C.44. Nulla ha più importanza

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Profumo.

Nell'appartamento di Cameron c'era un buon profumo.

Ma il problema non era se il profumo fosse buono o meno, il problema era che quel profumo non era di Cameron e, certamente, non era il mio.

Quindi, domanda ovvia: di chi era quel profumo?

Poggiai bruscamente le chiavi nel cestino accanto alla porta e lanciai lo zaino sul divano, guardandomi attorno con fare inquisitore.

Il profumo era sparso per tutta la stanza. Era dolce, come di rose, e non particolarmente forte. Eppure entrava in completo contrasto con l'odore normalmente acre della casa.

La TV era in stand-by, questo vuol dire che qualcuno l'aveva usata recentemente. A conferma di ciò sul divano era poggiata una coperta tutta stropicciata e, sul tavolino, c'era una ciotola con ancora qualche popcorn dentro.

Mi avvicinai al corridoio delle camere, sempre più curiosa, e notai che l'unica porta aperta era quella che dava sulla seconda stanza degli ospiti. Deglutii rumorosamente e, anche se esitante, mi avvicinai. Sentivo una sorta di ansia crescermi nello stomaco, come se conoscessi già quello che ci avrei trovato dentro. Con tutta la forza del mio repertorio poggiai una mano sulla maniglia e, lentamente, spinsi la porta. Quella si aprì con un cigolio, come se l'atmosfera non mi mettesse già abbastanza in ansia di per se.

L'intensità delle luci era stata abbassata e qualcuno aveva disposto una serie di candele su tutti i mobili di legno. Cercai di passare sopra al fatto che la casa avrebbe potuto tranquillamente prendere fuoco e mi concentrai sul letto.

Le lenzuola erano tutte aggrovigliate, stropicciate. Mi avvicinai lentamente al comodino e accesi l'abajour. Solo in quel momento mi resi conto che, proprio accanto al cuscino, c'era un pezzo di plastica argentato. Mi avvicinai di più per capire cosa fosse e per poco non sentii un conato di vomito salirmi lungo l'esofago.

Un preservativo.

Usato.

Uscii dalla stanza di corsa, sapendo che se ci fossi rimasta un secondo di più avrei dato di stomaco. Corsi in bagno e mi poggiai con entrambe le mani sul lavandino, cercando inutilmente di regolare il respiro e trattenendo a stento le lacrime.

Cameron aveva fatto sesso con un'altra ragazza. A meno di ventiquattr'ore dal dicorso "ti prego, dammi un'altra possibilità" con tanto di bacio compreso di fuochi d'artificio, lui aveva fatto sesso con un'altra.

Come potevo aver creduto anche per un singolo secondo che lui fosse veramente dispiaciuto? Come potevo aver creduto a quel ragazzo che solo tre mesi prima si era preso la mia innocenza per poi sbattermi via il giorno dopo?

Ero stata una stupida, una stupida cretina!

Uscii dal bagno e attraversai il corridoio fino alla mia stanza. Presi la mia valigia e la riempii con tutte le poche cose che avevo portato con me, lasciando che lentamente la rabbia prendesse posto alla tristezza.

Quel ragazzo aveva seri problemi di bipolarismo e incoerenza! Ed io ero una stupida. L'avevo addirittura baciato, gli avevo concesso quel contatto apparentemente insignificante ma che in realtà voleva comunicare molto di più. Cameron lo sapeva, lui mi conosceva. Sapeva che non me ne andavo in giro a infilare la lingua in bocca alla gente a caso e se avevo deciso di baciarlo era perché sentivo che era giusto così.

Ma ora...

Uscii dalla camera sbattendo la porta. Arrivai fino al salotto come una furia, ma qualcosa mi bloccò. Volevo veramente andarmene via così?

Era da quando lo conoscevo che non facevo altro che scappare. Ero stufa di farmi ferire e di fargliela passare liscia.

Mi guardai attorno e, d'istinto, afferrai la prima cosa che mi trovai accanto. Presi un vaso di ceramica e, con tutta la forza che avevo in corpo, lo scagliai contro il muro.

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