74.

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Valerio
Uscì dal bagno e non ci feci molto caso: stavo cercando un bel posto sul telefono per pranzare insieme a lei.
Notai con la coda dell'occhio una prevalenza di bianco su di lei, così mi girai curioso: strano che lei si vesta di bianco, totalmente poi!
Rimasi con gli occhi fissi sul suo corpo appena voltai la testa: solo l'asciugamano l'avvolgeva, un angolo di esso era pizzicato sotto lo stesso tessuto per fermarlo al suo corpo e la copriva fino alla metà coscia.
Afferrò veloce gli indumenti che aveva dimenticato sul letto e scappò nuovamente in bagno.
«Hey, dove vai?» chiesi con voce roca. Sapevo che l'amava.
Non rispose.
Aprii la porta e la trovai di spalle, intenta a sistemare qualcosa sul ripiano del lavandino. Mi avvicinai, le poggiai le mani sui fianchi e le labbra sul collo.
«Vale... Dài... » rise.
«Mhh, non ci stai?» domandai malizioso.
«Forse!» esclamò girandosi e ridendo come una bimba portando le braccia intorno al mio collo.

«Un ultimo bacio, poi mi vesto! Ora sul serio!» esclamai.
Essere così vicino a lei e sentirla mia anche nel senso fisico era una sensazione che mi lasciava mille brividi sulla pelle.
«Vieni qui...» mi incitò ad avvicinarmi maggiormente, con sguardo volutamente malizioso.
«Però se fai così non mi alzo più, se non per prendere il preservativo.» le dissi, facendola ridere.
«Scemo! Ora vai, via! Avanti che ho fame, muovi il culo!» mi urlò dietro ridendo.

«Sei bellissima.» le sussurrai guardandola negli occhi.
«Lo sai che non bisogna complimentarsi sempre e solo sull'aspetto fisico? Specialmente con le bambine, bisogna ripetere loro che sono belle anche dentro, altrimenti crescono con l'ansia di dover apparire in questa società di merda.»
«Quindi mi stai dicendo che sei una bambina?» domandai furbo.
«Non dicevo questo! Ho solo ampliato il discorso. L'unica cosa che dovevi veramente cogliere, non l'hai colta...» mi rispose, spostando lo sguardo.
«Cosa ti devo dire? Che sei stupenda anche dentro?» chiesi avvicinando il mio naso al suo collo e strofinandolo delicatamente.
Fece per aprire bocca, ma mi allontanai col viso da lei, la fissai negli occhi e proseguii:«Ti devo dire che sei una persona stupenda? Che mi fai impazzire? Mi mandi in bestia, sempre. Vestita, nuda, fragile davanti a me, quando fai la testarda, l'offesa, poi quando ti vedo con qualche altro ragazzo! Vorrei tatuarti sulla fronte di chi sei, ma so che sei responsabile e mi fido di te. Doverti capire e dovermi addentrare nel labirinto della tua testa è qualcosa che amo. Ancora non ti ho capita del tutto, ma ti capirò. Sei luce e buio allo stesso tempo, sei tragedia ed euforia, lacrime salate e mente morbida e dolce. Sei semplicemente te. Ed io ti amo per questo.» Vidi i suoi occhi lucidi. Un colpo al cuore.
«Avanti, amo anche quando fai la dura, ma ora lasciati sfuggire qualche lacrima!» esclamai sorridendo.
Vidi tre goccioline trasparenti e luccicanti lasciare i suoi occhi glaciali e scorrere lungo le sue guance, per poi fermarsi sulle nostre labbra unite. Quel sapore era estasiante e non avevo bisogno di dirlo: lei lo sapeva che lo pensavo.
«Ti amo anche io, Valerio.»
La fissai negli occhi, mi inginocchiai. Ero il classico romanticone.
«Vuoi essere ufficialmente la mia fidanzata?» chiesi, con un sorriso euforico e guardando altre gocce salate scendere dai suoi occhi mentre il suo viso si illuminava ed il sorriso era radioso come il sole quando compare da dietro le nuvole dopo un temporale e falcia il buio.
«Sì! Sì, lo voglio assolutamente!» esclamò, forse a voce troppo alta.
Feci scorrere quel cerchietto argentato e brillante intorno al suo dito, reggendo la sua mano. Avevo i brividi. Era una sensazione troppo forte e quando alzai lo sguardo su di lei e mi avvicinai per baciarla, anche a me sfuggì una lacrima gioiosa.

