C.5. Piccole bugie

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LEGGETE LA NOTA AUTRICE
PLEASE

-Ok ragazzi, quindi per oggi la lezione finisce qui. Mi raccomando voglio che vi mettiate a studiare in via degli esami, non ho voglia di bocciare nessuno.

La maggior parte degli studenti si precipitò fuori dalla classe mentre un gruppetto di ragazze si radunò attorno alla cattedra del mio professore. Roteai gli occhi sbuffando.

Oche.

Sistemai i miei appunti nella borsa e iniziai a scendere i gradini che portavano dal posto centrale in cui mi ero seduta all'uscita. Ma, prima di arrivare alla porta, la voce dell'uomo mi richiamò.

-Cassie aspetta, volevo parlarti un attimo...

Le ragazze ancora attorno a lui iniziarono a passare lo sguardo da me a lui confuse per poi lanciarmi un'occhiataccia e uscire dalla classe sculettando.

Dio mio, ma quanto si può cadere in basso?

A quanto pare tutte le ragazze del mio corso erano innamorate del professor Miller. Credo che lui fosse il motivo reale per cui la maggior parte di loro avesse scelto giornalismo.
Certo, il professor Miller era sicuramente un uomo affascinante, con quegli occhi enigmatici e il sorriso rassicurante, ma io personalmente non riuscivo a vederlo se non come un professore. Anzi, molto spesso parlare con lui era come parlare con un amico, forse grazie anche ai pochi anni di differenza che ci sparavano.
Mi avvicinai alla cattedra sorridendo aducatamente all'uomo. Lui mi porse una cartelletta rossa e tornò a sistemare degli appunti sulla cattedra.

-Che cos'è?- domandai osservando la cartelletta.

-Il contratto di riservatezza.- rispose senza neanche alzare lo sguardo.

-Ovvero?- domandai confusa.

Lui sospirò e, finalmente, si decise a fermarsi.

-Cameron vuole che tu lo firmi.

Corrugai la fronte.

-E perché?

Lui sospirò.

-Mi hai detto che vi conoscevate già, giusto? Io credo che ci siano cose che tu sai e che lui non vuole che tu racconti in giro.

Ripensai all'estate che avevamo trascorso insieme, a tutti i segreti che mi aveva rivelato, alla storia fra lui e sua sorella. Era questo che non voleva che dicessi? Improvvisamente sentii un forte senso di rabbia crescermi dentro.
Dopo tutto quello che avevamo passato, dopo tutte le cose che ci eravamo detti, lui non si fidava di me. Semmai doveva essere il contrario! Ero io a dover essere restia a fidarmi di lui!

Il mio professore, vedendomi così turbata, si avvicinò a me e mi mise una mano sulla spalla.

-Ricordi cosa abbiamo detto sull'essere oggettivi?

Annuii poco convinta. Lui fece un sorriso premuroso, per poi allontanarsi da me e dare un'occhiata all'orologio appeso sulla parete.

-Credo che tu debba andare, adesso. Cameron non ti sta aspettando?

Annuii scocciata e uscii dalla classe, facendo un gesto con la mano all'uomo. Uscii dalla facoltà cercando di non pensare a quello stupido contratto di riservatezza con il quale Cameron, indirettamente, mi aveva fatto capire di non fidarsi di me.
Certo, perché siamo tutti bravi a parlare ma alla fine delle parole non se fa niente nessuno.
Probabilmente lui non aveva mai provato dei sentimenti forti come i miei, altrimenti le cose non sarebbero andate a finire così.

-Ehi principessa...

A quel nomignolo mi sentii rabbrividire. Da quant'è che non sentivo quel nomignolo? Troppo, troppo tempo.

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