0.2 Curiositas

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Alessandria otto anni dopo

Dolci risate gradevoli e aggrazziate provenivano dall'harem di corte, all'interno come sempre le ragazze erano intente a chiaccherare, o a ricamare le stoffe di lino come era stato insegnato loro da alcune delle ancelle Romane che occupavano il palazzo il clima che si respirava era calmo e sereno cosa piuttosto abituale o addirittura noiosa,come veniva definita da una furia dai capelli neri, che trovava tutta quella monotonia asfissiante e insopportabile e che,fortunatamente,ne trovava rifugio nelle sfonde del Nilo che bagnavano gli estremi del giardino che circondava l'harem.Alexander infatti andava spesso a trovare il fiume e in qualche modo era convinto che esso potesse ascoltarlo e capire quel che il bambino gli confidava,e sperava in cuor suo,di riceverne risposta,e alla fine trovava conforto nelle risposte del fiume che consistevano in piccole onde leggere che gli accarezzavano i piedi.Quel giorno però quando Alexander andò al fiume come ogni mattina per racontare all'amico il sogno della notte precedente e a chiedere lui un parere come era sua abbitudine fare,rimase spiazzato nel vedere che le sfonde del Nilo erano occupate da qualcuno, qualcuno che il bambino non aveva mai visto,l'istinto gli diceva di correre via e andare ad avvisare Bahiti,colei che lo aveva cresciuto come fosse figlio suo,che un bambino mai visto prima era entrato a palazzo, ma la sua immensa curiosità gli diceva di scoprire chi fosse il bambino e se fosse stato una minaccia andare a chiamare aiuto.E la curiosità ebbe la meglio sul suo buon senso,si avvicinò cauto alla giovane figura raggomitolata su se stessa che fissava le acque del fiume,quando gli fu dietro ,la sua stessa ombra lo tradì, il bambino si girò di scatto con occhi sgranati mentre per un istante lo fissava impaurito,Alexander guardò scettico ma poi i piccoli dettagli che notò nel bambino gli fecero capire che quest'ultimo non era affatto entrato nel castello con l'intento di rubare come aveva supposto, e non era neanche entrato di soppiatto quella figura a lui sconosciuta doveva per forza far parte delle mura domestiche, le vesti che indossava erano molto più pregiate delle sue, lo scendit era legato alla vita da una fascia blu con ornamenti d'oro,ma la prova inconfutabile che lo fece ricredere fu il bracciale che il bambino portava all'avambraccio destro .Alexander indietreggiò capendo di essere in torto,stava per correre via quando una mano possente lo bloccò per un braccio prima di poter spiccicare parola si ritrovò disteso a terra con un kopesh alla gola e una delle guardie reali pronta a sgozzarlo

Il kopesh era una antica arma Egizia sfruttata dalle guardie dei nobili o da quelle reali, tecnicamente in questi anni era già stata sostituita dalla spada ma ho preferito mantenere un arma tipicamente Egizia per questo capitolo anche se non era molto diffusa ad Alessandria, aveva la forma,più o meno, di una falce decorata. Lo scedit invece era quel "gonnellino" che indossavano legandolo in vita solitamente da corde o pelli animali ma non era inusuale sfruttare stoffe colorate e molto spesso nei nobili ornate d'oro, i bracciali agli avambracci erano lunghi e occupavano metà del medesimo e solo i più ricchi li indossavano spesso erano anche decorati da pietre preziose

cupido

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