse poi Tom portando le sue braccia intorno al mio collo. «Calma.. Abbiamo due giorni.. Troveremo tua madre! Ne sono sicuro okay?» disse infine.
Lo abbracciai ed uscii per farlo vestire.
Appena pronti, scendemmo per fare colazione.
Io ovviamente scelsi il cappuccino.
*Ahh il cappuccino*
Parlammo del più e del meno, sempre stando nel concetto "missione mamma biologica".
Uscimmo e per la strada Alex prese il suo cellulare, appunto per ricordare alcune indicazioni.
«Okay.. Per prima cosa dobbiamo prendere un taxi, o non so un pullman.. Qualsiasi mezzo per spostarci.. È poco lontano da qui, ma potremmo perderci.» disse Tom buttando in un cestino un bicchiere di plastica. Aveva un'aria così sicura, sembrava che conoscesse quel posto.. Mi sentivo al sicuro con lui.
«Bene okay, ma prima di andare alla ricerca, abbiamo .. cioè il nome, l'età della madre?» chiese Jack.
«Alex mi disse che aveva trovato una donna di nome Nika.. » risposi portando una mano ai capelli.
«Bykov..» continuò poi Alex.
Tutti lo guardammo con sguardo curioso.
«Come scusa?» chiese poi Tom.
«Si beh.. Penso si dica così.. È il cognome.. Se è quello.» continuò il più piccolo.
Ovviamente aveva sbagliato la pronuncia, ma non ci feci molto caso, avevo i pensieri fissi sul mio passato, quando una domanda di Jack mi deconcentrò.
«Kate.. Ma tu dovresti conoscere il nome di tua madre no? Sei stata tre anni con lei, non dovresti conoscerlo (?)..»
Aveva pienamente ragione.. Il nome di mia madre doveva essere l'unica certezza che avrei dovuto avere, ma no! Era una delle cose più cupe nella mia mente... Non riuscivo a ricordarlo, perché in realtà non era questo il nome che lei mi insegnava, non era "Nika" il nome che gli altri pronunciavano per chiamarla..
Ma stetti zitta, infondo non avevo molta speranza.. Era come una cosa fatta per gioco, non riuscivo ancora a crederci.
Annuii e continuammo a camminare fino a che un taxi ci diede il passaggio fino alla nostra destinazione.
«Perfetto.. Ci ha portati nel posto giusto!» esclamò Alex.
«Dá qua. Fa vedere.» disse poi Thomas prendendo il cellulare del fratello per capire quale fosse casa sua, o almeno il suo indirizzo.
«Okay, il suo indirizzo é questo.. Sono tre villette uguali, qui il numero non lo segna, quindi proviamo.» disse infine Thomas ansioso.
"Cosa c'è? Ti prego non fare così.. Mi metti ansia.." pensai stando dietro lui.
Potevo essere forte quanto volevo, stronza, aggressiva, ma lì, non ero affatto così. Le corazze le avevo lasciate poco prima di partire..
Lì, le uniche mie ancore, erano Alex, Jack, e Tom.
Jack bussò alla prima porta, ma nessuno ci venne ad aprire, così provò nuovamente ma eravamo ancora punto e accapo.
Improvvisamente, proprio mentre la mia ultima speranza stava per spegnersi, due anziani uscirono dalla villetta accanto.
«Ehi ehi.» esclamò Alex andandogli accanto.
I signori si girarono e dalle facce sembravano molto pazienti e simpatici.
«Sapete dove abita Nika Bykov?» chiese dopo che la moglie gli sorrise.
«Idiota, sono russi..» esclamò Tom guardando la parte opposta.
Questi ultimi non capirono le parole di Alex e pronunciarono una parola del tipo «Что?» che nella nostra lingua significa appunto «Cosa?»
Lo spiegai agli altri tre e Jack mi chiese
«Ma tu sai parlare il russo?»
«No, so solo alcune parole.. Le basi diciamo..» risposi appoggiandomi alla parete.
Esatto avevo il comportamento come se non fossero affari miei, mentre gli altri tre continuavano a combattere e cercare duramente.
«ах да. Он живет в соседнем доме.» pronunciò infine l'uomo indicando la porta della villetta a destra.
«Lì?» chiese poi Thomas indicando la stessa porta.
Già, aveva intuito che l'anziano gli aveva detto che 'Nika' abitava proprio in quella casa.
L'ansia iniziò a salire ancora di più quando ci trovammo fuori quella porta.
Jack bussò nuovamente ed io tenni stretta la mano di Tom.
La porta pian piano si aprì e appena spalancata notai una donna con una sigaretta tra le labbra ed una collana di perle rossa molto vistosa.
«Mh, lei parla la nostra lingua?» chiese Alex mimando come un cretino.
La donna chiuse la porta con fare sgorbutico, così che rimanemmo in quattro immobili senza dire una parola.
«Che diavolo(?)» chiese Tom irritato avvicinandosi per bussare ancora alla porta , ma Jack lo fermò.
«Aspetta, forse non capisce.. Alex dammi il cellulare e metti il traduttore..» disse infine quest'ultimo.
