Capitolo 12

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Ormai per me e Bella era diventato un rito abituale uscire insieme dopo lo speciale di sabato, come ogni volta la stavo aspettando fuori dal suo camerino, già cambiato, pettinato e sicuramente sorridente.

Passarono secondi, minuti, decine di minuti, finché non iniziai a preuccuparmi come la scorsa volta. Bussai ripetutamente alla porta, sperando che aprisse, senza costringermi a farlo da solo, magari anche cogliendola in un momento decisamente imbarazzante.

Decisi di aspettare un altro po', ma fuori iniziava a diventare buio, erano usciti tutti i nostri amici, o almeno i miei, continuavo ad essere preuccupato e cercavo di immaginare con cosa era riuscita ad occupare tutto quel tempo. Sospirai, frustato da quella situazione, e continuai a bussare, cercai di aprire ma mi accorsi che la porta era bloccata, urlai il suo nome, iniziando ad avere veramente paura.

Tirai vari calci e pugni, aprendo finalmente la porta, probabilmente rompendo qualcosa, ma non m'interessava. Lei era stesa a terra e sopra al suo tavolino c'erano delle pasticche di ecstasy, mi accasciai a terra e la scossi, sentendomi più preuccupato che mai.

"Aiuto! C'è qualcuno?" cominciai a gridare, e quando realizzai di essere completamente solo, andai alla ricerca del suo cellulare, avendo dimenticato il mio dell'armadietto della Sala Relax.

Lo trovai acceso su Whats App, con una serie di messaggi sconvolgenti da parte del suo ex ragazzo, che minacciavano di distruggerla mettendo tutta la verità a galla sulle sue origini e su chi era la sua famiglia, ma sopratutto, su chi era suo fratello.

Lasciai perdere e mi sbrigai a chiamare un'ambulanza, mentre sentivo tremare tutto il corpo al solo contatto visivo della pessima condizione in cui era finita a causa di alcuni messaggi evitabili. A quello ci avrei pensato più tardi, e non sarebbe assolutamente passata come cosa secondaria per me.

In circa cinque minuti mi ritrovai con Bella fra le braccia e i soccorsi che ci stavano raggiungendo all'interno dell'edificio, il cuore batteva talmente forte da farmi venire il pensiero che a momenti sarei scoppiato in frantumi, non l'importava, la mia unica preoccupazione era che lei venisse soccorsa velocemente.

"Da quanto tempo è in questo stato?" chiese uno dei tanti soccorritori, compilando un modulo per cercare di capire quale fosse la conseguenza a quelle pasticche di ecstasy. "Non lo so, penso che siano tre quarti d'ora. Ho trovato il suo telefono ed ho letto dei messaggi, so chi l'ha portata a compiere il gesto"

"Questo lo deve dire alla Polizia, noi non siamo autorizzati a raccogliere informazioni. Viene con la signorina?"

"Certo che sì, non potrei mai lasciarla da sola. Devo chiamare la produzione e avvertirli, ma mi dica, è grave?"

"Sono quasi sicuro che si tratta di un collasso circolatorio, una situazione patologica che si manifesta come un'insufficenza del circolo periferico e generalizzata a tutto l'organismo, per riduzione della portata circolatoria condizionata da un insufficente ritorno del sangue venoso al cuore. L'obbiettivo primario è quello di ripristinare l'efficienza del circolo e dunque la per fusione tessutale. Niente di fatale" mi rispose nei minimi dettagli.

[...]

Durante quelle ore in cui ero rimasto ad aspettare nella Sala riservata agli ospiti, qualcuno si era aggiunto nell'attesa, facendomi una sorta di compagnia che rendeva la situazione più tranquilla; Nicole e l'apparente fratello maggiore di Bella. Il Servizio Stampa aveva già reso pubblica la notizia, spargendola ovunque, su ogni piattaforma Internet, quando lei avrebbe sicuramente desiderato della serietà e della riservatezza in più.

C'era un silenzio tombale che contribuiva a peggiorare la giornata, ero così esaltato all'idea di passare un'altro di quei meravigliosi pomeriggi con lei, e la sola idea che ciò non sarebbe stato più possibile per colpa di un ragazzo, era letteralmente paragonabile allo sentirsi pugnalare l'anima.

"È la prima volta che fa uso di questo genere di sostanze?" chiese Nicole, non capendo che forse era una domanda parecchio evitabile, suo fratello sembrava un tipo sulle sue, ma era certo che non avesse preso una buona strada in quegli anni.

"No ─ rispose secco ─ Sono sempre stato un fratello pessimo come sono stati pessimi i nostri genitori" aggiunse, con una voce spezzata da un pianto che stava per prenderlo in sopravvento.

"Non è colpa tua" sussurrai, sentendolo molto vicino a me come persona, anch'io mi stavo pentendo di non aver donato affetto a persone che avevano fatto di tutto per farmi stare bene, e di aver fatto il contrario con persone che avevano fatto di tutto per farmi stare male.

"Avrei potuto allontarla da quel figlio di puttana anni fa, non avrei dovuto permettere a lui di rovinarla in questo modo, solo per dei soldi che non avevamo, e se cercavo di ragionare quando ero lucido, pensavo che lui la trattava come una principessa e che non c'era niente di cui preuccuparsi" si sfogò.

"Cosa le ha fatto in passato? La drogava? Stuprava? Faceva stuprare?" lo bombardai di domande, e stavolta fu Nicole a guardarmi con un'espressione che comunicava disaccordo nel voler essere così diretto, senza essere capace di capire emotivamente una persona.

"Tutto, faceva di tutto. Quello di Bella è stato un amore non ricambiato, lui voleva solo divertirsi un po', e voleva farlo sopratutto con lei, con l'inganno la drogava, la rovinava, e piano piano, rovinava anche me. Ho tentato in mille modi di allontanarla da lui, e quando l'ha scoperto mi ha minacciato di raccontare di me alla polizia" continuò.

"Quale verità? Non riesco a capire" mi piegai in due sulla sedia, tenendo l'espressione fissa su di lui.

"Sono uno spacciatore, io e lui ci siamo conosciuti perché era il mio cliente di fiducia, comprava solo da me e fra noi si era creata anche un'amicizia, ma non ci conoscevamo alla perfezione, purtroppo, perché se fosse stato così, Bella non l'avrebbe neanche mai visto. La viziava, lei scopriva alcune verità e lui se la comprava regalandole cose come una macchina" spiegò, emozionato nel confidare quell'insieme di cose che l'avevano tormentato per troppo tempo.

Ma, la cosa di cui dovevo preuccuparmi maggiormente, era che non le potesse accadere mai più niente del genere.

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