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Valerio's pov
-Usciamo un pochino?- le chiesi quando finì di divorare il suo panino; come risposta ricevetti uno sbuffo.

-Daai, andiamo al parco. Su su, muovi quel culo.- le ordinai.

-Magnifico culo, vorrai dire.- mi corresse sottolineando la prima parola.

-Mh, per una volta ti dò ragione.- concordai.

-Ma, Valerio!- mi rimproverò cercando di mascherare un sorrisetto.

-Beh, tu l'hai detto, che vuoi?-

-Dài, preparami un caffè che vado a vestirmi.- Feci ciò che mi aveva richiesto e quando fu pronto lo bevemmo. Notai che abbondava con lo zucchero e aggiungeva anche il latte a rendere il tutto più dolce, ma che caffè è se non è amaro?

-Pronta? Hai preso tutto?- chiesi aprendo la porta di casa.

-Sì sì, movatee!- mi incoraggiò lei spingendomi avanti. Quando uscimmo, mi girai per chiudere a chiave la porta e scendemmo.

-Di qui.- le indicai una volta scese le scale del bifamiliare quando raggiungemmo la strada.
Il tragitto fu molto silenzioso, io avevo già in mente un po' di domande da porle, lei non so a cosa stesse pensando. Tirò fuori il cellulare e digitò qualcosa velocemente, di continuo, mantenendo lo sguardo sul telefono. Cosa starà scrivendo? Vorrei tanto saperlo.

-Oh cazzo, stavo per sbatterci contro!- esclamò guardando il palo davanti a sé, facendomi ridere.

Giungemmo al luogo in cui volevo portarla: un parco vicino a casa mia dove, quando ero ragazzo, ci passavo le giornate coi miei amici a fumare le canne. Ora, con il lavoro, non frequento più questo posto e quando ho voglia di uscire vado nei locali e nelle discoteche. Sono due posti completamente diversi dato che questo luogo è molto tranquillo e rilassante, ma ottimo per riflettere o scrivere -infatti qui ho preso l'ispirazione per alcune mie canzoni. Le seconde, invece, sono luoghi molto rumorosi e si vedono scene orrende perfino per me.
Ora, però, eravamo io e Giulia, l'uno di fronte all'altra e decisi di parlare:
-Mi incuriosisci.- le dissi guardandola negli occhi con un piccolo sorriso dipinto in volto.

-Beh, anche tu.- mi rispose. Effettivamente non conosce tutto me, nemmeno io so come sono! Mi sedetti su una panchina, seguito da lei.
-Perchè non mi racconti qualcosa?- le chiesi. Fece per aprire bocca, ma la fermai.
-Sì, mi ricordo del messaggio di qualche mese fa, ma voglio sapere qualcosa di te.-
-Beh, ecco...- incominciò, ma la interruppi nuovamente.
-Parlami della tua infanzia, mi piace sentire i racconti di quando si era bambini.- lo dissi con aria sognante, quasi volessi che quei racconti fossero stati parte anche della mia fase di spensieratezza: così era.
-Ehm, allora... Il quattro giugno nacque una Grande Leggenda.- disse indicandosi e sorridendo, per poi proseguire -La mia infanzia è stata davvero felice, mi sono divertita tantissimo, ho combinato un sacco di disastri- poi, la luce nei suoi occhi si spense ed essi rimasero a fissare il vuoto quando, con un tono di voce più bassa, sussurrando, continuò la frase -e poi il disastro lo sono diventata io.- Non sapevo cosa dire, mi aveva spiazzato. Avevo intuito che nella sua fase di adolescenza non era stato tutto perfetto, ma non pensavo arrivasse al punto di definirsi 'disastro', lei, la ragazza forte che manda tutti a fanculo, che ascolta il rap e se ne frega degli altri.

-Beh, ma che importa? Poi sono cresciuta, ho frequentato le medie, le superiori ed ora eccomi qua!- esclamò spalancando le braccia. Mi misi a ridere: era davvero simpatica e -come pensavo- voleva evitare di parlare di quella fase della sua vita.

-Tutto ciò di cui aveva bisogno?- domandò fingendo che io fossi un suo superiore.

-Mh, non proprio.- dissi alzando l'indice, guardandola divertito.

Il cuore nelle tracce // Ser TravisDove le storie prendono vita. Scoprilo ora