C.49. Ricorda di fare attenzione all'ombra

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Vi prego di leggere la nota autrice a fondo capitolo! Se non ricordate qualcosa dei capitoli precedenti chiedete pure, sarò felice di farvi un riassunto. E scusate davvero per questo ritardo!

-Ma sei sicuro?

Nash alzò gli occhi al cielo esasperato.

-Si Cassie, sono abbastanza sicuro che il mio ragazzo sia Jason.

-Ma Jason Miller?

-Si, te l'ho già detto.

-Ma quel Jason Miller? Quello figo per cui tutte le ragazze del campus hanno una cotta? Quello che mi ha spinta a lavorare con Cameron? Il mio Jason Miller?

Il ragazzo mi lanciò un'occhiataccia.

-Ehi, mettiamo in chiaro una cosa. Quello è il mio Jason Miller.

Aww ma che carino, fa il geloso.

Coscienza, non è il momento.

-Come... cosa... dove... quando... perché...- mormorai confusa.

Lui sospirò e si sedette sul bordo del materasso.

-Ricordi quando quest'estate sono stato via una settimana per andare alla NYU a fare lo stage?

Io ci riflettei un secondo, ma poi annuii. Era proprio la settimana in cui io e Cameron ci eravamo messi insieme, quando avevo passato sette giorni d'inferno a cercare di trovare un modo per dirlo al mio migliore amico. Poi lui era tornato, mi aveva baciata, aveva fatto coming out e tutti vissero felici e contenti.

No aspetta, sono fuori tema.

-Ecco. Quella settimana ho passato molto tempo con i ragazzi di alcune confraternite e, fra di loro, c'era anche Jason. Si è diplomato l'anno scorso proprio alla NYU e ha passato l'estate al campus per prepararsi a quest'anno. Ha avuto una lettera di raccomandazione da tutti i suoi professori, compreso il preside, e quindi è stato assunto subito qui come insegnante. Sai, non per vantarmi ma il mio ragazzo è una specie di prodigio.

-Nash, concentrati- lo richiami divertita.

Lui annuì nervosamente.

-Si, scusa. Allora, stavo dicendo... Quei sette giorni ho passato molto tempo con lui. La sera uscivamo sempre a bere qualcosa e, se gli altri non avevano voglia, andavamo solo noi due. Restavamo in piedi tutta la notte, a volte senza neanche rendercene conto, a parlare di cose senza senso e ridendo un sacco. Sentivo che mi stavo affezionando tanto a lui, ma non pensavo... in quel senso. Sai, allora non avevo capito di essere gay. Poi una sera eravamo entrambi ubriachi fradici e lui mi ha rivelato di non essere etero. Mi ha raccontato tutta la sua storia e io l'ho ascoltato pazientemente, in silenzio. Ricordo il cielo stellato sopra di noi e l'erba del prato su cui eravamo sdraiati. Credo che sia stato quello il momento in cui ho iniziato ad amarlo davvero, anche se ancora non me n'ero reso conto. Fatto sta che il giorno dopo sono partito, senza neanche salutarlo. Ora, ripensandoci bene, credo di essere scappato. Forse avevo paura, paura di quello che il mio cuore provava quando stavo con lui o quando le nostre mani si sfioravano. Così sono venuto da te e il resto lo sai già.

-Poi che è successo?- chiese Clover sempre più curiosa.

Nash iniziò a giocherellare nervosamente con le dita.

-È successo che a settembre sono tornato. Ero terrorizzato dall'idea di rivederlo e, al contempo, elettrizzato. Ora che avevo finalmente preso coscienza dei miei sentimenti sapevo che quello che provavo per Jason non era semplice amicizia. Volevo dirgli che era anche grazie a lui se avevo trovato la mia strada e, se mi avesse dato una possibilità, mi sarebbe piaciuto iniziare quel cammino con lui.

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