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10 maggio 2015

Sbatto ripetutamente le palpebre ed in un attimo sono nuovamente difronte al ragazzo con l'oceano negli occhi. Mi rendo conto che il suo non sembra più un mare tranquillo, ma piuttosto ha le sembianze di un mare in tempesta pronto a distruggere tutto ciò che lo circonda. Gli sfioro con i polpastrelli delle dita una guancia e i suoi muscoli si rilassano piano piano. Rimango stupita dall'effetto che riusciamo ad avere l'uno sull'altra. Un fremito di paura prende possesso del mio corpo, ma non è il panico dovuto ai miei demoni, quanto più la consapevolezza di ciò che lui rappresenta per me.
"Sei tornata da me", dice piano.
"Già", sussurro a mia volta.
Guardo le sue mani strette in due pugni che gli sbiancano le noche e non posso fare a meno di tentare di scioglierle, perché è questo che fa lui con i miei problemi ed io non mi sento in obbligo di ricambiare, lo voglio e basta.
Così le afferro e faccio si che le mie dita si incrocino alle sue e non me ne importa assolutamente se siamo qui, dietro ad un bancone, sotto gli occhi di tutti.
"Grazie", lo guardo negli occhi.
"Non sopporto l'idea che tu stia male. Non so cosa ti abbia detto quel pezzo di merda per farti stare così, ma basta che tu lo voglia e vado fuori a fargli rimpiangere di essere nato", sputa acido.
"Rilassati", le mie mani risalgono dalle sue mani alle sue braccia, per poi passare al collo, al viso ed infine depositarsi sulla nuca. Lui mi tira ancora più vicino a sé e capisco che è lì che voglio stare. Il suo alito caldo e profumato di ananas sbatte sulle mie labbra. Mi sfiora le labbra con le sue e mi regala un bacio dolce, casto e bello.
"Se ti va puoi stare seduta qui con me", dice accennando la sua postazione al bancone e solo ora mi rendo conto che a sostituirci ci sono Lucas ed un altro ragazzo.
"Posso aiutarti?", lo guardo implorante e il suo viso si addolcisce.
"Certo principessa", mi stringe tra le sue braccia muscolose e poi mi tende una mano, per condurmi alla nostra postazione. Il ragazzo al suo posto, del quale non conosco ancora il nome,  sgattaiola via ancora prima che possa chiederglielo.
Ci mettiamo a lavorare insieme e l'atmosfera che viene a crearsi è talmente leggera che mi sento anche io così. Mi sento soprattutto stupita da me stessa e dal fatto che non mi sia fatta prendere dal panico più del dovuto. Mi ha decisamente sfiorata, ma non mi ha intrappolato nella sua morsa letale.
Nemmeno l'arrivo di Giody mi destabilizza e nonostante le sue occhiate torve nella nostra direzione, mi concentro solo sul ragazzo al mio fianco. Quando si gira a sorridermi mi rendo conto che tutto va bene e che di riflesso anche io sorrido come una bambina. Lo so che non sto dimenticando lui. Non potrà nemmeno mai accadere. L'unica cosa che so è che la vita va avanti e che comunque il mio fardello e le mie colpe me le porterò addosso sempre, quindi tanto vale vivere, almeno.
"Sei stanca?", mi chiede Nicholas verso le due di notte.
"Non proprio"
"Quando vuoi andiamo a casa. Domani mattina devi anche lavorare...", dice come se lo avesse ricordato solo al momento, "merda! Sono un emerito coglione. Tu domani lavori ed io ti sto facendo lavorare anche adesso. Andiamo"
Mi sgancia il grembiule e saluta tutti sbrigativamente, trascinandomi verso l'uscita.
"Frena un attimo!", lo richiamo e quando si gira la sua faccia è una maschera di preoccupazione, mista a rabbia verso sé stesso. Reagisco nel modo più inaspettato possibile e scoppio in una risata così forte che sento lo sguardo degli altri due baristi puntato addosso.
"Perché ridi?", dice imbronciato.
"Perché ti devi calmare, tesoro. Non è un problema  e comunque la notte non dormo mai molto"
Sfodera un sorriso furbetto, ma i suoi occhi sono da foto: spalancati all'inverosimile per lo stupore e forse anche leggermente più brillanti.
"Tocca a me chiedere perché hai quel sorrisetto stampato in faccia, adesso"
"Tesoro", dice semplicemente e lo guardo storta non capendo dove voglia andare a parare.
"Mi ha chiamato tesoro"
La mia bocca va a formare una "O" perfetta e le mie guance diventano calde. Roventi.
"Bè... e-ecco... io non...", balbetto.
"Stai un po' zitta, principessa", mi posa l'indice sulle labbra, "mi piace il fatto che tu mi abbia chiamato così spontaneamente e per tua sfortuna mi piaci tu e basta, quindi non rimangiartelo o scusarti perché é la cosa migliore di questa serata di merda"
Nonostante l'imbarazzo che sto provando ancora, mi lascio andare ad un'altra risata.
Quando finalmente, a casa sua, appoggio la testa sul cuscino, mi sento il corpo pesante, come se la stanchezza si fosse impossessata di me di punto in bianco. Sono di fianco al ragazzo tatuato e non ho il coraggio di dirgli che ho freddo. Questo maledetto lenzuolo è l'unica cosa che mi impedisce di essere già tra le braccia di Morfeo. È così dannatamente fino. Mi sposto impercettibilmente verso di lui, che a differenza mia è a petto nudo e pantaloncini e questo misero tessuto lo copre solo dalla vita in sotto. Posso sentire il calore che emana anche se ci separano dieci centimetri.
"Buonanotte", si avvicina per lasciarmi un bacio sui capelli, ma come se fossi impazzita gli prendo il braccio destro e glielo posiziono attorno al mio bacino. Adesso ci troviamo entrambi di lato, nella posizione a cucchiaio ed io mi sento già molto meglio.
"Potevi anche avvicinarti tu, sai?", è particolarmente divertito.
"Nah", rispondo sbrigativa.
"La prossima volta dovrai implorarmi allora principessa"
"Stronzo", gli tiro una gomitata leggerissima negli addominali.
Lui si scansa subito da me e vengo di nuovo investita dal freddo. Mi giro e lo guardo con occhi da cucciola, mentre ormai per lui è una sfida. Mi faccio coraggio e mi avvicino, fino a che non riesco ad appoggiare la testa sul suo petto, proprio all'altezza del cuore.
"Sei così carina che ho deciso di non fare lo stronzo e spostarmi ancora"
"Sto così bene con te", dico ormai a metà tra la realtà e il mondo dei sogni.

NON HO PIÙ PAURA.Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora