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9 maggio 2015

"Siamo in ritardo", constata ufficialmente Nicholas.
"Se non avessimo perso tutto quel tempo...", rispondo col fiatone dovuto all'andatura veloce che abbiamo.
"Non definirei baciarti una perdita di tempo"
Lo fulmino con lo sguardo e questo lo fa ghignare ancora più. È bello da mozzare il fiato, stretto nel suo giubbino in pelle e con i jeans neri, strappati sulle ginocchia. I suoi occhi sono così brillanti che mi basta osservarli un solo istante per rimanere completamente stregata. Mi rende prigioniera del suo incantesimo, come Biancaneve quando morde la mela. Solo che io non voglio essere salvata da un principe con l'armatura lucente. No, io voglio restare intrappolata in quella piccola realtà che lui riesce a creare solo per me.
"Smettila di guardarmi così o potrei non rispondere delle mie azioni", dice piccato.
"Stai zitto! Lo so che il tuo ego, già smisurato, sta raggiungendo dimensioni galattiche"
"Forse hai ragione, principessa"
Non ho tempo di rispondergli visto che ci troviamo davanti all'entrata sul retro e siamo in ritardo cosmico. La folla è già in fila nell'attesa che il locale apra e sono certa che anche Lucas sarà qui. L'unica cosa che mi spaventa è che possa esserci anche Giody, ma mi prometto mentalmente di non darle troppo peso. Quando varchiamo la porta del locale ancora vuoto mi sento stranamente agitata. Non lo sono mai stata prima di lavorare, ma forse la presenza di Nicholas fa si che il mio cuore batta un poco più forte e le mani sudino di più.
"Prepara una serie di bicchieri vicino all bottiglie di super alcolici e dei boccali per le birre", mi ordina il bel tenebroso, "tu spini, io faccio i drink"
"Ok", dico soltanto e mi rimbocco le maniche. Prima che possa però effettivamente fare ciò che mi ha chiesto, sento le sue forti braccia circondarmi la vita e il suo viso posarsi sulla mia spalla. Mi giro a guardarlo, per quanto mi sia possibile ed incontro i suoi occhi oceanici che mi guardano.
"Grazie ancora per essere qui", mi lascia un bacio sulla punta del naso.
"Grazie a te per avermici portata" e nonostante io voglia con tutta me stessa incollare le mie labbra sulle sue, c'è sempre quella parte di me, che mi tiene in ostaggio da ormai troppi anni, che mi impediscedi farlo.
"Quando avete finito...", la voce seccata di Lucas infrange la nostra bolla e mi riporta con i piedi sulla terra ferma.
Ci stacchiamo in un batter d'occhio, come se ci fossimo scottati a vicenda e senza dire niente cominciamo a preparare le nostre postazioni.
Le porte del locale vengono aperte e man mano che passano i minuti il locale diventa sempre più affollato. Gli ordini cominciano a diventare numerosi e mi immergo totalmente nella mansione, tenendo lontano ogni genere di pensiero. Mi rendo subito conto che stare qui è ben differente rispetto al lavoro alla locanda e ringrazio Dio per avermi fatto trovare lavoro in un posto più tranquillo e pacifico di questo.
Un gruppo di ragazzi ubriachi si avvicina al bancone e come per ogni cliente mi limito a prendere gli ordini in fretta senza troppi convenevoli. Niente sguardi e chiacchere ridotte al minimo indispensabile.
"Bambola, io e i miei amici vorremmo tre birre"
"Certo arrivo subito", evito di commentare lo stupido nomignolo e faccio ciò che mi è stato chiesto.
Quando ripongo sul bancone le loro birre, il più vicino dei tre mi afferra una mano. Alzo lo sguardo e studio il ragazzo che sembra avere la mia età. È alto e muscoloso, con i capelli biondi a spazzola e gli occhi marroni, iniettati di sangue per via dell'alcol.
"Ti sei dimenticata qualcosa"
"No, non mi pare", uso un tono tranquillo, nonostante dentro io non lo sia per niente.
"Si cara. Non mi sembra di averti sentito darmi il tuo numero"
Ed eccola la mia espressione di disgusto fare capolino all'improvviso.
"Contaci", divento acida.
Lui stringe ancora più la presa sul mio polso.
"Lasciami subito", ringhio e lo trapasso con i miei occhi neri come il petrolio.
"Non fare la frigida, Moore"
Il sangue mi si ghiaccia nelle vene e lo sento che ciò che sta per succedere sarà peggio di una lama piantata nel petto per me.
"Ormai Jenkins è acqua passata"
Sento il rumore di qualcosa andare in pezzi ed ingenuamente mi guardo attorno cercando il colpevole. Poi però capisco. Era solo il mio cuore.
La bile mi sale in gola e vorrei uscire, ma la sua presa è ancora salda su di me.
"Lasciami andare per favore", la mia voce esce strozzata.
"Mi piace sentirti implorare", risponde sadico il ragazzo.
Una o forse due lacrime cominciano a rigare il mio viso e chiudo gli occhi sperando di aprirli ed accorgermi che niente di tutto questo sia mai successo.
1... 2... 3... 4... 5... 6...
Non faccio in tempo a contare fino a dieci che un rumore di ossa rotte, seguito da un urlo, mi fa vibrare i timpani. Apro gli occhi e vedo l'ubriacone tenersi un dito e imprecare verso la persona al mio fianco.
"Per ora mi accontento di averti spaccato un dito. Vedi di andare fuori dal cazzo o potrei continuare", asserisce Nicholas, mettendomi un braccio intorno al collo.
"Ti piace proprio il cazzo, troia", mi urla il biondo, prima di voltare i tacchi insieme ai suoi amici ed essere scortato all'uscita da un bodyguard.
Le sue parole mi danno la pugnalata finale, ma non riesco a muovermi. Rimango immobile, a fissare un punto nel vuoto, con i pensieri che vagano lontani.
Nicholas mi sfiora il viso con una mano, mi volta dolcemente la testa verso di lui e mi obbliga a guardarlo.
"Cloe, sono qui", perché lo sa che lo sto guardando, ma è come se non lo vedessi. Come se davanti a me ci fosse il mio passato che torna a galla diventando decisamente presente.
"Torna da me o ti bacio proprio qui, davanti a tutta questa fottuta gente e me ne sbatto il cazzo di quello che potrebbero pensare"

NON HO PIÙ PAURA.Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora