Il ticchettio dell'orologio riempiva il silenzio che c'era in quella stanza dove si respirava tensione, Simone era in piedi sulla finestra e stava fumando, mentre io avevo occupato il suo intero letto da una piazza e mezzo. Ora che avevo del tempo per viaggiare con la mente e fare attenzione a tutti i dettagli di quella camera, lo stavo facendo, e sembrava tutto così per niente casuale. Le pareti erano grigie e tristi, riempite da vari quadri dalla cornice bianca dove c'erano raffigurate sue immagini da piccolo. Da piccolo era biondo, sempre sorridente, vestito spesso di rosso e presentava una frangetta adorabile.
Sospirai stanca di quella situazione un po' scomoda per tutti, andai verso di lui appoggiando la testa sulla sua schiena mentre le mie braccia cingevano la sua vita. Non lo avevo visto, ma ero sicura di aver sentito quel leggero rumore che faceva quando sorrideva.
«Mi annoio, hai intenzione di fare qualcosa oppure?» mugugnai stringendolo sempre più forte a me, per sentirlo, sentirlo mio, ancora, anche quando le cose non andavano benissimo.
«Oppure cosa? Non è semplice come credi, si tratta di una guerra che dura da anni e pensavo fosse terminata da un bel po'» buttò la sigaretta rimasta fuori dalla finestra, per poi chiuderla.
«Ah, fatteli due calcoli. Al posto del ragazzo te ne saresti già andato. O sbaglio?» continuai a cercare di aiutare Sara e Christian, iniziavo ad averna abbastanza.
«Lui non lo fa per lei, ma per dare fastidio a me. Siamo sempre stati nemici, non come nei film, no, però ci siamo sempre stati sul cazzo a vicenda. È il fratello maggiore della mia ex, quella a cui ho dedicato le mie canzoni» spiegò.
«Oh, inizia improvvisamente a starmi sul cazzo, non so proprio perché» lo feci ridere, ma in realtà non ero ironica. In ogni relazione ero gelosa, eppure con Simone superavo ogni limite, lo ero anche quando non ce n'era motivo.
«Fidati, non stai sbagliando. Lui è uguale alla sorella, forse anche peggio, non le si allontanerà mai, per questo mi sono azzardato ad usare le mani. Spero che basti, ma immagino che non sia così» roteò gli occhi.
«Ma, dimmi... questa tua ex com'è? Voglio dire, è bionda? Alta? Bella?» mi affrettai a domandargli, non riuscì a nascondere un sorriso soddisfatto e compiaciuto sul viso.
«Si tingeva spesso i capelli, passava però sempre dal castano al biondo e massimo anche al rosso. Non so che colore abbia adesso, glielo chiederò o mi farò un bel giro sul suo profilo Instagram. Era alta poco più di te, e sì era carina» mi stuzzicò.
«Oh, ti prego! Fai veramente schifo» lo riempii di finti schiaffi e pugni ovunque, mentre lui era sdraiato sopra al letto. Finimmo uno sull'altro e, non avendone mai abbastanza, unimmo le nostre labbra in un romantico e passionale bacio.
«Sei tu l'unica. Lo sai. Le vecchie tipe non le ricordo. Da quando ci sei te non mi ricordo neppure della loro esistenza, non ricordo di me, di chi ero, di come stavo. So solo che ora sto benissimo» sussurrò.
Non riuscii a fare altro che sorridergli, avrei voluto dirgli che mi faceva perdere la testa, mi faceva sentire emozioni indescribili che avrei voluto sentire per sempre, poiché mi regalavano felicità, ma ero una codarda. Facevo schifo in amore, se mi chiedevano certezze non ero capace di darle, e se, come nella mia precedente storia, davo tutta me stessa, poi restavo fregata.
«Guardami negli occhi, smettila di distaccare lo sguardo» chiese, non suonava per nulla come un consiglio, ma esattamente come una richiesta. «Perché?» sospirai arrendendomi, stendendomi accanto a lui dal momento un po' strano.
Lui spostò lo sguardo sempre su di me, aspettando che io facessi lo stesso, ma non volevo dargliela vinta. Con la coda dell'occhio lo guardai e lui di conseguenza rise, alzandosi nuovamente in piedi.
Aprì le ante dell'armadio, era di un bianco lucido identico al mio e anche l'interno accumunava qualcosa al mio. C'erano felpe ovunque, cappellini e bandane, in poche parole era il paradiso che ogni ragazza sognava. Si tolse la maglietta e io ne approffitai per fare un video e dirgli qualcosa a cui non pensai troppo, perché infondo, le cose dette senza rifletterci erano le più vere, ma in quella ce fa anche dell'ironia amichevole.
«Simone ─ lo richiamai, tenendo l'unghia del pollice, tinta di nero, fra i denti, aspettai che si voltasse ─ Sei bellissimo» sorrisi, lui mi tirò la maglietta che si era appena sfilato e il video terminò. La annusai: profumava di lui.
Visto che non mi stava più dando attenzioni, allungai la mano fino ad arrivare al suo comodino e presi il pacchetto di sigarette. Da quando era successa tutta quella storia delle pasticche, non era più un vizio, ma spesso ne avevo bisogno, sopratutto quando ero in vena di pensare.
«Vado un attimo da Sara, tu aspettami qui se non ti dispiace» mi disse, prima di uscire dalla sua camera con un'aria decisamente ansiosa.
Presi il mio cellulare e notai che gli altri stavano postando molte immagini insieme, felici come non mai, eppure a me l'istinto di voler uscire in gruppo non veniva, preferivo stare sola con Simone, anche se litigandoci. Per sbaglio capitai sui Direct e un messaggio in particolare raccolse profondamente la mia attenzione, un mio follower mi stava avvisando del fatto che Einar ci aveva lanciato una frecciatina.
Durante una diretta sul profilo di Alessandro dei The Jab, aveva detto che mancavano solo due persone fortunatamente. Non sapevo se avesse detto che era un fortuna perché ne mancavano solo due o perché quelle due persone eravamo proprio noi, ma mi dava ugualmente fastidio. Come facevo anche in contesti differenti, non risposi, ignorare era sempre la soluzione giusta.
Quando Simone fu di ritorno, prima gli chiesi com'era andata, e poi gli raccontai tutto. Lui scosse la testa con quella tipica espressione in cui manifestava una specie di disgusto nei confronti della passata amicizia con Einar, e come biasimarlo, da quando ero arrivata io si era ridotto a dire poracciate e fare l'amichetto con l'altro twink, Irama.
«Comunque non dobbiamo dargli importanza, più che altro, parliamo delle cose belle. Oggi a pranzo ti cucino gli spaghetti all'amatriciana, non ti ho mai cucinato nulla e sai qual'era il mio sogno: volevo diventare come Carlo Cracco» rise di sé stesso.
«Oh mio Dio, sì! Finalmente! Io faccio schifo in cucina, ma ho sempre avuto talento nel preparare dei Toast con nutella la mattina» gli feci l'occhiolino divertita dalle cose che ci stavamo dicendo.
Ed ecco che quel pomeriggio saremmo stati io, lui e la sua adorabile sorella Sara.
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La Nuova Stella Di Broadway.
FanfictionSimone Baldasseroni, in arte Biondo, classe '98, è il classico rubacuori, difatti si è avvicinato alla musica grazie alla sua ex ragazza. È sensibile, genoroso, protettivo con chi ama e con chi vede debole, cerca sempre di prendere ogni cosa in modo...