28.

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Mi svegliai di soprassalto con delle formichine che camminavano sulla mia faccia, sulle mie gambe e sulle mie braccia. Mi alzai, mi pulii e controllai l'ora sul mio telefono: 19.25. Cazzo! I miei saranno preoccupatissimi, ma chi se ne importa. Quando arriverò a casa mi riempiranno di parole. Decisi di incamminarmi per tornare e, quando spensi la musica per suonare al citofono, erano le diciannove e trentotto. Perfetto, proprio. Quando arrivai alla mia abitazione i miei genitori mi guardarono malissimo.
-Si può sapere dove sei stata tutto questo tempo, eh?!- sbraitò subito mio padre.
-Lontano da qui.- risposi correndo in camera mia e chiudendo la porta alle mie spalle. Non cenai e i miei genitori non entrarono nella mia stanza. Rimasi tutto il tempo sul letto ad ascoltare i miei idoli, che riescono sempre a tranquillizzarmi ed a farmi sentire meglio.

La mattina mi svegliai più tranquilla: finalmente ero riuscita a liberarmi di un peso. D'altro canto, mi venne l'ansia quando pensai al pomeriggio precedente: avevo un po' di timore per ciò che i miei genitori avrebbero detto, fatto o imposto a me. Quando mia mamma entrò in camera mia per alzare la tapparella, finsi di dormire. Probabilmente aveva fatto irruzione sperando di trovarmi sveglia per chiarire. Volevo solo scappare, oppure fare in modo che tutto fosse perfetto. Ho sempre pensato che fuggire non avrebbe risolto le cose, ma le avrebbe solamente sistemate temporaneamente. Ho anche creduto che la perfezione e la felicità siano soggettive e che soprattutto non esistano. Specialmente la seconda, che era troppo temporanea e breve. Credo che noi non facciamo in tempo a renderci conto di avere la felicità tra le mani che già l'abbiamo persa, perchè l'uomo la cerca ossessionatamente e non si rende conto di averla già. Mezz'ora dopo -circa- decisi di alzarmi e, molto lentamente, andai in cucina dove trovai mia mamma. Si girò e mi guardò a lungo negli occhi.
-Scusa.- sussurrò.
-Non importa. Abbiamo litigato per una cazzata, sempre ragione volete avere.- risposi ancora assonnata con tono pacato.
-E poi ormai ho dicciott'anni, non più tre!- proseguii.
-Calmati! Ho capito, tutto quello che vuoi, ma smettila di urlarmi contro! Non mi pare il tono con cui rivolgerti a tua madre!-
-Poi si lamentano delle maschere e di non dire ciò che si pensa...- risposi a bassa voce, senza interessarmi se avesse sentito o meno: ero indifferente.
-Ti sento.-
-Va bene.-
-Non fare la stronza, ora.- Mi girai scandalizzata: qui tutti stanno impazzendo.
-Non credi sia meglio che vada a lavorare e mi trovi una casa mia, eh?-
-Cosa?! Tu non te ne vai da qui, sta sera ne parliamo con tuo padre.- Che bipolare.
-Allora, cazzo, non lamentarti!-
-Ora stai esagerando.- rispose lei sottolineando ogni parola.
Non risposi, mi feci una doccia a velocità record, mi vestii, presi lo skate ed il telefono ed uscii nuovamente di casa. Non ne potevo più di starmene rinchiusa lì dentro.

Il cuore nelle tracce // Ser TravisDove le storie prendono vita. Scoprilo ora