16.

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«Ti va se ora metto un po' di musica?» domandò.
«Certo, fai pure.»
Azionò una canzone di 3Vis1, precisamente 'Il prossimo volo'. Ottima scelta.
Entrambi canticchiavamo a bassa voce.
Poi selezionò 'Sconosciuti' e calò per l'ennesima volta il silenzio. Ogni tanto ci scambiavamo degli sguardi, poi cambiò album e mise la canzone 'Più facile'. Presa dal ritmo, si alzò e si esibì in una specie di ballo. Quando iniziò la mia strofa, si calò il cappuccio sulla testa ed iniziò a rappare.
«Ti diranno che non sei all'altezza delle sfide, perchè è più facile distruggere che costruire. È più facile morire che vivere. È più facile piangere che ridere.» Ci sapeva fare.
«Dài, vieni, canta con me!» esclamò. Era presa dall'adrenalina, si notava.
«Vedo che parli un po' di me, ma tu che ne sai? Vengo da un posto dove il sole non si vede mai! Ho scelto la strada in salita, almeno è mia. Ho trasformato i fallimenti in una melodia.» cantammo insieme.
Lei intanto si stava lasciando andare, saltellava addirittura mentre pronunciavamo delle frasi. Era buffa, parecchio. Le piaceva.
Il ritornello lo cantò lei da sola. Riconfermo: intonata davvero.
L'ultima strofa la cantai io, mentre lei mi fissava incantata.
«Hey, mi sciupi.» la presi in giro quando il beat si fermò.
«Convinto pure.» provò a difendersi.
«Sei tu che non lo ammetti.» le risposi.
«Hai un doppio lato? Prima sei insicuro, poi convintissimo.» notò mentre bevve un sorso dell'acqua che aveva appena versato.
«Ci sono molte cose di me che non sai.» le risposi vago, sorseggiando un po' di bibita. Mi guardò e sembrava volesse capire dove io volessi arrivare con quella frase. In realtà era un'affermazione qualunque, non ci avevo dato un peso.
Erano già le diciassette e quaranta e non volevo che i suoi genitori tornassero a casa e trovassero uno sconosciuto. Forse proprio sconosciuto non ero.
«Credo sia meglio che vada... Tra poco torneranno i tuoi, no?»
Mi guardò dispiaciuta.
«Sì, ma non vuoi restare ancora un po'?»
Davvero sincera.
«Oh, vuoi già fare il pranzo con i suoceri?» domandai scherzoso riferendomi a ciò che aveva detto in precedenza, scoppiando a ridere. Inizialmente mi guardò male, ma poi si unì alla mia risata.
«Come vuoi.» pronunciò con un sorriso furbo. Continuai a ridere.
Presi fulmineo il telefono dalla sua tasca e mi urlò di restituirglielo.
«La password?» chiesi vedendo che il dispositivo chiedeva il codice di accesso.
«Tu non guardi il mio telefono.» asserì imbarazzata.
«Ah, perchè hai contenuti riservati ai minori qui dentro?» chiesi muovendo in aria il suo cellulare.
Aprì la bocca per ribattere qualcosa, ma si fermò.

Giulia
Non potevo di certo rispondere con ciò che mi era passato per la mente, sarebbe stato il doppio imbarazzante. Anche se, dandogli la password, lo avrebbe scoperto da sé.
«Non c'è nulla di interessante...» cercai di dissuaderlo. Mi guardava in attesa che gli svelassi la combinazione per accedere al dispositivo.
Sbuffai, poi scandii:«2-5-0-6.»
Mi guardò furbo, con uno sguardo che mi fece avvampare.
Mentre armeggiava con il mio cellulare, mantenendo gli occhi sullo schermo, mi ricordò ancora:«È la mia data di nascita.» Come se non lo sapessi!
Non risposi, ma mi limitai a guardarlo. Era inutile cercare di recuperare il telefono, nemmeno ci provai. Sapevo che non me lo avrebbe restituito fino a quando non lo avrebbe deciso.
«Vedo materiale illegale qui.» pronunciò girando il dispositivo verso di me. Era nella galleria, nella cartella 'Honiro Label' dove tenevo custodite tutte le loro foto. Non risposi, scelsi di non cercare di imbarazzarmi maggiormente.
Ad un tratto rise dal nulla, incuriosendomi.
«E questa qui?» domandò indicando la chat con Chiara, la mia migliore amica, su WhatsApp. L'avevo salvata con un nomignolo strano, potevo benissimo capire il perchè della sua reazione.
«Vi segue come me, ma il suo preferito è Giorgio.» risposi, mentre lui annuì di risposta.
«Questo Marco sarebbe?» Aveva assunto un'espressione seria dal nulla, in quell'istante pensai fosse affetto da bipolarismo.
Marco mi aveva scritto solamente qualche giorno dopo la nostra uscita, giusto per chiedere come stessi, non avevamo parlato di altro.
«Mi tradisci?» continuò serio.
«È un ragazzo della mia scuola.» risposi vaga, ignorando la seconda domanda.
«E ti piace?» domandò, questa volta alzando lo sguardo e fissando i suoi profondi occhioni verdi nei miei.
«No, sono uscita con lui una sola volta perchè ci siamo incontrati per strada e quindi mi ha invitato ad una passeggiata.» risposi sincera mantenendo il contatto visivo.
«Mh... Va bene.» Assunse l'espressione tranquilla di poco prima e mi restituì il telefono.
«Grazie eh, hai trovato quello che cercavi?» domandai ironica.
«A dire il vero non cercavo nulla.» Mi guardò e sorrise furbo.
Aprii la bocca leggermente, stupita.
«Va bene, sarà meglio che vada.» comunicò infilando le mani nelle tasche degli skinny neri e muovendo un passo verso la porta.
«Non si saluta?» mi venne spontaneo.
Mi rivolse nuovamente lo sguardo di poco prima e mi avvolse tra le sue calde braccia. Stavo davvero bene.
Poi mi schioccò un bacio sulla guancia, che ricambiai.
«Ah, e buon viaggio.» mi augurò sciogliendo l'abbraccio. Ringraziai, ancora estasiata dal contatto.
«Ciao, ci si vede.» mi salutò.
«Ciao giovane!» Rise ed uscì dalla porta. Corsi subito in balcone e lo vidi in strada. Si girò verso di me sorridente e mi fece un cenno con la mano, che io ricambiai sorridendo a mia volta.
Poi scomparve fra le abitazioni e rimasi come una stupida a pensare a ciò che era appena accaduto.


*Spazio autrice*
In questo capitolo ho scritto più del solito, non volevo dividere in due capitoli la parte finale di uno degli incontri più belli (per ora, ehehehe).
Detto questo, vi ringrazio per i commenti stupendi che lasciate, per le stelline e le letture.
A presto!

Il cuore nelle tracce // Ser TravisDove le storie prendono vita. Scoprilo ora