Alex così fece, e subito dopo notai Jack digitare qualcosa sulla tastiera per poi tradurlo in russo.
Tom bussò di nuovo alla porta e la donna aprì chiedendo irritata «Вы хотите?» ovvero «Cosa volete?»
Ma Tom e Jack non fecero molto caso alla domanda, che le fecero ascoltare ciò che aveva scritto.
Lei stette li ferma ad ascoltare.
Io non potevo dare una mano con niente, non ricordavo il suo volto, o la sua casa. Non ricordavo esattamente niente!
Ci fece segno di entrare, così ci accomodammo in salotto.
Mi sedetti accanto a Tom, non potevo staccarmi da lui, avevo paura.
«Conosco poco la vostra lingua..» disse infine la donna prendendo dei biscotti. «Ma voglio ascoltare voi.» disse infine sedendosi.
Era cambiata improvvisamente, forse per le parole dette dal traduttore o meglio da Jack.
«Ditemi.» disse cercando di rompere il ghiaccio spegnendo la TV.
«Parla tu.» dissero infine Alex e Jack portando lo sguardo a me.
«Ciao, sono Katherine Harvey.. Il mio vero nome però é Aleksandra Volkov.» a queste parole la donna subito si irrigidì e portò lo sguardo verso il basso.
«Quanti anni tu?» chiese mantenendo lo sguardo costante.
«Ora quasi 16.. Sono stata portata all'orfanotrofio a 3 anni..» continuai io.
Ero molto nervosa, lo si poteva notare dal mio atteggiamento, non facevo altro che grattarmi le mani e di sicuro Tom se n'era accorto, perché mi strinse ancora più forte a sé.
«Hai tu una foto tua a 3 anni?» chiese la donna alzando lo sguardo.
«ожидать, что ваше имя?» dissi infine io, e subito dopo notai gli occhi dei tre ragazzi su di me.
Avevo semplicemente chiesto «Aspetta come ti chiami ?»
Lei rispose «Nika Bykov.» e notai i suoi occhi divenire lucidi.
Nonostante tutto combaciava, l'età, il nome, il posto, c'era qualcosa che non andava.
Non la sentivo mia madre, ma non per il tempo perso, ma .. c'era qualcos'altro.
«Avevi una figlia?» chiesi mostrandogli la foto cacciata dallo zainetto poco prima.
Lei annuii accarezzando la foto che faceva passare tra le mani tremolanti.
«Andate via.» sussurrò infine lei.
«Ma..» esclamò Tom dopo essersi alzato.
Continuava a spingerci verso l'esterno.
«Aspetta! Ehi! Tu sei mia madre?»
«NO!» esclamò lei, continuando a ripeterci di uscire anche in lingua russa.
Uscimmo e la porta si chiuse avanti ai nostri occhi.. Ovvero soprattutto avanti ai miei occhi.
«Kate..» sentii poi dire da Tom notando la mia assenza.
«Sto bene.» sussurrai io.
«Kate senti..» continuò lui.
«LASCIAMI STARE !!» urlai infine allontanando i tre ragazzi e incominciando a correre.
Le lacrime mi rigarono il viso, e ricordo ancora bene quella sensazione del vento che le asciuga man mano che aumentavo la corsa.
Improvvisamente però, una mano mi afferrò il braccio.
«Эй, ты в порядке?» chiese un uomo.
Tradussi quelle poche parole nella mia mente, che appunto significavano «Ehi tutto bene?» e appena mi voltai portai i miei occhi spenti ai suoi, e mi rimasero impressi nella mente.
Continuava a tenermi il braccio mentre io restavo immobile a fissargli gli occhi.
Erano chiari, celesti, quasi non si vedevano, e il colore dei suoi capelli era di un biondo che andava quasi sul bianco.
Poteva avere una quarantina d'anni.
Le voci di Tom, Jack e Alex mi riportarono sulla terra.
Chiesi all'uomo di lasciarmi, lui sorrise e così fece, ma Tom fu più veloce e mi strinse a se.
Rinunciai alla corsa e nel bel mezzo delle loro domande, continuai a fissare la sagoma dell'uomo che spariva tra la folla.
«Tranquilla. Le parleremo. L'hai trovata. Non è finita qua! Ti prego Kate.» esclamò poi Thomas portando le sue mani al mio viso.
Sussurrai un leggero "okay", per poi alzarmi e andare a prendere qualcosa da bere.
Tom non mi lasciò un secondo da sola durante il tratto della strada, nemmeno per buttare il fazzoletto nel cestino poco lontano.
Arrivammo fuori un bar e presi un bicchiere d'acqua.
«Voglio tornare in hotel.» esclamai stringendo il mio zainetto.
Continuavo ad avere lo sguardo perso, ma infondo non era esattamente perso, continuavo più che altro a pensare a quegli occhi, quei capelli.. e quel sorriso che mi tranquillizzò in mezzo secondo.
Arrivammo in hotel, e chiesi loro di lasciarmi da sola, così tornai in camera e stetti lì tutto il giorno, con una rabbia dentro che nessuno poteva calmare in quel momento.

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