Alla Massima Velocità

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                                Ace

«Ti prego, Deuce. Fa' qualcosa!».
«Devo visitarla. Mettila qui», disse lui, facendomi segno di posare Emy sul nostro letto. Si avvicinò a lei, mentre io mi feci leggermente da parte per permettergli di avere più spazio.
Cominciò a esaminarla, sentendo il battito cardiaco tramite il polso.
Emy respirava a fatica.
Stava davvero molto male. Non l'avevo mai vista in quelle condizioni.
«Ha il battito accelerato».
«Che significa?».
«Significa che ha la febbre altissima, Ace. Dobbiamo trovare al più presto un isola o Emy potrebbe non farcela».
Quelle parole mi gelarono il sangue.
«Cosa? Ma che stai dicendo?», Chiesi nervoso.
«Questa non è una febbre normale», aggiunse sentendole la fronte «Avevo sentito parlare di questo fenomeno, ma non credevo fosse reale».
«Fenomeno?».
Sospirò, alzandosi in piedi.
«Durante i miei studi all'università, ci fecero leggere un libro sugli strani fenomeni che la natura può avere sugli esseri umani. Uno in particolare colse la mia attenzione. Parlava di un fenomeno legato al clima, mentre si percorreva la rotta maggiore. Dipende dall'improvviso ed eccessivo mutamento climatico. In certi casi... ho sentito che porta a morte improvvisa».
«Emy non morirai, mi hai capito?», Urlai prendendolo per il lembo della camicia, pervaso da un'improvvisa rabbia incontrollabile.
Sapevo che non era colpa sua, prendermela con lui non sarebbe servito a nulla, ma volevo che si togliesse dalla testa che Emy potesse non farcela.
«Ce la farà! È più forte di quello che pensi».
«Questo fenomeno è in grado di colpire chiunque, senza distinzione di sesso o resistenza fisica. Anche se fosse in forma leggere, ogni imprudenza potrebbe esserle fatale», aggiunse lui con tono pacato, ma si vedeva lontano un miglio che era preoccupato.
«Smettila!», Ringhiai lasciandolo andare, prima di colpirlo.
Abbassai il capo, tremando dal nervoso.
«Non puoi fare niente per lei?».
«Non sono riuscito a fare rifornimento di medicine a Baterilla. Non ho nulla contro la febbre qui».
«Allora facciamo rotta sull'isola più vicina. Poi cercheremo qualcuno che possa aiutarci», dissi cominciando ad alterami di nuovo.
«Si, ma sta' calmo. Non serve a niente agitarsi. Dobbiamo lasciarla tranquilla».
«Ace...», Mormorò Emy con voce flebile.
Mi precipitai da lei e le presi la mano.
Emanava così tanto calore che persino io potevo percepirlo distintamente dal mio.
Alzò leggermente lo sguardo per guardarmi. Vederla in quello stato mi fece provare una sensazione di paura che avevo provato solo una volta nella mia vita. Quella volta a Dawn, quando Emy fu attaccata da quel maledetto orso. Anche in quel momento avevo provato la stessa identica sensazione di angoscia che stavo provando adesso.
«Ti farò stare meglio. Te lo prometto», le sussurrai per tranquillizzarla, accarezzandole la testa.
Lei mi sorrise debolmente con gli occhi lucidi, per poi addormentarsi lentamente.
Le diedi un bacio sulla fronte bollente e sudata.
Non avrei mai permesso a niente e a nessuno di portarmela via.
In quel momento, sentimmo un tonfo fortissimo, seguito da un cigolio fece oscillare la nave.
«Che succede?», Chiese Deuce confuso.
«La nave... si è fermata», risposi incredulo.
Mi alzai da terra con una strana sensazione e corsi fuori, seguito dal mio amico.
Quello che vedemmo ci lasciò a bocca aperta.
Una nave si era attaccata alla nostra, facendola fermare bruscamente. Degli uomini armati ci fissavano con sguardi divertiti e altezzosi.
«Chi siete?», Chiesi confuso.
Uno di loro si fece avanti.
Era un uomo barbuto e dall'aria leggermente trasandata. Sulla sua spalla era posato un fucile a canna.
«Ti abbiamo trovato, Portgas», ammise soddisfatto con la sua voce gracchiata «Correrti dietro non è stato facile, ma alla fine ci siamo riusciti».
