0.9 Uno scontro fra Il cielo e l'oro

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Immerso nei suoi pensieri, Alec non faceva più caso a tutto quel caos, era come se in tutto quel fracasso ci fossero lui e i suoi pensieri, teneva lo sguardo basso mentre versava il vino nelle coppe compiendo sempre lo stesso monotono movimento, in una routine glaciale.

Poi qualcosa gli fece interrompere quella monotonia, non sapeva cosa, ma sentiva il bisogno di alzare lo sguardo dalla coppa che stava riempiendo. Non lo avesse mai fatto.

Davanti a sé, si prostravano in tutto il loro splendore, due occhi felini, dello stesso colore dell'oro, il corvino ne rimase ipnotizzato, si sentiva come incatenato a quelle iridi così belle ma allo stesso tempo senza emozioni, più le guardava più ne era attratto, più cercava di comprenderle più loro si blindavano, come per nascondere i loro segreti velandoli con un alone di freddezza.

Si riscosse da quei pensieri e scosse la testa come per capire cosa fosse appena accaduto, poi vagò con lo sguardo sulla figura che aveva davanti e un ondata di disgusto lo percosse, davanti a sé troneggiava il figlio di Iside che lo guardava con quegli occhi così ipnotici che ora trapelavano lussuria, Alexander percepì un conato di vomito farsi strada nella sua gola e deglutì per rimandarlo indietro.

Ma il Faraone sembrò non accorgersi della reazione che la sua presenza causava nel giovane schiavo, la mente di Magnus infatti era ancora bloccata al momento in cui i suoi occhi avevano incontrato quelli del corvino, ne era rimasto incantato, da quel cielo limpido che erano quelle iridi così pure e inviolate come se dovessero ancora conoscere il mondo, ma vi lesse anche la forza di un guerriero. Il Tolomei guardò il ragazzo davanti a sé e prese una decisione, quello schiavo sarebbe stato suo, voleva sentire la sua voce implorarlo, i suoi gemiti, voleva vedere quegli occhi piangere dal piacere e quelle labbra, per Amon se desiderava quelle labbra così carnose, rosse e pure avrebbe voluto marchiarle con le proprie. Ammirò l'intero corpo del giovane e alla vista di quella pelle stranamente chiara immaginò quanto sarebbe stato bello morderla, marchiarla, segnarla.

Alec ignorò gli sguardi del Faraone e continuò il suo dovere in silenzio e con gli occhi bassi tornando ad immergersi nei suoi pensieri, accortosi che la brocca era vuota si diresse verso le cucine per andarla a riempire, ma non andò come immaginava.

Durante il suo tragitto quattro braccia lo presero per le spalle, provò a liberarsi ma tutto era inutile le guardie non mollavano la presa, e quando non ne poterono più delle sue lamentele e dei suoi tentativi di scappare gli diedero vari pugni nello stomaco, e con la stanchezza che si mischiava al dolore il corvino si lasciò trascinare ovunque volessero spedirlo i suoi aguzzini.

Dopo un tempo che ad Alec parve infinito, gli energumeni si fermarono, davanti ad una porta a due ante decorata in oro e pietre, quando la porta venne aperta lo schiavo fu scaraventato contro il pavimento della stanza, prima di venire chiuso al suo interno.

Alexander si alzò in preda ad una furia inaudita, provò ad aprire la porta, ma i suoi tentativi di fuggire furono vani, con le mani nei capelli e la rabbia a mille il corvino si guardò in torno alla ricerca di una qualsiasi via di fuga, ma venne catturato immediatamente dalla bellezza di quella stanza mai vista prima, era decorata con geroglifici colorati, oro e pietre,vi era una grande porta coperta da una tenda rossa, un tavolo e al centro di quell'enorme camera troneggiava un immenso letto a baldacchino, coperto da lino e cuscini colorati, Alec rimase estasiato da quell'ambiente maestoso. Ma il suo momento di stupore fu interrotto da una voce profonda e seducente

"buonasera Alexander"

Quella voce, gli percorse la spina dorsale dandogli i brividi.


Ecco a voi un altro capitolo da qui la storia prenderà una strada più incentrata sul rapporto dei Malec, sono indecisa se pubblicare tra qualche ora il prossimo capitolo o domani  bhe ora vedo


Cupido

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