51. L'ombra di se stesso

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Attenzione: vi prego di andare a leggere l'angolo autrice ^-^

Roma: un mese dopo.

La notizia di aspettare non uno, ma ben due figli da due persone diverse, sconvolse Magnus, che, da quando Camille gli aveva dato la lieta notizia, aveva smesso di vivere.

Non parlava quasi con nessuno, gli incubi erano tornati più spaventosi che mai, si vedeva attaccato dalla sua consorte, ucciso da un bambino, è sempre la stessa voce che gli sussurrava parole diverse, a volte di conforto, altre minacciose.

Partecipava ai banchetti, parlava se doveva, ma i suoi occhi erano spenti, privi di tutto quell'orgoglio che avevano sempre posseduto.

La madre gli appariva durante quegli stati di dormiveglia, portava sempre un bambino in braccio, ma non diceva niente, piangeva e basta, piangeva disperata.

Non aveva più rivisto lo schiavo, sapeva solo che era vivo e che stava bene grazie ai pettegolezzi di una delle ancelle delle moglie, Raphael con lui era sempre teso, come se sapesse qualcosa che non doveva sapere.

I suoi incontri con il consigliere duravano giusto il tempo di essere aggiornato sull'andamento cittadino, prima che quest'ultimo scappasse chissà dove.

Quella mattina la domus era praticamente deserta, sua moglie e le ancelle erano andate per qualche giorno ad Ostia, visto che il medico aveva consigliato alla donna qualche giorno di riposo e tranquillità, per agevolare la sua gravidanza ormai al terzo mese.

Così il Faraone si ritrovava a vagare per la domus come uno spirito senza vita, gli schiavi erano come sempre indaffarati nelle cucine o a fare le pulizie, ma lui sembrava non accorgersi neanche della loro presenza.

Camminando senza meta raggiunse i giardini, non era neanche mai entrato in quella zona del suo palazzo, a dire il vero ne ignorava l'esistenza.

Vagò per qualche minuto, o forse ora, immerso fra le piante ed i fiori, poi qualcosa catturò la sua attenzione, appoggiato ad un albero, c'era lo schiavo che portava in grembo il suo primogenito.

Il corvino si stava accarezzando il piccolo pancione sussurrando, la stessa ninnananna che Cleopatra cantava a Magnus, quando quest'ultimo era solo un bambino.

Il Faraone spinto da una forza più grande di lui, si avvicinò ad Alexander, nonostante l'aria spaventata che gli brillava negli occhi, il corvino non si allontanò.

Il moro gli si sedette accanto, guardandolo profondamente negli occhi, e si rese conto di come, nonostante tutto il dolore che aveva subito, Alexander avesse due gemme luminose e furbe al posto del le pupille.

In un tacito accordo si appoggiarono entrambi al tronco del grande albero, il corvino riprese a canticchiare ma questa volta, non era la sua mano a dare conforto al piccolo che portava dentro di se, ma quella del Faraone.

Vi chiedo scusa per eventuali errori.

Volevo informarvi che ho deciso di fare un intera "saga" Malec basandomi sulle opere di Shakespeare che mi inspirano di più, ho già fatto la versione dell'opera "sogno d'una notte di mezza estate" la prossima sarà la versione malec di "Romeo e Giulietta" e forse ci sarà il lieto fine.

Prossimo aggiornamento: Venerdì alle 10:00/12:00.

Votate e commentate ^-^

Cupido

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