C.51. Non c'è più tempo

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Troppe cose stavano accadendo troppo velocemente.

Nash, il professor Miller, Cameron, Sasha, Peter...

Era estenuante per il mio povero cervello. Come ho già detto, troppo e troppo in fretta.

Solo sei mesi prima ero una semplice adolescente spensierata, e tutto ciò di cui mi preoccupavo era andare a lavorare da mio zio per mettere da parte i soldi del college.

Mentre ora me ne stavo seduta su una panchina del parco, con le guance ancora umide e un misterioso indirizzo scritto sulla carta di una caramella fra le mani. Sembravo appena uscita da un romanzo di Sara Dardikh.

La domanda che mi frullava per la testa era sempre la stessa: cosa diamine dovrei fare?

Per la prima volta nella mia vita mi ritrovavo senza uno straccio di piano. Perfino quando tre mesi prima avevo rotto con Cameron avevo trovato subito una soluzione al problema. Ma ora non avevo un posto dove scappare, nessuno con cui parlare o confrontarmi, nessuna spalla su cui piangere.

Quanto avrei voluto potermi sfogare con Clover, Riley, Nash, Dylan, Hunter o perfino con Alex.

Ma come potevo coinvolgerli e metterli in pericolo? James non sembrava certo uno con cui scherzare e, anche se non l'aveva detto in maniera troppo esplicita, aveva lasciato capire chiaramente che avrei dovuto tenere la bocca chiusa.

E poi c'era la questione Sasha.

Era come un campo minato, qualunque cosa avessi fatto mi si sarebbe ritorta contro. Se l'avessi detto a Cameron l'avrei distrutto, ma avevo come il presentimento che lei avesse tutte le intenzioni di organizzare una rimpatriata. Non potevo neanche chiedere un consiglio agli altri, perché facendolo li avrei costretti a mentire a loro volta.

Cosa diamine avrei dovuto fare?

Ti stai facendo la domanda sbagliata.

Ti prego, non mettertici anche tu. Un'altra conversazione con la mia coscienza come una malata mentale non aiuterebbe affatto.

Dico sul serio, prova a vederla da una prospettiva diversa.

Ovvero?

Perché al posto di chiederti cosa dovresti fare, non inizi a pensare a ciò che vorresti fare?

Iniziai a rifletterci su. Abbassai lo sguardo sul pezzetto dj carta ancora stretto fra le mie mani e strinsi le labbra.

Forse non era una buona idea, ma era comunque un inizio.

***

Scoprii ben presto che Avery Street era esattamente dall'altro lato della città. Quando l'autobus si fermò davanti ad una vecchia stazione mezza abbandonata e io scesi, il sole era ormai sceso verso la linea dell'orizzonte.

Iniziai a camminare lungo la strada deserta, superando uno ad uno una serie di capannoni ormai dismessi.

Aveva tutta l'aria di essere una zona industriale ormai abbandonata, e quel pensiero mi fece rabbrividire.

Ricorda di fare attenzione all'ombra...

Dovevo assolutamente raggiungere la mia destinazione prima che il sole tramontasse totalmente.

Iniziai ad aumentare il passo, facendo scorrere velocemente lo sguardo fra i numeri civici affissi sulle mura piene di graffiti.

Sei... cinque... quattro... tre...

E poi eccolo lì, il numero due.

Presi un respiro profondo e attraversai il vialetto sterrato che collegava l'entrata dell'edificio alla strada.

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