Cinque anni dopo...
Quel giorno, tutto era bianco.
I fiori, le decorazioni, le luci.
Tutto era stato appositamente scelto di una tonalità opaca e candida.
Seduta li, nella stanza che era stata riservata per me, continuavo ad osservare con aria sognante l'abito bianco che tenevo fra le mani. Il corpetto in pizzo, la gonna di tulle, il velo di raso contornato da roselline bianche...
La vestaglia che indossavo, invece, era rossa. Avevo ancora tempo per cambiarmi, avevo ancora qualche minuto per abituarmi all'idea di ciò che stava per accadere.
Alzai lo sguardo sullo specchio di fronte a me.
I capelli castani mi ricadevano perfettamente ondulati sulle spalle. La parrucchiera ci aveva impiegato molto tempo per domare la mia chioma ribelle. Gli occhi chiari, invece, erano contornati da una leggera linea di eyeliner, mentre sulla palpebra era stato applicato un leggero ombretto color pesca, abbinato al rossetto.
Quel giorno mi sentivo davvero bella.
Poi, ad un tratto, la porta della camera si spalancò di colpo, interrompendo quell'attimo di tranquillità che si era creato. Riley comparve sulla soglia con il fiatone, come se avesse appena corso.
Indossava già l'abito da damigella. Un vestito rosato che le ricadeva morbido lungo i fianchi, mentre il corpetto aderente le fasciava il busto alla perfezione. I capelli biondi erano raccolti in uno chignon disordinato, che le dava un'aria quasi più... matura.
Per un secondo rividi quella buffa ragazzina con i capelli arruffati e gli occhiali enormi che avevo incontrato per la prima volta anni prima in un parco, e non potei fare a meno di chiedermi dove fosse finita.
Poi lei mi afferrò per un braccio e mi strattonò di peso, dandomi una risposta: era sempre li.
«Muoviti, abbiamo un problema.» ordinò.
Io la seguii confusa, ma lei mi fermò subito.
«Il vestito! Porta il vestito!»
La guardai sconcertata ma, senza ribattere, afferrai l'abito. Iniziai a seguirla lungo il corridoio, facendo attenzione a non far scivolare il lungo strascico di raso a terra.
Svoltammo un paio di volte e, finalmente, ci fermammo davanti ad una porta. Riley la spalancò e, non appena vidi la scena che si stava svolgendo all'interno, non potei fare a meno di spalancare gli occhi sorpresa.
Clover, con degli enormi bigodini in testa, delle pantofole a forma di alpaca e una vestaglia rosa, intenta a infilare una montagna di vestiti dentro ad una valigia.
La scena sarebbe stata esilarante se, al tempo stesso, non fosse stata dannatamente tragica.
«Che diavolo stai facendo?!» esclamai.
Poggiai delicatamente l'abito su una sedia e mi fiondai su di lei, cercando di bloccarle le braccia. La ragazza cercò di dimenarsi ma, grazie all'aiuto dell'altra mia amica, riuscimmo ad immobilizzarla.
«Me ne vado, ecco cosa faccio! Addio! Tanti saluti! Vado a vivere in Guatemala!» rispose con una risata isterica.
Io guardai Riley che, d'altra parte, ricambiava lo sguardo sconsolata.
«E' un'ora che va avanti così.» sussurrò.
Io sospirai e, cercando di non fare movimenti bruschi, feci sedere la mia amica sulla sedia posta davanti allo specchio.
«Clover... qual è il problema?» chiesi cercando di usare il tono più pacato del mio repertorio.
Lei evitò il mio sguardo, torturandosi nervosamente le unghie con i denti.
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Ti ricordi di noi?
Teen FictionSequel di "Quello che non ti ho detto di noi." Dopo alcuni mesi dalla fine dell'estate Cassie sta cercando in tutti i modi di lasciarsi Cameron alle spalle. Sta cercando di godersi l'arrivo al college nel miglior modo possibile. E, in un modo o nell...