Come faceva quell'uomo a conoscermi?
«Non avete ancora risposto alla mia domanda», dissi cominciando a innervosirmi.
«Siamo cacciatori di taglie. Mi sembra ovvio», ammise lui con fierezza.
Gli uomini cominciarono a sghignazzare dietro di lui, impugnando le loro armi con fare intimidatorio.
«Cacciatori di taglie?», Ripeté Deuce accanto a me, incredulo.
«Sapevamo che eri giovane, ma non così tanto», continuò l'uomo mettendosi a ridere «Non mi va l'idea di fare del male a un ragazzino. Se ti consegni di tua spontanea volontà, prometto che non ti torcerò neanche un capello».
«Non ho tempo da perdere con voi», tagliai corto «Andatevene!».
L'uomo si irritò alle mie parole e dopo aver fatto due passi, saltò sulla nostra nave, seguito dai suoi uomini.
«Il ragazzo accanto a te, mi ricorda qualcuno. Dovrebbe essere anche lui un ricercato, se non sbaglio», aggiunse osservando attentamente Deuce.
«Sbagli, sbagli», gli disse Deuce con ironia, facendomi sorridere divertito.
«Non si dimentichi della ragazza», mormorò un uomo paffuto e dall'aria scema, alle spalle del suo capitano.
«Giusto», lo zittì lui «Emy Price. Ha una taglia di ben trenta milioni».
Io e Deuce lo guardammo sbalorditi.
Emy non aveva fatto nulla per ottenere una taglia del genere. Come era possibile che la sua prima taglia fosse così alta? Di sicuro c'era lo zampino di Garp.
«Cercatela!», Ordinò l'uomo con arroganza ai suoi uomini che ridacchiando balzarono giù dalla nave.
«Toccatela e non vedrete l'alba di domani», ringhiai mettendomi in posizione di attacco.
«Se pensi di spaventarti, ti sbagli di grosso», ammise il capitano «Sappiamo cosa sei in grado di fare. La Marina ha dato indicazioni ben precise su di te, Ace "Pugno di Fuoco"».
Sorrisi divertito. «Quindi, è così che mi chiama la Marina».
«Esattamente. Sulla tua testa ci sono ben duecento milioni. Non mi farò mai scappare un bottino come te».
«Però», esclamò Deuce ironico, incrociando le braccia al petto, visibilmente soddisfatto «Mica male».
«Vero?», Chiesi cominciando a scherzare con lui «La visita turistica a Baterilla non è passata inosservata».
«Hai steso senza muovere un muscolo un gruppo di marine. Come poteva passare inosservata?», Mi chiese Deuce divertito.
«Giusto. Dimenticavo», ammisi mettendomi a ridere, seguito dal mio amico.
«Guardate che noi siamo ancora qui!», Urlò l'uomo offeso che non lo avessimo più badato, facendoci tornare alla realtà.
«Oh, è vero», dissi voltandomi verso di lui «Perdonateci».
L'uomo sembrava sempre più nervoso.
Gli era persino venuto un tic nervoso all'orecchio.
«Voi... ve la state ridendo, mentre un branco di cacciatori di taglie vi stanno puntando le armi contro?», Chiese sull'orlo di una crisi isterica.
«Prendi il cappello», dissi a Deuce porgendoglielo «E va' a controllare Emy. Qui ci penso io».
«Sicuro?».
«Sì, tranquillo. Ci metterò un attimo».
«Va bene», sospirò, prendendo il cappello con sé «Ne approfitto per preparare uno spuntino per dopo», aggiunse tornando nella cabina dove avevamo sistemato Emy.
«Non voltarmi le spalle», urlò l'uomo puntando il fucile verso il mio amico.
Corsi nella sua direzione e gli diedi un calcio sulla faccia che lo fece cadere a terra tramortito.
«Non lo sai che colpire alle spalle è da codardi?», Chiesi irritato dal suo gesto.
Alzai gli occhi verso i suoi uomini che indietreggiarono impauriti.
«Allora, gente», dissi cominciando a schioccarmi le nocche e il collo «Possiamo finirla con le buone o con le cattive. A quanto pare il vostro capo era più bravo a parlare che a combattere. Mi chiedo se c'è qualcuno tra voi che possa darmi un po' di soddisfazione».
Gli uomini si guardarono l'uno con l'altro, aspettando che qualcuno parlasse, ma nessuno lo fece.
