C.2. Decisioni, decisioni, decisioni!

4.9K 214 72
                                    

-Mi dispiace signor Miller ma io... io non posso farlo.

Con le mani ancora che tremavano afferrai la mia borsa e mi avvicinai goffamente all'uscita. Tutto il mio corpo mostrava i segni evidenti del mio nervosismo, dalla mia voce balbettante alle labbra tremolanti. Poggiai la mano sulla maniglia della porta ma le mie dita non riuscivano ad abbassarla. Ero come pietrificata.

-Cassie aspetta...

Le mani forti del professore si posarono sulle mie spalle, obbligandomi a voltarmi. Mi guardò con occhi rassicuranti e mi fece segno di sedermi nuovamente sulla sedia. E io, seppur ogni cellula del mio cervello mi gridasse di scappare, feci come richiesto.

-Puoi dirmi che succede?- chiese usando un tono estremamente gentile.

Cosa dovevo fare? Raccontargli tutta la verità?

-Bhe ecco...

Ok, magari non tutta.

-Cameron e io veniamo dalla stessa città. Diciamo che non abbiamo mai avuto un rapporto di amicizia.

Mi morsi la lingua quando le immagini di quell'estate cominciarono a scorrere nella mia testa. Le prime litigate, la rabbia, l'odio, ma anche i baci, le risate, il suo profumo...
No, di certo non eravamo mai stati amici.
L'uomo sospirò e mi guardò comprensivo.

-Cassie, tu vuoi fare la giornalista. Vero?

Io annuii e lui sorrise lievemente.

-Oltre al fatto che questo lavoro ti aprirebbe molte porte in questo campo, capiterà che non sempre potrai fare lavori con persone che ti stanno simpatiche. È questa la parte difficile: devi riuscire ad analizzare la situazione in maniera completamente oggettiva, lasciando da parte i sentimenti. Ma io credo che tu sia altamente in grado, o mi sbaglio?

Abbassai la testa e annuii lievemente. Con la coda dell'occhio riuscii a vedere un sorriso formarsi sulla bocca del mio insegnate. Si alzò dalla sedia porgendomi i fogli.

-Perfetto, oggi stesso manderò una mail alla SMC dicendogli che accetti il lavoro.

Afferrai le carte e, dopo un cenno con il capo all'uomo, uscii dalla stanza. Attraversai i corridoi cercando di trattenere le lacrime, ma sapevo che non avrei resistito a lungo. Avevo bisogno di sfogarmi, e c'era una sola persona in grado di ascoltarmi.

***

-Io non posso farcela.

Mi buttai a peso morto sul letto sotto lo sguardo divertito del ragazzo. Lui si sistemò una ciocca bionda ribelle con la mano, per poi buttarsi accanto a me.

-Io dico che puoi.

Sorrisi e gli tirai un cuscino in testa.

-Tu non capisci, Peter. Ci ho messo due dannatissimi mesi per dimenticarmi di lui e andare avanti e adesso lo vedo piombare nuovamente nella mia vita come un facocero inferocito!

Lui ridacchiò.

-Un facocero? Tipo Pumba de "Il re leone"?

Gli lanciai un'occhiataccia.

-Sono seria.

Lui strinse le labbra e annuii comprensivo. Rimanemmo in silenzio per un paio di secondi, poi lui mi prese la mano e iniziò ad osservare le nostre dite intrecciate insieme.

Ti ricordi di noi?Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora