C.20. Little do you know

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Quando la moto si fermò mi staccai di scatto da Cameron, come se quello che avevo fatto fosse qualcosa di sbagliato.

Ma in fondo era, qualcosa di sbagliato.

Scesi dal sellino lasciando goffamente il casco in mano al ragazzo e attraversai la strada velocemente.

Idiota idiota idiota idiota idiota idiota.

L'ho già detto idiota?

Si, svariate volte.

Beh, sono un'idiota.

Perché lo avevo abbracciato? Perché ero stata così idiota da abbracciarlo?

Quanto la fai lunga... magari non se n'è neppure accorto!

Mi voltai lentamente verso Cameron, ancora fermo dall'altro lato della strada. Teneva il mio casco fra le mani e ci passava lentamente le dita sopra. Il suo sguardo era fisso davanti a sé come se si fosse incantato, le guance erano rosse e sul volto gli si era stampato uno stupido sorrisetto.

Mi voltai di colpo e iniziai a prendermi a schiaffi mentalmente.

Ehm ok... forse se n'è accorto.

TU DICI?

Cercai di regolare il respiro e provai a reprimere nuovamente quella ormai familiare sensazione che mi stringeva lo stomaco.

Ma si può sapere che mi stava succedendo? Avevo mangiato cervo avariato per pranzo?

Alzai il volto e, non appena i miei occhi ricaddero sull'edificio davanti a me, spalancai la bocca sorpresa.

Oh mio Dio ma che figata!

Lo studio di registrazione di Cameron era molto alto, probabilmente era l'edificio più alto della città, e tutte le superfici erano vetrate. Questo permetteva di vederne l'interno, tranne in alcuni punti coperti dall'enorme scritta colorata che si trovava sulla facciata principale dell'edificio.

Stars-Maker Music Company
We don't find singers, we make the future

Ambiziosi i ragazzi.

Senza dare retta alla mia inutile e stupida coscienza entrai nell'edificio, con la vana speranza di allontanarmi il più possibile da Cameron.

COSA HAI DETTO?

Che voglio allontanarmi da Cameron.

No prima!

Ti voglio bene, coscienza.

Fottiti Cassie! Io mi licenzio! Hai capito? ADDIO!

Ti prego non illudermi.

Come entrai nella grande hall la mia bocca si spalancò ancora di più.

Ma cos'era quello, uno studio di registrazione o una sala giochi?

Tutte le pareti erano dipinte di colori diversi ed erano tapezzate da poster e scritte al neon. Al posto delle sedie e dei tavoli si trovavano un sacco di poof colorati dall'aspetto tremendamente morbido. Guardai il fondo della stanza e per poco non urlai quando mi resi conto che, al posto delle scale, c'erano uno scivolo e una pertica.

Ad un tratto una voce familiare mi scosse dai miei pensieri.

-Cassie Smith è fra di noi! Ma quale onore!

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