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Speriamo di fare una sorpresa gradita lanciando questa bomba di primo mattino e sopratutto di lunedì.
Fatemi sapere nei commenti se vi è piaciuto

Il giovane Thiago non era assolutamente pronto a tutto questo, lui era un maledettissimo soldato semplice.
Era diventato uno della Guardia Civil per portare qualcosa di soldi a casa non certo per vocazione al suo paese e di certo non per sorvegliare criminali.
Tutto quello che avrebbe voluto era un compito più facile, lui non era proprio vocato all'azione e non voleva grane da nessuno.

Sentì in lontananza una musica ma non ne riconosceva ancora la parole.
Aveva il cuore a mille nel dover fronteggiare quell'individuo, pensò alla sua povera madre per farsi forza e continuò a salire quelle scale che parevano infinite.
Chissà cosa diavolo aveva fatto quell'uomo per finire rinchiuso lì dentro come pericolo di tipo uno.

Quella canzoncina l'aveva sentita molte volte quando era piccolo ma non ci aveva mai fatto caso. Era cresciuto con sua madre in un famoso bordello spagnolo perché il padre era stato per anni ed anni imbarcato senza mai avere il tempo di tornare da loro, almeno questo fino a qualche anno fa quando lo aveva conosciuto e non era poi un tipo malaccio sotto tutti quei tatuaggi e la puzza di mare.

Trattenne il fiato quando si avvicinò all'unica cella presente in tutta l'ala est dell'edificio, un solo uomo aveva bisogno di una cinquantina di soldati a doverlo sorvegliare giorno e notte ma proprio a lui era toccato di dover sorvegliare ad un metro di distanza dalla cella.
Che schifo la vita.
Almeno lo pagavano bene però... finalmente poteva donare la vita che spettava alla propria famiglia, togliendoli da quella miseria che li aveva caratterizzati.

La cella era pulita ed era illuminata dagli ultimi raggi solari.
La panca dove sarebbe dovuto essere seduto il condannato era vuota ma Thiago vide una mano muoversi nell'oscurità del fondo della cella, il primo posto ad incupirsi dopo il tramonto.
Quella mano si muoveva veloce sopra quella chitarra flamenca provocandogli brividi su tutta la pelle, aveva sentito così tante storie su di lui che ora aveva anche paura a rivolgergli parola e sopratutto non voleva interromperlo durante la composizione di quella meraviglia.
Lo fissò cercando di cogliere i dettagli del suo volto ma era avvolto dall'oscurità e tutto ciò contribuiva a dargli quell'alone di mistero che un po' inquietava ma Dio se lo faceva morire dalla voglia di conoscerlo.
Doveva semplicemente sbattere la spada sulle sbarre per richiamare la sua attenzione, tutto qui.
Eppure non poteva, non ci riusciva.
Era preso a tal punto che nemmeno si accorse che il prigioniero aveva smesso di suonare ed aveva iniziato a guardarlo.
Quegli occhi ambrati spaccavano il buio e Thiago fu certo di essersi pisciato sotto quando incontrò i suoi.

-¿Dónde está Julio? -

La sua voce così maschile, roca e profonda era accentuata dall'accento spagnolo acquisito dal tempo e del fatto che evidentemente non era un tipo che parlava molto.
Aveva chiesto di Julio, quello prima di lui, una guardia giurata in pensione e probabilmente l'unica persona che avesse visto negli ultimi diciotto anni.
Thiago ne era certo, lui lo odiava già perché aveva usurpato il posto di quello prima, ma era calmo nel suo tono di voce e ciò lo inquietava ancora di più.
Prima di rispondere alla domanda si avvicinò ancora di più alla cella per posargli la cena e da bere, come era stato ordinato dall'alto, era uno che evidentemente doveva essere trattato bene nonostante tutto.

- Murió ayer. ¿Quien eres? -

Julio era stato ammazzato mentre rincasava e la sua vita era rimasta una delle tante, anonima, senza avere un minimo riconoscimento per il lavoro svolto in quegli anni per lo stato.
Lui non voleva finire così e soprattutto non era quella la vita che sperava, non aveva fatto e visto praticamente nulla nemmeno della sua terra natale la Spagna.
Il prigioniero alla notizia della morte dell'uomo non si lasciò sfuggire nulla, nemmeno un gemito o un lamento ma rispose alla domanda successiva in modo freddo.
Calcolatore.

- No soy nadie. -

Il giovanotto lo vide alzarsi e posare quella meravigliosa chitarra flamenca sulla panca per poi avvicinarsi lentamente, ma a grandi passi verso le sbarre ed il suo vassoio.
Quella sera aveva avuto del pollo ed una mela, mai in tutta la sua vita aveva sentito che un detenuto fosse trattato così.
Appena fu sotto la luce di quegli ultimi raggi lo fissò senza pudore.
Sulla cinquantina, magrissimo nonostante il fisico che si riusciva ad intravedere dalla camicia aperta sul petto.
Aveva tatuaggi sparsi per tutto il corpo, abbronzato e consumato dal mare.
Le sue mani erano scheletriche ma pieni di anelli, probabilmente unico ricordo della sua vecchia vita.
Thiago moriva dalla voglia di sapere chi fosse quell'uomo così misterioso ed imponente.

- Quanti anni hai ragazzino? -

Glielo chiese così, senza degnarlo di uno sguardo mentre con compostezza mangiava il suo pollo.

- Tra qualche mese ventiquattro signore -

La risposta sembrò piacergli particolarmente perché soltanto dopo quella si girò verso il giovane per guardarlo veramente per la prima volta.
Sorrise tra se e sé immergendo lo sguardo nella pozza d'acqua cristallina non molto lontana dal giovane soldato.
Probabilmente ricordando qualcosa o comunque pensando a qualcosa.

- Non chiamarmi mai più Signore, detesto i signori con tutto me stesso -
Poi continuò sorridendo - Hai più o meno l'età che dovrebbe avere mio figlio -

Riportò lo sguardo sul viso del giovane prima di riprendere a mangiare come se niente fosse, ignorandolo completamente.

Improvvisamente voleva sapere tutto di quell'uomo così solo e taciturno, forse perché aveva fatto qualcosa di grande per essere a marcire lì dentro o forse perché in qualche modo aveva bisogno di un po' di brio nella sua vita.

- Come posso chiamarvi allora? -

Si spinse con quella domanda e lo sapeva molto bene.
Non avrebbe dovuto porla, non voleva essere ammazzato attraverso le sbarre da due mani ossute il primo giorno di questo suo nuovo incarico.
La speranza che in qualche modo poteva ricordargli il figlio lo rincuorava e gli avrebbe fatto prendere l'audacia per quella e per le prossime domande.

- Pretenzioso non credi? Sei qui da poco meno di mezz'ora e già vuoi conoscermi.
Te l'ho detto figliolo io non sono nessuno, non sono più nessuno da diciotto anni... ma tu questo già lo sai no? -

L'uomo si rialzò in uno scatto ma porse il piatto gentilmente alla sua guardia che rimase a fissarlo a bocca aperta, non era possibile che non avesse nome.
Tutti avevano un nome.
Non era nemmeno possibile che in tutta la sua vita nessuno gli aveva mai parlato di quel detenuto lì solo in quella regione sperduta della Spagna, uno così per forza doveva essere ricordato.

- Damnatio memoriae. -

Rispose il prigioniero senza nemmeno aver ricevuto indietro la domanda.
La damnatio memoriae, certo, come aveva fatto a non pensarci prima?!
Era stato praticamente cancellato dalla faccia della terra e nessuno, se non intendeva morire, doveva fare nome di lui.

Gli porgeva ancora il piatto e si affrettò a prenderlo prima di sembrare completamente idiota di fronte a quell'uomo, ai suoi occhi così rispettabile.
Per poterlo giudicare dopotutto avrebbe dovuto conoscere la sua storia ma questo solo e se lui avesse voluto.
Giocò d'astuzia allora, sperando che questo sarebbe potuto bastare a farlo parlare perché lui moriva veramente dalla curiosità.

- Io sono un ragazzo e non ho mai sentito parlare di voi ma non mi sembrate certo un uomo che abbia ucciso qualcuno per meritare di marcire qui dentro.
Siccome dovremmo passare molto tempo insieme permettete di conoscervi, di conoscervi attraverso i vostri occhi e solo ed esclusivamente dopo di poter formulare un giudizio su di voi -

Il prigioniero sorrise e si risedette accanto alla sua chitarra.

- Qual è la tua storia? -

- Te lo dirò perché ho bisogno di qualcuno per non impazzire ma non cercare di fottermi mai più con questi giochetti psicologici da quattro soldi perché veramente, fanno pena giovanotto -

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