C.9. Gente strana

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Corsi giù dalle scale il più velocemente possibile e per poco non rischiai di inciampare. Non appena fui fuori dall'edificio mi gettai fra le braccia del ragazzo che era appena sceso dalla moto nera parcheggiata accanto a lui.

-Nash sei un idiota!- esclamai ridendo.

Lui mi strinse forte e rise con me.

-Sorpresa!- esclamò poggiando il casco sul sellino della moto.

Mi staccai da lui e gli tirai un pugno sul braccio.

-Si può sapere che diamine ci fai qui?- domandai ancora sconvolta.

Lui scrollò le spalle.

-Mi mancavate.

Io incrociai le braccia al petto con fare severo.

-Quanto starai?- domandai con un sopracciglio alzato.

-Quanto voglio.

-E con le lezioni come farai?

Lui roteò gli occhi divertito.

-Sta mattina ho dato l'ultimo esame, dovrei essere a posto per un paio di mesi. E poi mi sono organizzato con alcuni miei compagni di corso che mi invieranno tutti gli appunti.

-E dove dormirai?

Lui si grattò la nuca ridacchiando.

-Ah si, a proposito di questo. Mi stavo chiedendo... non è che potresti prestarmi il tuo divano?

Sbuffai facendo una finta faccia scocciata ma, a dirla tutta, l'idea di avere il mio migliore amico sempre a portata di mano non mi dispiaceva per niente.

-Però rimani un idiota.

Lui sorrise e mi strinse forte, rischiando di farmi cadere.

-Ti adoro! Sei la migliore!

Io ridacchiai e gli feci cenno di seguirmi.

Si, riparliamone quando dovrai sorbirti tutti i racconti sulla mia vita incasinata.

***

Quella mattina feci il possibile per prestare attenzione alla lezione, ma i miei occhi cercavano di chiudersi in tutti i modi possibili.

La sera prima io e Nash eravamo rimasti svegli fino a tardi a chiacchierare e io gli avevo raccontato tutto quello che era successo mentre non c'era.

Lui mi aveva ascoltato prestando sempre la massima attenzione, ma la parte che sembrava averlo interessato di più era quella riguardante il ritorno di Cameron.

Avevo quasi avuto l'impressione che fosse sconvolto dalle cose che gli avevo raccontato, come se desse per scontato che io e lui ci saremmo comportati come un tempo.

Povero illuso.

Con la coda dell'occhio notai che tutti gli altri ragazzi attorno a me si stavano alzando, così ne dedussi che la lezione era finita. Raccolsi le mie cose e iniziai a scendere gli scalini che portavano all'uscita dell'aula ma, prima che potessi mettere un piede fuori, la voce del professore mi richiamò.
Scocciata mi avvicinai alla cattedra e l'uomo mi sorrise gentilmente come al solito.

-Si, signor Miller?- chiesi educatamente.

Lui mi osservò per un paio di secondi, per poi tornare a sistemare le cartelle sulla scrivania.

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