C.54. Verità: un'altra prospettiva

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Mantenere la calma. Questa è la cosa importante. Quando si litiga, quando si riceve una brutta notizia, quando se ne riceve una bella... l'importante, in ogni situazione, è mantenere la calma.

Questo vale per tutti, in ogni momento... a meno che tu non ti chiami Cassie Smith e non abbia appena scoperto che negli ultimi mesi hai vissuto una completa bugia.

Quindi si, in quel caso è lecito perdere la calma.

Spalancai di colpo il portone del dormitorio maschile, facendo venire un colpo ad un ragazzo poggiato contro la parete interna dell'edificio.

-Ehi! Le ragazze non sono ammesse a quest'ora!- esclamò con le guance in fiamme.

Oh andiamo, cosa siamo? Nel medioevo?

Lo ignorai e continuai a marciare spedita verso la mia ambita destinazione.

Nei trentasei minuti di viaggio che c'erano voluti per arrivare dal bosco al campus, avevo stipulato una lista di cose da fare per mettere fine a tutta quella storia. Più della metà implicavano una possibile condanna penale, un terzo una condanna civile e, fra quelle che mi rimanevano, solo una era fattibile a quell'ora di notte: spaccare la faccia di Peter.

Okay, forse non proprio in maniera così diretta. Prima gli avrei parlato, cercando di capire cosa diamine gli fosse passato per quella sua testolina riccioluta. Solo allora, dopo aver ricevuto delle risposte soddisfacenti, lo avrei preso a pedate.

Non ero una sprovveduta, non come a molti piaceva credere. Ero consapevole del fatto che Peter non fosse la persona che avevo creduto fino a quel momento e, sebbene facessi ancora fatica ad immaginarlo in uno scenario più violento di quella volta in cui aveva ucciso una zanzara con la testa, sapevo di dover stare attenta.

Ovviamente Cameron non lo sapeva. Avevo usato la scusa di aver bisogno di scandirmi un po' le idee e di voler fare e una passeggiata da sola. Il fatto che quella passeggiata mi avesse portata fino alla fermata dell'autobus e, in seguito, al campus... era un'altra storia.

Con passi veloci arrivai fino alla porta della stanza di Peter. Bussai violentemente, per essere sicura di svegliarlo. Aspettai pazientemente e silenziosamente—qualcosa come mezzo secondo—prima di bussare di nuovo, questa volta più forte.

Ero disposta anche a buttare giù la porta, se ce ne fosse stato bisogno.

Mi sentivo agitata, lo ammetto. Ma avevo bisogno di sapere la verità e, sebbene fossi già a conoscenza di come fossero andate le cose, volevo che quel verme trovasse il coraggio di dirmelo in faccia. Forse una parte di me, nei meandri del mio cervello, sperava che Peter avrebbe smentito ogni cosa. Che sarebbe riuscito a darmi una spiegazione plausibile, dimostrando così che io non ero una completa idiota sprovveduta che si fa abbindolare da gente poco raccomandabile.

Quando la porta si aprì, il viso assonnato del ragazzo comparve davanti a me. Mi scrutò per alcuni secondi, forse cercando di connettere le sinapsi del suo cervello, e, non appena mi riconobbe, spalancò gli occhi.

-C-Cassie! Cosa... cosa ci fai, qui?- chiese nervosamente.

Io feci un passo indietro, per dargli modo di uscire dalla stanza.

-Dobbiamo parlare.- dissi con voce flebile, cercando di non far trapelare dal mio tono la voglia che avevo di prenderlo a schiaffi.

Era veramente colpa sua? Era per lui se fra me e Cameron era andata in quel modo? Ancora non me ne capacitavo.

Il mio ex amico esitò un attimo, ma alla fine si arrese e mi raggiunse fuori dalla stanza. Strinse le braccia al petto con fare impacciato e iniziò a guardarsi attorno nervosamente, forse aspettando che io dicessi qualcosa.

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