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26 giugno 2015

Venticinque assurdi gradi ed a me sembrano quasi quaranta. La mia fronte è già imperlata di sudore e i miei vestiti sembrano improvvisamente più pesanti di quello che sono realmente. Con addosso un paio di jeans lunghi ed una t-shirt ammiro le bellissime ragazze che passano di fianco a me fasciate nei loro mini-jeans e top coordinati. Mi sento totalmente fuori luogo eppure mi va bene così. Guardo l'ora sul telefono e aspetto altri cinque minuti prima che una bellissima Ford Mustang nera accosti proprio davanti a me.
"Sono pessima. Sono riuscita ad arrivare in ritardo", Mary esce dalla macchina velocemente e corre ad abbracciarmi forte. Credo di non aver mai ricevuto così tanti abbracci come negli ultimi due giorni.
"Ho aspettato solo cinque minuti", mi sbrigo a precisare prima che la assalgano i sensi di colpa.
"Lascia che ti carichi le valige in macchina", afferra le due maniglie.
"Posso farlo anche io"
"Non penso proprio", il suo tono non ammette repliche così mollo la presa e la guardo.
Mi fa sedere al posto del passeggero e solo dopo essersi assicurata che io abbia allacciato la cintura mette in moto la macchina. Il rombo che emette mi fa ridere. Non è per niente da lei questa macchina e infatti credo non sia sua perché prova ad armeggiare con la radio per accenderla, ma proprio non ci riesce. Faccio io per lei e mi guarda stupita, come se avessi fatto la cosa più difficile al mondo.
Quando si immette nella strada mi guardo un po' intorno e rimango affascinata dalle altissime palme che la costeggiano. Sono solo le quattro del pomeriggio ed io non vedo l'ora che il sole tramonti per vedere la magia di colori accendersi.
"Allora cosa ne pensi?"
"Qui è decisamente soleggiato e caldo rispetto al Galles, ma mi piace"
"Benvenuta a Los Angeles, baby"
Non ci riesco ancora a credere che sono in questa città. Il mio primo viaggio fuori dal continente. Mi sembra un sogno e spero così tanto rimanga tale.
"Hai fame? Sete? Sei stanca? Vuoi fare una doccia?", Mary mi bombarda di domande ed io la guardo basita prima di scoppiare a ridere.
"Ho molta fame", il mio stomaco brontola come se non mangiassi da settimane. In realtà sull'aereo credo di aver mangiato una quantità indecente di cose.
"Di cosa hai voglia?"
"Un hamburger con delle patatine fritte ed un milkshake alla ciccolata",
"Wow ragazza mia. Qui ci vuole assolutamente In-N-Out Burger"
Faccio spallucce, tanto non ho comunque idea di cosa sia. L'importante è mangiare al più presto.
Facciamo il drive e lei ordina il tutto senza verdure crude, poi parte e mi avvisa che per il momento andremo a casa sua.
Mary vive con i suoi genitori in una villa bianca mozzafiato. È almeno due volte la casa dei miei genitori ad Abergele e spalanco la bocca nel vederla. È circondata da un cancello ed una siepe che lo percorre parallelamente dall'inizio alla fine. Non riesco a definire la grandezza del giardino poiché l'immensità della casa cattura totalmente la mia attenzione. È costruita su due piani e le finestre sono così grandi che in alcuni punti fanno da parete e permettono di vedere tutto l'interno.
È la mora che mi deve dare una spinta affinché io percorra il vialetto fino alla porta d'entrata con il mio sacchetto del fast food in mano che al momento mi fa sentire troppo sciatta per un luogo del genere. Mary invece porta le mie valige ed una volta affianco a me mi guarda cauta.
"Tutto ok?"
Annuisco poco convinta, ma mi impongo di mantenere la calma. Massaggio la mia pancia che fa le capriole dall'agitazione. Non avevo mai pensato prima d'ora che avrei conosciuto i signori Edwards. Chissà se loro sanno qualcosa di me. Probabilmente mi odiano, anzi sicuramente visto la loro amicizia decennale con i signori Jenkins.
Sto per girare i tacchi ed andarmene quando la porta bianca si spalanca e una donna dai capelli castani si palesa. Il suo viso è tondo ed i tratti sono dolci. La sua corporatura è media ed è forse qualche centimetro più bassa di me. La cosa però che attira la mia attenzione e fa schizzare il mio cuore in gola sono gli occhi... blu come l'oceano.
"Siete arrivate finalmente", sorride radiosa e mi guarda con calore prima di avvicinarsi, "tu devi essere Cloe. Sei davvero bellissima anche dal vivo. Io sono Olivia"
Rimango stupita dalla cordialità di questa signora, rispetto alla freddezza che mi aveva riservato Katharina la prima volta che la vidi.
"Molto piacere", le stringo la mano che spero non sia sudata come lo è invece quella con cui sto tenendo la busta.
"Dai entriamo", Mary entra per prima, seguita da sua madre e poi è il mio turno.
Se possibile il mio stupore aumenta quando vedo la casa dall'interno. Le pareti passano da un bianco ad un beige per le stanze che riesco a vedere vista l'assenza di porte. L'arredamento è sulle tonalità del marrone, ma rimane comunque molto minimal. Ciò che mi colpisce di più però è la quantità di foto  nelle loro bellissime cornici di misura diversa attaccate su ogni parete possibile. Le osservo una ad una e ne rimango affascinata.
"Ti piacciono?", chiede Olivia.
"Moltissimo", dico con gli occhi che brillano.
"Le ha scattate tutte il mio ometto, da quando aveva 14 anni ad oggi", so benissimo a chi si sta riferendo in questo momento.
"Cloe, vieni a mangiare che poi ti faccio vedere dove puoi dormire questa notte", urla Mary da quella che deduco essere la cucina.
"Ha ragione mia figlia. Devi mangiare e riposarti il più possibile"
Seguo il loro consiglio e vado ad accomodarmi sullo sgabello davanti ad un bancone nero in marmo. Quando apro il sacchetto con la mia merenda mi sale l'acquolina in bocca e vorrei piangere dalla gioia. Addento il primo boccone e mugugno di piacere, mentre le altre due al mio fianco ridacchiano.
"Ragazze sono a casa. Spero sia arrivata la famosa Cloe perché non vedo l'ora di conoscere la ragazza che ha fatto innamorare mio figlio", questo è ovviamente il signor Edwards.

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