Rachel aveva continuato a cadere per un tempo che le era parso infinito e aveva urlato così forte da farsi venire male alla gola. Quando finalmente aveva smesso di precipitare, non era caduta sbattendo o colpendo qualcosa, ma semplicemente si era accorta di essere sdraiata su una sorta di pavimento. Era terrorizzata. Da quando era diventata così paurosa? Da ragazzina era ribelle e sfrontata, ma col tempo era diventata una mollacciona.
- Troppa inattività- si disse, cercando di farsi forza.
Si mise seduta. Era infreddolita e ricoperta di terra e fanghiglia, i capelli le si erano appiccicati al viso e aveva un sapore metallico in bocca. Quando gli occhi si abituarono al buio, si accorse di distinguere delle pareti, quindi era un luogo reale. Era difficile per lei comprendere il perché di quel rapimento, ancora non aveva realizzato il suo ruolo. Ripensò al momento prima di cadere, quando si era ritrovata tra le braccia di Jordan e si sentì avvampare come una ragazzina emozionata.
- Ecco cosa succede a passare gli ultimi vent'anni come un oracolo- pensò- resti indietro e ti comporti come una quindicenne. Quale uomo vorrebbe mai uscire con te, Rachel Dare? Sembri una povera sfigata senza alcuna esperienza in materia. Lo sei, anzi-
Lentamente si mise in piedi, tenendo le braccia tese e avanzando a tentoni. Credette di raggiungere subito la parete di fronte, ma continuò ad avanzare, avanzare, avanzare... dove stava andando? Forse aveva visto male, era un corridoio. Ad un tratto le mancò il terreno sotto i piedi e cadde nuovamente, scivolando come fosse in un canale di scolo. Ruzzolò per non più di qualche metro e cadde scomposta sopra qualcosa di un po' appuntito e che scricchiolò come popcorn quando lei ci finì sopra. La stanza in cui era caduta era illuminata da grosse torce sulle pareti. Scuotendo il capo, Rachel si tirò a sedere e guardò dov'era finita. Gridò, cercando di alzarsi, ma inciampando di continuo: era caduta su un letto di ossa mezzo sbriciolate. Mentre osservava inorridita quel macabro spettacolo, venne afferrata alle spalle, si divincolò, ma aveva braccia, gambe e collo bloccati e non sembrava possibile, a meno che non ci fossero più persone a tenerla ferma. Un piccolo turbine mosse le ossa, che tintinnarono sinistramente sul freddo pavimento. Sotto le ossa c'era uno strato di sabbia, che iniziò a formare un imbuto e a salire, prendendo le dimensioni di una donna con un saio marrone.
- No, Gea no- gemette Rachel.
Gea sembrò sorridere, anche se il suo volto non era visibile del tutto da sotto il cappuccio del saio. Aveva qualcosa di diverso, sembrava più... solida. Prendeva sempre più consistenza, si rafforzava.
- Bene, eccoti qui- sibilò, in un tono antico e freddo- finalmente faccio la tua conoscenza, Rachel Elizabeth Dare-
- Lasciami andare! Non ti permetterò di uccidermi così facilmente-
Gea rise, producendo il suono di un rasoio sulla carta.
- Oh, ma non è ancora il momento di ucciderti, mia cara- replicò la dea, calma- desidererai la morte tu stessa molto presto. Cotto, puoi procedere come sai-
Gea si dissolse e Rachel trovò il coraggio di voltare la testa. A tenerla ferma era un essere ancora più grande e grosso di un gigante, con tantissime mani; un centimano. Com'era possibile? I centimani erano buoni e dalla parte degli dei, dovevano a Zeus la loro libertà. Ma questo sembrava essere decisamente molto arrabbiato.
- Tu non vuoi farmi male, vero?- tentò di parlare.
- Io detesto il genere umano- tuonò il gigante centimano, gettandola a terra.
La sabbia le si avvolse attorno ai polsi e alle caviglie, bloccandola. Cotto si chinò su di lei, torreggiando minacciosamente e prese un osso spuntato, poi le strappò la manica sinistra delle giacca, scoprendo l'avambraccio nudo. Rachel deglutì.
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Riley Jackson e gli Dei dell'Olimpo 2 [CONCLUSA]
Fanfiction#1 in AVVENTURA Seguito della lunghissima, infinita fanfiction "Riley Jackson e gli Dei dell'Olimpo", dovevo snellirla prima mi sa, troppi capitoli. Continuate a seguirmi per favore! [CONCLUSA]