C.21. Don't cry

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Le lacrime gonfiavano i miei occhi e io non ero in grado di rimandarle indietro.
Sentivo le urla e i singhiozzi riempirmi la gola, ma io mi ostinavo a premere la mano contro la bocca per evitare di farle uscire.
Non dovevo piangere, lo avevo promesso.
Mai più piangere per lui.
Erano passate due settimane dalla mia partenza da Chino Hills, perché lo avevo sognato proprio ora?
Ad un tratto il respiro iniziò a mancarmi. Dovevo aprire la bocca per respirare, ma se l'avessi fatto sarei sicuramente scoppiata a piangere.
Ma non dovevo piangere, lo avevo promesso.
La cosa iniziò a sfuggirmi di mano e i polmoni cominciarono a bruciare. Mi alzai dal letto di scatto provando a riprendere finalmente fiato, ma il mio respiro era sempre più irregolare.
No, una crisi di panico no.
Sentii le gambe iniziare a tremarmi, così feci la prima cosa che mi venne in mente.
-Pronto biondina? Sei tu?
La voce assonnata del ragazzo mi rimbombò nelle orecchie come un eco lontano.
-P-Peter...
Il cellulare tremava nella mia mano e a fatica riuscii a biascicare il suo nome.
Ma non dovevo dire altro. Lui aveva messo giù e io sapevo che presto sarebbe venuto da me.

-Cassie apri questa porta!
A fatica mi alzai dal pavimento e strisciai fino all'ingresso. Sentivo il respiro sempre più pesante e presto sarei rimasta a corto di fiato.
-Cosa sta succedendo?- esclamò Peter non appena mi vide.
Non risposi, non riuscivo.
Il ragazzo si accovacciò a terra accanto a me e prese le mie mani fra le sue cercando di calmarmi.
-Cassie respira, stai tranquilla, guarda me, concentrati su di me.
Feci come richiesto e mi concentrai sui suoi occhi.
Ma quelli non erano i suoi.
Dov'erano quelle pozze smeraldo che avevo imparato a conoscere nelle ultime due settimane? Di chi erano quelle perle nocciola davanti a me?
Ma chi voglio prendere in giro, sapevo benissimo di chi fossero.
-C-Cameron...- balbettai.
Peter mi fece cenno di stare zitta e mi trascinò fra le sue braccia. Iniziò a cullarmi passando le dita fra i miei capelli, sussurrandomi alle orecchie delle parole gentili.
Ma io non lo ascoltavo, ero troppo impegnata a cercare di non farmi risucchiare dal buco che Cameron aveva aperto dentro di me.
Non piangere Cassie, non piangere.
Non piangere Cassie, non piangere.
Non piangere Cassie, non piangere...

Non piangere Cassie, non piangere.
Mi afferrai la testa fra le mani e iniziai a tirarmi leggermente i capelli in un gesto quasi disperato.
Non dovevo piangere, per quale motivo avrei dovuto?
Cameron mi aveva lasciata dicendo che non gli importava più niente di me e io me n'ero fatta una ragione, quella canzone non cambiava niente.
Erano passati più di venti minuti da quando ero scappata dall'aula di registrazione quasi al limite del pianto. Probabilmente mi stavano cercando, o forse a nessuno fregava niente della povera ragazzina col cuore spezzato.

-Fanculo.- borbottai cercando di regolare il respiro.

Dopo quella notte con Peter avevo imparato a prevenire le crisi di panico. Ogni volta che le sentivo arrivare mi bastava mettermi a contare fino a quando il respiro si calmava da solo.
Mi guardai attorno e presi un respiro profondo.

Uno.

Le immagini del mio primo incontro con Cameron iniziarono a farsi largo nella mia testa.

Due.

Le ragazze con i capelli rossi. Prima Ruby, poi quella della festa a Hollywood e infine Alex.

Tre.

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