trentanove

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«Pigrona, alzati da quel letto.» grida Miriam.

La guardo male, ma lei sembra non recepire il messaggio o forse lo fa apposta, in tal caso la mia voglia di ucciderla sarebbe raddoppiata.

«Dai!» continua a gridare.

So che da questa serata non ne uscirà fuori nulla di buono.

Dopo che Peter ha deciso di farmi andare in tilt il cervello siamo scesi a cenare, loro ridevano e scherzavano mentre io non ho fiatato.

Tornate in camera mi sono buttata sul materasso sul quale sono ancora distesa senza alcuna intenzione di passare la serata a vedere un film che mi farà deprimere ancora di più.

«Ti ho detto di no.» dico sbuffando e coprendomi la faccia con il cuscino.

«Non mi interessa, è mio compito non farti deprimere.» dice saltando sul letto e mettendosi a cavalcioni su di me buttando via il cuscino.

Adesso la strozzo.

«Grazie dell'interesse, ma-» dico prima di non riuscire più a parlare visto che la ragazza su di me ha iniziato a farmi il solletico.

Rido e non riesco a fermarmi, è fastidioso e cerco in tutti i modi di dimenarmi mentre continuo a ridere contro la mia volontà.

È ufficiale, la ammazzo.

«Smettila.» sussurro tra una risata e l'altra, ma sembra non mi voglia dare retta.

«Ti alzi dal letto?» domanda.

Annuisco mentre continuo a contorcermi ridendo.

«Prometti di non rimanere muta tutto il tempo?» domanda senza smettere di farmi il solletico.

Annuisco di nuovo sperando che questa tortura finisca presto.

«Cercherai di non pensare a Jordan?» domanda.

Annuisco di nuovo mentre mi dimeno sul letto.

Smette di farmi il solletico ed io riesco finalmente a ricominciare a respirare in modo regolare e ad avere il controllo del mio corpo.

Odio il solletico, per me è davvero una tortura.

«Vai a vestirti, Peter sarà qui a momenti.» dice in tono autoritario.

Sorrido per lo sforzo che sta facendo per me e mi alzo dal letto iniziando a preparami.

Indosso un paio di jeans strappati con sotto delle calze a rete nere e una maglietta corta nera semplicissima.

Mi guardo allo specchio, ho una faccia orribile, cerco di spazzolare i capelli per sistemarli meglio possibile e metto un po' di mascara. Non ho voglia di truccarmi pesantemente.

Mi siedo sul divano vicino a Serena, Miriam si sta ancora sistemando.

«Come stai?» domanda quasi in un sussurro sicuramente per non farsi sentire da Miriam che ha espressamente vietato di cacciare fuori l'argomento Jordan.

«Non bene.» dico cercando di accennare un sorriso, ma risulta più come una smorfia di dolore. «Ho paura che sia successo qualcosa.»

«Tranquilla, quando torneremo a Miami ti darà una giusta spiegazione.» dice abbracciandomi.

«Lo spero.» le sussurro all'orecchio mentre mi godo il suo abbraccio, ho davvero bisogno di affetto in questo momento e non so davvero come avrei superato tutto questo senza le mie due amiche.

Ho paura di poter crollare da un momento all'altro e penso che a quel punto nessuno sarebbe più capace di ricomporre i pezzi.

Qualcuno bussa alla porta e Serena mi guarda con un sorriso malizioso allontanando il suo corpo dal mio.

Peter.

Alzo gli occhi al cielo e vado ad aprire la porta, davanti a me vedo il bel ragazzo dai capelli rossi. Indossa un paio di jeans neri e una canotta sportiva bianca fascia perfettamente sul suo corpo, lasciando intravedere parecchi particolari.

«Ciao, Peter.» dico cercando di non balbettare.

È davvero un bel ragazzo ed ha un bel carattere, è assurdo che a scuola non ci sia la fila di ragazze che gli sbavi dietro.

È proprio vero che per quelle galline conta solo la notorietà.

«Ciao, Gracel.» dice sorridendo. «Sei bellissima.» dice continuando a fissarmi.

Arrossisco per il complimento.

I love you more than my MarlboroDove le storie prendono vita. Scoprilo ora