15. La cattiveria del fato

604 47 1
                                    

Quel giorno non era iniziato esattamente bene per Alexander, sia per i crampi allo stomaco che lo avevano tormentato tutta la notte e anche per il resto la mattinata, sia per la fame incontrollabile che sentiva, avrebbe mangiato una mucca intera se avesse potuto, e invece si era dovuto accontentare di un pezzo di pane secco e qualche chicco d'uva rubato nelle cucine.

Poi il fato aveva deciso che tutto il suo dolore non era sufficiente e quindi dopo aver finalmente terminato di lucidare il pavimento della sala del trono, rialzatosi da esso il corvino si era accordo che proprio dove si era accovacciato spiccavano delle macchie rosse*, esasperato pulì il disastro che aveva combinato come meglio poteva stando attento a non causare altri danni.

Quando finalmente tornò nell'Harem si gettò a peso morto sul suo pagliericcio situato dietro ad un passaggio a muro, e chiuse gli occhi, sfinito, sperando di poter finalmente riposare.

Naturalmente i suoi sogni di riposo si infransero quando, due guardie lo presero, trascinandolo verso una meta che il corvino credeva di conoscere fin troppo bene, mentre veniva trascinato, Alexander poté vedere tutte le donne che lo guardavano con compassione, alcune addirittura in lacrime.

Si chiese il perché di quelle lacrime, non era la prima volta che veniva trascinato via da quelle guardie e sicuramente non sarebbe stata l'ultima, e allora perché piangevano? D'un tratto il corvino si bloccò il suo cuore iniziò a battere all'Impazzata mentre gli tornavano in mente quelle parole;

"sono sicuro che ti piacerà Roma e chissà forse in una cella di correzione senza nessuno, questo tuo caratterino si placherà"

Erano passati solo pochi giorni da quando il Faraone lo aveva minacciato di portarlo con sé a Roma, ma Alec pensava che, per l'apunto, fossero solo minacce, che non lo avrebbe mai portato via dalla sua terra, che non avrebbe di certo sprecato altro tempo con lui. Si sbagliava.

Non si accorse nemmeno di essere uscito fuori dalle mura del palazzo, non si rese conto del dolce tepore che sprigionavano sulla sua pelle i Candidi raggi del sole, e per un attimo smise di respirare, giusto il tempo di sentire una superficie dura sotto di se, segno che le guardie lo avevano scaricato su quello che, pareva essere un pavimento di legno.

La situazione peggiorò quando Il corvino si alzò e vide che il "pavimento" in legno su cui era stato scaraventato senza delicatezza, altro non era se non il ponte* di una nave, una nave che piano piano iniziava a muoversi, preso dal panico il corvino provò a correre verso una qualsiasi via d'uscita, ma il suo sforzo fu vano quando una voce lo congelò sul posto:

"Benvenuto a bordo"

La nave si allontanò dal porto.

*Ebbene sí sto descrivendo il ciclo, scusate ma trovo insensato fare una mpreg senza citare il ciclo essendo che senza quest'ultimo non si potrebbero avere figli. Data l'assenza di ovaie e utero in un uomo in esso non è presente neanche il ciclo(scusate la ripetizione della parola) ma per un uomo con la capacità di partorire penso sia piuttosto logico avere le mestruazioni.

* So che nelle navi degli antichi Egizi non era presente un vero e proprio ponte ma Non sapevo quale altra espressione utilizzare per definirlo.

Spero che il capitolo, e soprattutto la storia, vi stiano piacendo e mi scuso per il ritardo ma dovevo risolvere un problema.

Votate e commentate ^-^

Cupido

Il Dominio dei Re||malec||Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora