Un prologo che non è un prologo

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Cassie era arrivata ad una conclusione: la vita non è altro che uno stupido e perverso gioco del destino.

Tutto era cominciato un paio di settimane prima.
Un giorno Cassie si trovava nella biblioteca del campus per una ricerca, quando si era resa conto che nessun altro apparte lei stava guardando i libri. Tutti tenevano lo sguardo fisso sui cellulari, ascoltando qualcosa attraverso le cuffiette.
Sembravano quasi... incantati.
La ragazza non ci diede troppa importanza.
Poi capitò di nuovo, un giorno che lei e Clover erano appena uscite dall'aula di scrittura narrativa. Un gruppo di ragazze era seduto sui gradoni della facoltà e tutte fissavano il cellulare con le cuffie nelle orecchie. Era strano, di solito le persone che volevano ascoltare la musica andavano all'internet caffè o al parco, non certo in biblioteca o davanti alle aule.
Ma, anche questa volta, Cassie non diede peso alla cosa.

Negli ultimi tempi aveva smesso di preoccuparsi di quello che accadeva attorno a lei. Tutto ciò che aveva fatto era stato andare a lezione, pranzare con Dylan, Clover e Alex, chiamare al telefono Nash e Riley e, qualche volta, andare al bar del campus.
E poi stava studiando, stava studiando tantissimo.
In effetti lo studio sembrava essere l'unica cosa in grado di distrarla.

Il primo mese a Stanford fu molto duro per lei, a fatica riusciva a trovare la forza di andare a lezione la mattina. Tutto ciò a cui la sua mente riusciva a pensare era il dolore che minacciava di risucchiarle il cuore. Di notte, mentre Alex e Clover dormivano, lei rimaneva nel letto in silenzio a pensare. Non piangeva mai, da quando aveva lasciato Chino Hills non aveva più versato una lacrima. Era stufa, stufa di sentirsi vulnerabile e ferita. Voleva che quel dolore abbandonasse il suo corpo e la lasciasse dormire in pace. Ma tutto attorno a lei sembrava ricordarle Cameron. Dall'odore di caramello del cappuccino alle canzoni di Shawn Mendes che ogni tanto partivano dalla sua playlist. Gli altri avevano promesso in maniera tacita che nessuno avrebbe nominato il suo nome, un po' in stile voldemort.
Ma, perfino nei momenti più impensabili, tutto le parlava di lui.

Così iniziò a concentrare tutte le sue energie nello studio. A volte capitava che gli altri uscissero, la sera. E, per quanto provassero a convincerla, Cassie non ne voleva sapere di andare con loro. Apriva il computer e iniziava a scrivere.
Cosa scriveva?
Di tutto.
Saggi di storia antica, traduzioni di latino, relazioni di scienze umanistiche, bozze di articoli per il corso di giornalismo...
Tutto, purché riuscisse a distrarla.
Per quanto riguarda il resto Cassie aveva perso interesse per qualunque cosa. Certo, con gli altri si mostrava impassibile e serena, ma dentro di se la sua anima urlava. Eppure nessuno sembrava accorgersene. O meglio, probabilmente gli altri erano a conoscenza di questa sua situazione ma sapevano che lei preferiva che facessero finta di niente.
E la cosa sembrava funzionare.
Con il passare delle settimane Cassie aveva imparato ad accantonare il dolore. La sua mente stava lentamente rigettando fuori tutti i ricordi di Cameron, dandole modo di crearsi una nuova vita.

Una nuova vita lontano dal pensiero costante di lui.

Cassie's Pov

-Hei biondina!

Mi fermai al centro della strada che stavo percorrendo e mi voltai di scatto. Il ragazzo corse verso di me e mi circondò le spalle con un braccio. Gli sorrisi gentilmente e ricominciai a camminare.

-Peter, non hai lezione adesso?

Lui scrollò le spalle e mi strinse di più a se

-Ho giusto il tempo per accompagnarti fino al dormitorio.

Roteai gli occhi.

-Non ce n'è bisogno.

Lui sbuffò divertito.

-Cassie, ripetiamo questa scena ogni santo lunedì. Possibile che tu non l'abbia capito? Io ti accompagno punto e basta.

Feci una faccia scocciata ma poi sorrisi.

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