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10 aprile 2015

Giody mi sta assillando da quattro giorni di dirle dove ho dormito. Come immaginavo non si è bevuta il messaggio che le ha scritto Nicholas con il mio telefono. Cerco di stare meno possibile a casa per evitare qualche interrogatorio inaspettato dalla mia coinquilina.
Per quanto riguarda Nicholas non lo vedo da quel giorno e non ci siamo nemmeno sentiti. Con le luci dell'alba sono sgattaiolata via da casa sua lasciando un piccolo post-it sul frigo con scritto "grazie". I sensi di colpa hanno preso possesso di me nello stesso istante in cui ho aperto gli occhi e non mi hanno più abbandonata. La foto sullo schermo del mio telefono ha reso tutto peggiore. Avere costantemente gli occhi di lui puntati addosso non ha fatto altro che farmi sentire sbagliata. Ho "parlato" più con lui che con chiunque altro ultimamente. Da quando Micheal è tornato qui gli incubi sono diventati sempre più frequenti al punto che le ore di sonno si sono ridotte drasticamente. Le occhiaie sotto ai miei occhi sono violacee, quasi tendenti al nero e l'appetito sembra non voler tornare. Quando sono davanti allo stupido specchio di camera mia vedo solo il fantasma della vecchia Cloe.
Infilo le cuffie nel telefono ed esco di casa, senza una meta precisa.
La mia testa é un uragano di pensieri e mi ritrovo inconsciamente davanti a casa del mio grande amore. Non vedo luci accese, l'erba del bellissimo giardino cresce incolta e non é più stata curata da parecchio tempo. Sembra che la casa sia circondata dal buio e che non ci sia più alcuna luce in grado di illuminarla. Katarina e Paul, i suoi genitori, si sono totalmente abbandonati al dolore al punto da aver tagliato i rapporti con quasi tutti quelli del posto. Mi é capitato di incrociare sua mamma per strada alcune volte e il suo sguardo ogni volta mi ha incenerita, tramortita e spezzata ancora più. Suo papà invece non ho più avuto modo di vederlo, si è rintanato in casa per un lungo periodo e poi è diventato l'ombra di sua moglie.
La pioggerellina cade leggera su di me, sulla casa e tutto ciò che ci circonda. É fresca e fine. La sua finestra affaccia sullo steccato che separa la loro casa da quella dei vicini. Le tapparelle sono completamente abbassate fin dalla prima volta che sono venuta qua, dopo ciò che è successo. So per certo che non sono mai più state aperte e che dentro quella stanza tutto é rimasto esattamente com'era. I suoi trofei sugli scaffali, le foto di quando era più piccolo insieme ai suoi amici di infanzia e quella maledetta brochure della UCLA appoggiata sul comodino vicino al letto. I suoi sogni si sono spezzati insieme alla sua vita.
La pioggia si è fatta più intensa ed i capelli sono grondanti di acqua, come i miei vestiti. Nonostante questo comincio a camminare di nuovo, senza meta e totalmente rapita dai miei demoni.
"Cloe", mi sento richiamare e volto la testa in direzione della BMW nera che sta andando a passo d'uomo di fianco a me.
"Dimmi Micheal"
"Sei fradicia"
"Lo so. Perché sei qui?"
"Non riuscivo a stare a casa ed ho deciso di fare un giro"
"Ok"
"Dai sali"
"No, grazie"
"Per favore... Così ti ammali e poi domani non potrai andare a lavorare e dovrai stare a casa", dannato Mike mi conosce troppo bene e sa che stare a casa sarebbe una condanna per me.
Mi guardo intorno e cerco di capire dove sono esattamente, valutando così quanto mi convenga accettare la sua nobile offerta. Sono decisamente lontana da casa mia e solo ora mi rendo conto di stare tremando come un pulcino. Sospiro e apro la portiera.
"Potrei rovinarti la tua costosissima macchina"
"Non mi importa niente di questa dannata macchina"
Entro lentamente e mi siedo più vicino possibile alla portiera affianco a me. Subito l'aria calda mi colpisce, ma non riesce a sconfiggere il freddo che si è insinuato fin dentro alle mie ossa, che stringe in una morsa il mio cuore.
"Abiti sempre a casa dei tuoi?"
"No abito dall'altra parte del paese, vicino a Llanddulas"
"Allora ci lavori semplicemente a Llandudno?"
Annuisco con la testa.
"Vivete insieme tu e la biondina?"
"Perché lo vuoi sapere?"
"Così... non importa... volevo solo parlare un po'"
A sentire queste parole scoppio in una risata isterica, che ben presto si trasforma in un pianto disperato.
"Hai detto le stesse identiche parole quella maledetta sera", dico tra un singhiozzo e l'altro.
Lui ha accostato al ciglio della strada ed ora mi accarezza i capelli, nonostante io sia rannicchiata più possibile distante a lui.
"Devi perdonarti Cloe"
"Perdonarmi? Io l'ho ucciso Michael. É solo colpa mia", urlo.
"É anche colpa mia"
"Aveva così tanti progetti e gli piaceva viaggiare. Lui voleva scoprire il mondo e per qualche assurdo motivo voleva farlo con me. Lui mi avrebbe aspettata, era solo una questione di pochi anni ed io non gli ho creduto. Io l'ho ucciso"
"Smettila. Tu non hai ucciso nessuno Cloe. Calmati"
"Ti prego lasciami qua. Ti prometto che ti scriveró per la cena, ma lasciami qua. Ho bisogno di camminare ancora un poco", lo imploro con gli occhi rossi e gonfi, carichi di lacrime.
"Va bene..."
Così scendo dalla macchina e rimango ferma sul ciglio della strada a guardare i fari dell'auto che scompaiono nella notte. Ad ogni passo verso casa mia sono sempre più a pezzi. Mi sto sgretolando ed i massi che mi trascino dietro diventano così pesanti da trasformarmi in una valanga distruttiva che porta con sé solo dolore.
Entro in casa senza fare rumore e mi chiudo in camera mia. Cambio i miei vestiti e mi infilo sotto alle coperte, senza riuscire a bloccare il fiume in piena che sgorga fuori dai miei occhi color petrolio. Piango tantissimo e soffoco i singhiozzi nel cuscino. Lascio la testa vorticare e torno mentalmente indietro nel tempo, per rievocare ciò che mi resta di lui... solo una quantità infinita di ricordi.

NON HO PIÙ PAURA.Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora