Da quando Iris era arrivata al campo, Emeraude non aveva più pace. Sognava anche ad occhi aperti ciò che era accaduto a Londra, i dettagli ormai chiari nella sua mente.
Sì, era stata lei a spedire nel Tartaro Alabaster. Per quanto sapesse di non aver avuto il pieno controllo sui suoi poteri, non riusciva a perdonarsi. Le bastava vedere gli altri semidei per sentirsi male. Nemmeno l'amicizia di Sam sembrava essere d'aiuto.
La verità era che aveva fatto un casino e adesso tre persone dovevano rischiare la vita per risolverlo. Non si trattava solo di recuperare un amico, ma anche di impedire una tremenda minaccia. Le cose si erano complicate per colpa sua.
Quella sera, subito dopo la riunione alla Casa Grande per l'impresa di Adam, Emeraude era riuscita ad eludere la sorveglianza di Sam ed era sgattaiolata via, nella propria casa. Aveva velocemente ficcato qualche vestito nello zaino, pronta a partire. Sapeva solo che doveva andarsene.
- Non posso restare- si era detta- creo solo problemi-
Mentre chiudeva lo zaino, ricordò cosa le aveva detto Jordan giorni prima. Sarebbe stata al sicuro solo al campo, diversamente nessuno poteva proteggerla. Ma non poteva restare.
Scosse il capo e mise in spalla lo zaino, uscendo di soppiatto. Erano tutti al falò, probabilmente nessuno avrebbe notato la sua assenza, se ne stava sempre in disparte. Si sentì doppiamente in colpa a mollare così Sam, ma non voleva coinvolgerlo oltre, magari la prossima volta avrebbe rischiato di uccidere lui ed era l'ultima cosa che voleva, mettere nei guai o far ammazzare un amico.
Scivolò fino ai confini del campo, passando acquattata alle spalle di Peleo, il quale non la degnò di uno sguardo. Prese un bel respiro e scese la collina, uscendo dai confini magici e sicuri del Campo Mezzosangue.
Si avviò alla strada, scavalcando una staccionata, quando ebbe la sensazione di essere osservata. Si voltò di scatto, ancora a cavalcioni del legno, gli occhi scuri spalancati. I suoi sensi erano allertati, c'era qualcuno. Scese velocemente, rischiando di farsi male. Barcollò e cadde seduta sul ciglio della strada. I sui bracciali tintinnarono toccando il terreno.
- Se fossi stato un nemico, saresti morta. Sei proprio un disastro-
Emeraude rilassò i muscoli solo quando vide sbucare dalle ombre una figura abbastanza familiare. Nico di Angelo si chinò su di lei, tendendole una mano.
- Alzati, sorella. Credo sia arrivato il momento di venire con me- continuò.
La ragazza si lasciò aiutare, rimettendosi in piedi.
- Dove andiamo?- domandò.
- Che domande- rispose Nico, alzando un sopracciglio- da nostro padre! Ora, tieniti forte al mio braccio, il tuo primo viaggio nelle ombre potrebbe non essere molto piacevole-
Emeraude si ritrovò quasi di colpo in un giardino. Non era un giardino normale, con aiuole verdeggianti piene di fiori colorate, ma un inquietante cortile pieno di alberi scheletrici e piante mai viste. Bellissimo, niente da obiettare, ma un po' spaventoso. Immediatamente venne attirata da un albero di melograno splendido e rigoglioso.
- Se mangi il cibo dei morti, resterai qui per sempre- l'avvertì Nico.
Improvvisamente l'albero perse il suo interesse. La semidea si guardò attorno e notò un tavolo e delle sedie. Probabilmente il giardino veniva usato e immaginava anche da chi, la regina Persefone. Nico le fece segno di seguirlo e oltrepassarono alberi e cespugli, entrando in un edificio scuro e austero. Da qualche parte si udivano grida e strani rumori.
- Non fare caso ai morti, rompono sempre le scatole e le loro grida si sentono anche a porte chiuse-
- Siamo nel palazzo di Ade?-
- Siamo nel palazzo di Ade, sì-
Entrarono in una sala enorme, sorvegliata da scheletri. Il punto focale erano due troni, uno più massiccio, fatto di ossa e l'altro grazioso e di medie dimensioni, pieno di foglie e fiori. Erano entrambi vuoti.
- Dove sono?-
- Arriveranno. Ti avverto, Persefone non sarà gentile con te, ma non farci caso, è abbastanza innocua. Si abituerà a te come lo ha fatto con me. Per quanto riguarda nostro padre, beh... lo vedrai presto. Non aspettarti carinerie, ovviamente, ma sappi che ti voleva qui ad ogni costo-
Di colpo, i troni che fino a poco prima erano vuoti si riempirono. Una donna bellissima con un abito colorato a fiori apparve in un turbinio di petali profumati e foglie, accanto a lei sgusciò fuori dalle ombre un uomo alto, completamente vestito di nero: Ade, il signore dei morti. I due stavano bisticciando, quando si accorsero di Nico e Emeraude.
- Ah, l'hai portata, alla fine- fece Ade, squadrando Emeraude.
- Oh, un'altra!- ringhiò Persefone, sedendosi con uno sbuffo- almeno è una ragazza, sta volta-
- Mia cara, di questo parleremo dopo- tagliò corto Ade.
Intimorita, Emeraude ebbe la tentazione di scappare, ma non lo fece. Non poteva biasimare la regina Persefone, alla fine. Notò qualcosa sotto il braccio di Ade, una specie di elmo nero e spaventoso che irradiava un tremendo potere oscuro. Deglutì e si voltò verso Nico.
- E adesso?- chiese.
Lui scrollò le spalle. Scambiò giusto due parole con suo padre e sparì nel nulla, lasciando Emeraude da sola al cospetto di Ade e Persefone.
- Qui sarai al sicuro- le disse freddamente Ade, sedendosi sul proprio trono- potrai avere quello che vuoi, ma finché non saprò cosa sta succedendo, voglio che tu non esca da qui-
- Ma...- tentò di protestare la semidea.
Con uno schiocco di dita, Emeraude si trasformò in fumo nero e si dissolse, ricomponendosi in una stanza dalle pareti scure, arredata con cura e simile alla camera da letto di un castello. Lugubre ma bella.
- Fantastico, sono prigioniera di nuovo!- strillò la ragazza.
Si sentiva presa in giro, continuava ad essere sballottata qua e là senza poter dire la sua. Diede un calcio al letto, col solo risultato di farsi male ad un piede.
Non sei costretta a restare, Emeraude. Trova un modo per andartene
La voce della donna misteriosa dei suoi sogni le rimbombò nella mente. Come poteva andarsene? Ade era un dio e non uno qualsiasi, uno davvero potente. Mentre avvilita si sedeva sul letto, si sentì pizzicare la fronte ed ebbe come una visione. Le sue pupille si restrinsero. Balzò in piedi, come se di colpo avesse appena avuto il suo momento dell'Eureka.
Avanzò con fare sicuro verso la porta e mise mano alla maniglia. Non era chiusa a chiave, poteva uscire dalla stanza, forse non dal palazzo. Sbirciò nei bui corridoi, percorsi di tanto in tanto da qualche scheletro o qualche spettro tremolante.
- Non resterò qui a farmi trattare come un oggetto- pensò- basta farsi prendere in giro. A nessuno importa di me... me ne andrò via, lontano, così non darò più fastidio a nessuno-
Esitò prima di attraversare il corridoio, mordicchiandosi le labbra.
Portamelo, Emeraude. Io posso aiutarti davvero, bambina
Prendendo coraggio, Emeraude fece una corsa e attraversò di velocità il corridoio. Era sciocco comportarsi come un ninja proprio lei, che era una figlia di Ade. Se solo avesse saputo viaggiare nell'ombra come Nico, ma non aveva idea di come fare.
L'idea di potersi confondere con l'oscurità, di diventare praticamente invisibile e di fondersi con le ombre le stuzzicò la mente più del previsto. Si sentiva avida di potere.
Scese una lunga scala buia e fredda, ritornando verso la sala del trono. Ade e Persefone erano spariti nuovamente, non c'era nessuno. Sul trono di Ade era appoggiato il suo elmo. Emeraude lo afferrò quasi senza accorgersene.
- Fermati, che fai?-
Un urlo la fece voltare. Persefone la fissava inorridita. Una manciata di secondi ed Emeraude Appleby era letteralmente scomparsa con l'elmo dell'invisibilità.
STAI LEGGENDO
Riley Jackson e gli Dei dell'Olimpo 2 [CONCLUSA]
Fanfic#1 in AVVENTURA Seguito della lunghissima, infinita fanfiction "Riley Jackson e gli Dei dell'Olimpo", dovevo snellirla prima mi sa, troppi capitoli. Continuate a seguirmi per favore! [CONCLUSA]