«Era proprio buona quella pasta!» esclamò lei.
«Non eri mai stata qui? Tu che sei del posto?» domandai ridendo.
«Sì, qualche volta, ma mi ero ingozzata solamente di pizza.» mi rispose, facendo arrivare alle mie orecchie quella risata cristallina quanto scomposta.
«Oh, hey!» sentimmo esclamare dietro di noi, mentre camminavamo in silenzio mano nella mano, sorridendo.
Spostai lo sguardo di sfuggita su Giulia mentre mi stavo girando, ma non completai l'azione notando la sua espressione: totalmente diversa. Era rimasta ferma in piedi, senza girarsi, con lo sguardo quasi spaventato e vuoto. Le labbra invece erano contratte in una smorfia.
«Ciao. Non si saluta più il tuo migliore amico?» domandò quel ragazzo non badandomi e posando una mano sulla sua spalla che continuai a fissare sperando che il mio solo sguardo la incenerisse.
«Marco, non sei il mio migliore amico e lo sai.» rispose lei. A sentire quel nome, isintivamente strinsi di più la presa sulla sua mano. Lei girò la testa verso il ragazzo e vedere che quei suoi occhi chiari in quel momento erano in quelli di un altro, mi fece ribollire una fiamma dentro di me.
«Cosa sei venuto a fare?» domandai preso dalla gelosia del momento e dalla rabbia per ciò che aveva fatto in passato a Giulia, ma comunque controllando il mio tono.
«Tu, piuttosto, cosa sei venuto a fare qua.» rispose sfrontato alzando lo sguardo e sfidandomi.
«Senti, ragazzino: lasciala in pace.» continuai per poi mettere un braccio attorno al collo di Giulia e fare un passo avanti con lei.
«Oh, no!» esclamò, tirando Giulia verso di sé dandole fulmineo un bacio sul collo, tanto che nessuno dei due fece in tempo a rendersene conto. La vidi rabbrividire. Ed io non ebbi più il controllo di me stesso.

«È possibile che devi fare a botte con un ragazzo di quattro anni più piccolo di te?! È possibile?!» mi sbraitò contro, dopo che Marco, abbastanza mal ridotto, corse a casa a gambe levate.
«Ah, ora lo difendi anche?! Quel lurido!» urlai a mia volta.
«Ma ti pare che puoi menarlo?!?!?!» urlò ancora.
«Che cazzo, smettila di difenderlo!!!» urlai ancora più forte ed allargando le braccia. Sentii nuovamente male alla mandibola e al labbro, cortorcendo il viso in una smorfia. Sentii il sangue scorrermi sulla pelle, ancora.
«Non so, vuoi anche andare a medicarlo? Già che ci sei, vai pure!» le comunicai con tono calmo, gesticolando ed allontanandomi.
Mi girai verso di lei dopo aver percorso qualche altro metro e la vidi guardare l'anello che le avevo dato questa mattina.
Mi rigirai, con una voglia di urlare e portandomi le mani tra i capelli.
«Valerio!» udii dietro di me.
Mi girai e la vidi in piedi. Composta. Lo sguardo triste. Gli occhi lucidi. Mi si spezzava il cuore. Ho visto di nuovo quel vortice aprirsi nelle sue pupille.
«Vale, io...»
«Non avresti dovuto accettare, se avevi ancora questi dubbi.» la interruppi brusco.
«Io ti amo, ma... Non credo di esserne sicura.»
«Cioè, mi stai dicendo che pensi ancora a Marco?!» chiesi, alzando la voce.
«No, ma...»
«Non hai nemmeno il coraggio di dirmelo in faccia!» urlai sentendo un dolore al petto.
«Smettila di urlare, fa male anche per me!» urlò a sua volta.
«Ah, non ti piace se urlo?» urlai ancora.
«No, mi fai paura...» sussurrò abbassando la testa.
«Dimmi che almeno questa mattina, quando l'abbiamo fatto e quando ti ho dato quell'anello, non hai pensato a lui...» sussurrai sentendo il cuore rompersi.
«No, questo no.» rispose decisa, fissando i suoi occhi freddi nei miei. Mi girai: avevo intenzione di andarmene.
Poi mi voltai di nuovo.
«Le chiavi te le lascio sotto il tappeto, prendo le mie cose e me ne vado.» le comunicai atono, afferrando le chiavi della sua abitazione che avevo custodito io in tasca.
I suoi occhi scattarono sul mio volto.
«No!» esclamò.
«Sì, invece. Abbiamo entrambi bisogno di pensare e non so se stare da soli ci aiuti, ma per ora mi sembra la cosa più ragionevole da fare.»
«Non pensare con la testa.» sussurrò.
«Ci penserò.» le risposi, voltandomi ed avanzando qualche passo.
«Aspetta.» riuscii a sentire, parlò con un tono basso. Mi fermai. Speravo avesse cambiato idea. Ma rimasi voltato, con lei alle spalle, sapendo che molto probabilmente non era così.
«Almeno dammi l'ultimo bacio.» sentii, prima di trovarmi le sue labbra disperate incollate alle mie. Mi teneva stretto, le sue mani poggiate sulle mie guance. Io non riuscii a toccarla. Sentii le labbra bagnarsi delle sue lacrime. Non chiusi nemmeno gli occhi in quel bacio. Non lo ricambiai. Lo assecondai, misi solo a disposizione le mie labbra sperando che qualcosa cambiasse, ma nemmeno le mossi.
Mi infastidiva perfino baciarla. Misi fine a quel bacio e l'abbracciai. Mi strinse forte, sentivo i suoi polpastrelli premere sulla mia schiena tanto da sentire bruciare, mi stringeva troppo.
«Ricordati di me.» sussurrò lei.

Fine.

Il cuore nelle tracce // Ser TravisDove le storie prendono vita. Scoprilo ora