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18 marzo 2010

Un suono di sirene arriva dentro alle mie orecchie. Prima debole poi sempre più forte. Dal momento in cui le ambulanze, i carabinieri ed i pompieri arrivano sul posto le mie immagini diventano sempre più offuscate. Qualcuno mi solleva e mi porta nel retro di un'ambulanza prima di chiudere i portelloni. Delle coperte mi vengono appoggiate attorno alle spalle e un'infermiera mi fissa con sguardo triste e abbattuto prima di dipingersi un'espressione determinata sul volto ed infilarsi un paio di guanti. Comincia a visitarmi, ma io non parlo, non reagisco a niente e fisso la finestrella dalla quale riesco solo ad osservare decine di teste che corrono avanti ed indietro. So che ce la faranno, so che lo salveranno.
"Signorina... signorina", la voce dell'infermiera arriva ovattata alle mie orecchie, come se fossi chiusa in una bolla di sapone e tutti i rumori fossero lontani anni luce. Guardo con aria smarrita la maniglia del portellone e con uno scatto impressionante mi alzo fino a raggiungerla e tirarla forte. Le porte si aprono e la scena che mi si para davanti è quanto di più orribile ci sia. I dottori si guardano e annuiscono, ma sono in piedi e nessuno è piegato sul corpo del ragazzo che amo, che giace ormai a terra.
"Stephan Jenkins... ora del decesso 00.37", dice uno di loro, mentre un pompiere si presta a stendere un telo bianco sopra al mio amore.
"NO!", il mio urlo disumano squarcia la strana calma che si è creata, "No. No. No. No."
Corro al suo capezzale e mi inginocchio arrivando ad appoggiare la mia guancia contro la sua fronte tiepida.
"Amore svegliati, ti prego. Io ti amo", dico disperata sul suo corpo mentre mille o più lacrime si posano su di lui.
"Andrai alla U.C.L.A. e sarai il miglior studente che abbiano mai avuto. Andrai dal tuo amico e conoscerai tutti i ragazzi che non vedeva l'ora di presentarti. Mi lascerai qui ed incontrerai una ragazza che ti merita ed io starò qui a rimpiangere ogni giorno di non averti capito, ma tu no. Tu sarai felice e realizzato. Avrai tutto ciò che hai sempre desiderato e niente potrà ostacolarti. Crescerai bello, forte ed un giorno avrai un bel maschietto e due bambine che ti vedranno come il loro eroe. Litigherete ed a volte non li capirai, ma loro saranno sempre orogliosi del loro papà e tua moglie sarà la persona più fortunata del mondo"
Gli accarezzo la guancia in modo dolce, ma la realtà è che aspetto un qualunque miracolo.
"Ti amo. Ti amo così tanto Stephan e lo farò per sempre"
All'improvviso un tocco famigliare mi accarezza i capelli.
"Mio piccolo fiore", la voce di papà è spezzata. Posso immaginare anche senza guardarlo i suoi occhi marroni iniettati di sangue e la mandibola contratta. Non mi separa dal ragazzo che amo, ma si siede accanto a me e gli prende una delle mani che sono distese lungo il suo busto. Solo ora mi rendo conto della sua maglia completamente strappata, delle innumerevoli ferite lungo il suo corpo e del fatto che il suo petto non si muove più. Un turbinio di emozioni si impossessano di me ed io rimango totalmente in stato di shock, mentre un fulmine squarcia il cielo.
Rimango immobile e mi rendo conto solo ora di ciò che è realmente successo. Nessuno me lo riporterà indietro e la colpa è solo mia. Avrei dovuto fermarlo. Non sarei dovuta andare alla festa. Non avrei dovuto lasciare che Micheal mi avesse.
"Oddio. Quello è mio figlio. QUELLO È MIO FIGLIO", Katharina corre verso di noi e getta le sue ginocchia nude sull'asfalto. I suoi capelli sono un groviglio sopra alla testa, i suoi occhi sono contornati di nero, i suoi vestiti sempre perfettamente stirati sono sgualciti e la sua aria è totalmente smarrita.
"Il mio bambino", piange disperata sul suo petto e stringe tra le mani tremanti i lembi strappati della maglia. Il marito è, se possibile, in condizioni peggiori, ma non lo da a vedere. Lascia vagare il suo sguardo vuoto sul corpo senza vita di Steph. Senza vita...
All'improvviso Katharina alza lo sguardo ed i suoi occhi si fanno cupi. Li punta su di me e la sua espressione è glaciale.
"Levati subito dal mio bambino", ringhia.
Vedendo che non cedo di un millimetro si gira verso un poliziotto e lo guarda truce.
"Cosa diavolo è successo?"
"Signora... suo figlio era ubriaco"
"Impossibile, Stephan è un ragazzo con la testa sulle spalle. Non farebbe mai una cosa del genere"
"Invece sì. I ragazzi alla festa hanno visto il ragazzo bere e poi scappare via dalla casa a causa di una lite con una ragazza"
I suoi occhi mi inchiodano e la mia consapevolezza di essere la causa aumenta ancora di più.
"Cosa cazzo gli hai fatto?"
Non rispondo. Non sarei in grado di farlo. Apro più e più volte la bocca, ma non ne esce nemmeno un suono.
"È colpa mia", sputa fuori Micheal con le guance bagante e il naso colante.
"Cloe perdonami, è tutta colpa mia. Non avrei nemmeno dovuto guardarti..."
Non lo guardo nemmeno, non ce l'ho con lui, sono io l'unica colpevole di ciò che è successo. Qualcuno lo porta via.
"Sei una puttana", le parole che mi merito escono finalmente dalla bocca della donna che mi ha sempre detestata.
"Ti avevo detto di stargli lontana, ma no, hai voluto ammazzarlo"
A quel punto mia madre, che fino ad ora non si era palesata, parla.
"Non si permetta mai più di rivolgersi a mia figlia così. Se suo figlio si è ubriacato di sicuro la colpa non è di Cloe"
"Se non si fosse comprata come una poco di buono mio figlio non si sarebbe ubriacato"
"Suo figlio l'aveva lasciata"
"BASTA", tuona mio padre.
Si alza e mi prende in braccio. Non mi oppongo, mi lascio andare contro il suo petto caldo.
"Andiamo a casa", mi dice dolcemente, ma io non rispondo e lui non se lo aspetta comunque. Cammina verso la macchina, ma prima di entrarci nota il panico dipinto sul mio viso. Si blocca e riprende a camminare verso casa.

NON HO PIÙ PAURA.Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora