Cigolii e lo scricchiolio del legno furono la prima cosa che sentii, mentre lentamente tornavo a riprendere i sensi.
Una fitta alla nuca fu la seconda cosa, seguito da un gran mal di testa e un forte senso di nausea.
Che ero stata colpita, ormai ne ero consapevole. Quello che non riuscivo a capire era il perché. Non ricordavo quasi nulla di quello che era successo.
Avevo solo il ricordo vago di Deuce a terra e di me che mi chinavo per aiutarlo... poi il nulla.
Sospirai, cercando di svegliarmi.
Provai a portare una mano sulla nuca per massaggiarla, dopo aver provato un'altra fitta di dolore, ma a un certo punto la mia mano si fermò.
Sembrava come se fosse trattenuta da qualcosa.
Aprii gli occhi dopo chissà quanto tempo che non lo facevo, e notai di essere stata incatenata al muro per i polsi.
«Ma cosa..?», Mormorai sentendo la gola e la bocca secchissime.
Avevo sete, davvero tanta sete...
Da quando tempo ero lì?
Sentivo tutto il corpo indolenzito, come se fossi stata immobile per giorni interi.
Mi guardai attorno.
Ero rinchiusa in una cella umida con solo una piccola finestrella alta che faceva entrare quel poco di luce che serviva per distinguere le sbarre dal pavimento.
Deglutii sentendomi la gola bruciare.
Mi sentivo così disidratata che il mio corpo non era più in grado di produrre saliva.
Sentii una porta cigolare e una luce intensa apparì dietro il rumore.
Qualcuno aveva aperto una porta e stava scendendo delle scale che prima non avevo notato.
Alzai debolmente la testa, per capire di chi si trattasse, quando vidi un uomo di altezza media, dai capelli neri e dal viso scavato, guardarmi con sguardo divertito.
Indossava una maglia rossa con una strana scritta in quello che doveva essere giapponese, insieme a una sciarpa bianca e dei pantaloncini semplici di colore nero.
«Ti sei svegliata, finalmente», disse con voce arrogante «Stavo cominciando a preoccuparmi. Sono passati ben tre giorni da quando ti ho portata qui».
Tre giorni?
Ero rimasta priva di sensi per così tanto?
«Chi sei?», Chiesi a fatica.
«Il mio nome è Mr. Mellow. Sono un cacciatore di taglie».
Sorrisi ironicamente al mio destino crudele.
Dovevo aspettarmelo.
«Ma certo. Stupida io a non esserci arrivata da sola».
«La cosa ti diverte?», Mi chiese l'uomo con una leggera punta di confusione e curiosità nella voce.
«Non più di quanto dovrebbe», ammisi tranquilla, sentendo le palpebre chiudersi dalla stanchezza «Perché sono qui, Mellow?».
«Perché ho bisogno di una promozione e tu sei il bottino che mi permetterà di averla».
«Interessante», ammisi incredula di quanto la gente potesse essere bastarda «Però, vedi... io non ho tempo di stare qui per farti avere la promozione. I miei compagni mi staranno già cercano, e quando ti troveranno... implorerai per la tua vita».
Mellow rise di gusto, come se avessi appena detto la battuta del secolo.
«Probabilmente sarebbe successo questo, ma vedi... io non sono così stupido come pensi», disse con una strana luce negli occhi «I tuoi compagni ti staranno cercando sicuramente, ma nel posto sbagliato».
«Che vuoi dire?».
«Ho lasciato un piccolo indizio fasullo sulla vostra nave, prima di dileguarmi con te. Tanto per spingerli il più lontano possibile. Non ti troveranno mai».
Mi sentii morire dentro.
Pensai a Ace e a come aveva reagito alla mia scomparsa.
Al fatto che stesse navigando in una direzione che lo avrebbe portato così lontano da me che probabilmente non ci saremmo più rivisti.
«Stai mentendo», dissi digrignando i denti.
«Oh, no dolcezza. Sono tante cose, ma di certo non sono un bugiardo. Puoi credermi sulla parola, anche se un po' mi dispiace».
Assottigliai lo sguardo non capendo le sue parole.
«Portgas sarebbe stato di certo un bottino più appetitoso, con quella taglia da quasi quattrocentomilioni. Ma ammetto che nemmeno la tua è malaccio. Nonostante sia più bassa, fai comunque venire l'acquolina... e non parlo solo dei soldi».
Abbassò lo sguardo per fissarmi il seno e il resto del corpo, dandomi un senso di nausea ancora più forte di quella che già stavo provando.
«Se mi tocchi, sei morto», lo minacciai con tutta cattiveria che potevo.
Sorrise. «Sei in quelle condizioni e hai la forza di minacciarmi? Complimenti. Hai del fegato», disse congratulandosi con me «Ma vedi, le tue minacce sono inutili. Non sarai mai in grado di utilizzare i tuoi poteri su di me o sulla mia ciurma».
«Sembri molto sicuro».
«Oh, lo sono», ammise lui incrociando le braccia al petto «Le manette che ora ti tengono incollata al muro sono di algamatolite. Da quello che so, ne hai già avuto a che fare».
Guardai le manette ancora una volta e mi resi conto solo in quel momento che erano le stesse che aveva usato la Marina a Baterilla mesi prima, per imprigionare me, Ace e Deuce.
«Come puoi notare, non sono un pivellino. Non mi sarei mai messo alla tua ricerca, senza prima attrezzarmi a dovere».
«Quindi, sei assolutamente certo di aver vinto», dissi prepotente cerando di non farmi intimorire.
Ero uscita da situazioni ben peggiori.
In qualche modo sarei uscita anche da quella... almeno lo speravo.
«Potrei avere dell'acqua? Visto che sono così importante, credo tu voglia mantenermi in vita».
«Il capo ha in servo un trattamento speciale per te, una volta che arriveremo a destinazione. Quindi sì, farò in modo di mantenerti in vita fino ad allora».
Si voltò per guardare un secchio di legno accanto a lui.
Prese quella che sembrava un bicchiere di vetro e lo immerse nel liquido dentro il secchio.
Aprì la cella dopo aver estratto le chiavi dalla cintura e si avvicinò a me.
«Ecco a te, dolcezza», disse l'uomo porgendomi il bicchiere «Però forse dovrei dartela io. Hai le mani occupate».
Lo fulminai con lo sguardo, ma lui non perse il sorrisetto malizioso sul viso che aveva ormai già da troppo tempo.
Si chinò davanti a me e avvicinò il bicchiere alla mia bocca.
Cominciai a bere l'acqua fredda che mi scese in gola, lasciandomi inizialmente una sensazione di bruciore che svanì a ogni sorso.
«Avevi sete», commentò l'uomo divertito.
Ripresi fiato, abbassando la testa.
Non volevo guardarlo.
«Che sbadato», disse improvvisamente «Ti sei bagnata la maglietta».
Lo vidi allungare una mano verso il mio petto, ma nonostante fossi in quelle condizioni, le mie gambe erano libere.
Con un gesto riuscii a colpirlo sulle parti basse, facendolo gemere di dolore.
Si allontanò da me, trascinandosi per terra.
«Sta' lontano da me, maiale!», Ringhiai sentendomi senza forze.
La fame mi stava facendo sentire sempre più debole.
«Maledetta ragazzina!», Ringhiò lui con un filo di voce, tenendosi la mano su quel punto «Me la pagherai».
Si rialzò da terra lentamente, fino a riprendere la forza necessaria per sferrarmi un pugno sull'addome che mi fece mancare il respiro.
In tutta la mia vita non avevo mai ricevuto un pugno così forte.
Cominciai a tossire pesantemente per riprendere fiato.
«Non fai più la gradassa adesso, vero?», Continuò l'uomo «Ti insegno io come ci si comporta su questa nave».
Senza accorgermene, sentii la mia faccia venire presa in una morsa e fatta alzare.
Mi sferrò uno schiaffo fortissimo sul viso che mi fece tremare il cranio.
Il dolore era insopportabile.
Un calcio mi colpì l'addome, poi arrivò un altro schiaffo e un altro ancora fino a che persi il conto.
Non riuscii nemmeno a cadere perché le catene mi impedirono di compiere il gesto, fermandomi a metà strada.
Posai la testa sul mio braccio.
Anche se avessi avuto i miei poteri, non sarei riuscita a sconfiggerlo.
Ero troppo debole.
«Razza di ingrata», disse il cacciatore di taglie, per poi sputare sul pavimento «Ringrazia il cielo che il capo ha espressamente chiesto di portarti viva».
Non risposi.
Non ne avevo la forza.
«Ti farò portare del cibo. Vedi di mangiare, altrimenti sarò costretto a usare le maniere forti», disse con tono minaccioso, per poi dirigersi ancora dolorante verso l'uscita, chiudendo la cella dietro di lui prendendo la via delle scale.
Una volta che chiuse la porta, il buio mi avvolse di nuovo.
Cominciai a piangere con le poche forze che avevo, notando delle gocce di sangue cadere sul pavimento.
Provenivano dalla mia bocca...
Quanto stupida ero stata.
Come ero riuscita a farmi portare via in quel modo?
Come avevo fatto a essere così ingenua?
Pensai a Ace e alle sue parole.
Aveva ragione.
Aveva sempre avuto ragione.
Avrei dovuto ascoltarlo e tornarmene da Dadan. Lasciar perdere la pirateria una volta per tutte e vivere una vita normale.
Non ero fatta per quella vita.
Ero soltanto un peso per tutti, solo in quel momento me ne resi conto.
«Ace...», Sospirai sentendo la testa diventare pesante «Dove sei?», Mormorai prima di perdere nuovamente i sensi.
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𝕆𝕟𝕖 ℙ𝕚𝕖𝕔𝕖 - Due Cuori, Un Solo Fuoco-
FanfictionCosa sarebbe accaduto, se nella piccola Isola di Dawn, poco dopo l'arrivo di Luffy, fosse arrivata anche una bambina? Come sarebbe stata la vita di Ace, Luffy e Sabo? Avrebbero fatto entrare nella loro ciurma anche la piccola Emy? E cosa sarebbe su...