«Allora?», Chiesi cominciando a stancarmi di quella sceneggiata «Dov'è finita tutta la vostra grinta?».
«C-codardi», mormorò il loro capo dolorante mentre cercava di rialzarsi «Abbiamo affrontato di peggio nella vita. Con quale coraggio tremate davanti a un ragazzino?».
«Ma capo», disse uno di loro «Ha visto con che facilità l'ha messo al tappeto? Lei è decisamente il più forte tra noi».
«Potreste attaccarmi tutti insieme», m'intromisi dando loro l'idea.
Era da un po' che non mi sgranchivo a dovere. Inoltre, dovevo ancora testare veramente quanto la mia forza fisica fosse aumentata. Nemmeno quel bestione a Baterilla mi aveva dato soddisfazione.
«Ha ragione», disse il ciccione scemo a un suo compagno.
«Già», rispose l'altro con la voce gracida «Attacchiamolo!».
Improvvisamente, gli uomini si scagliarono contro di me, ognuno impugnando le proprie armi. Schivare i loro colpi era un gioco da ragazzi. Finivano a terra solo dopo un colpo.
«Tutto qui, quello che sapete fare?», Chiesi insoddisfatto «Speravo in qualcosa di più soddisfacente».
«Vuoi essere soddisfatto?», Mi chiese il loro capo che stava ancora dietro di me.
Percepii un rumore, segno che era pronto a sparare. Provai un'improvvisa sensazione di calore dentro di me. Come se il mio corpo stesse reagendo da solo alla provocazione dell'arma puntata. Quando sparò, mi colpì dritto alla testa, ma non sentii alcun dolore. La pallottola mi attraversò come era successo a Baterilla e colpì l'uomo che mi stava davanti.
«Ma cosa diavolo....?», Mormorò l'uomo incredulo «Non è possibile».
«Stupisce sempre anche me», ammisi sarcastico, voltandomi verso di lui «Avresti dovuto informarti meglio sui miei poteri. Questi trucchetti primitivi non hanno effetto su di me», aggiunsi infine, dandogli un colpo secco allo stomaco, senza esercitare troppa forza.
Non volevo ucciderlo, ma solo renderlo inerme.
Come avevo previsto, la situazione era meno pericolosa di quanto sembrasse. Alla fine, quel branco di cacciatori di taglie, si era dimostrato solo un mucchio di uomini con i fucili più lunghi delle loro lingue. Una volta sistemato tutti a dovere, mi avvicinai al loro capo. Lo presi per il lembo della camicia ruvida e lo sollevai senza fatica. Aveva ancora l'espressione frastornata dal mio pugno.
«Ehi!», Dissi dandogli qualche leggero schiaffo in faccia per farlo rinsavire «Andiamo, sveglia!».
Lui aprì lentamente gli occhi, e quando tornò in sé mi guardò sbarrandoli dalla paura, cominciando a tremare.
«N-non farmi del male», balbettò lui implorante.
«Senti un po'. Come ti chiami?», Chiesi serio.
«J-Jin», balbettò ancora.
«Ascolta, Jin. Non voglio farti del male, sta' tranquillo. Ho solo bisogno di sapere, se conosci bene queste acque».
«B-Be', I-io... in effetti ci sono cresciuto da queste parti».
«Sai dirmi che isole ci sono qui?».
«Be'... c'è l'isola di Magù», disse lui «È un posto abbastanza pacifico, anche se non c'è nulla d'interessante».
«Quanto dista da qui?».
«Circa tre giorni».
«Tre giorni?», Ripetei nervoso, lasciandolo andare come se fosse un sacco di patate.
Mi misi le mani nei capelli, dandogli le spalle.
Non sapevo se Emy avrebbe resistito così tanto.
«Mi sembra di capire che hai fretta di arrivare a terra».
«La mia ragazza sta male. Ha la febbre. Devo trovare al più presto un dottore o....», Mi morsi il labbro.
Non volevo neanche immaginare che Emy non ce la facesse. Avrei donato la mia vita per lei.
Doveva vivere ad ogni costo!
«Se cerchi un dottore, allora ti conviene andare a Brea. Lì ne conosco uno molto bravo», disse «In effetti, lo conoscono tutti, è l'unico che c'è».
«È lontana?».
«Se mantieni la rotta a velocità massima, dovresti arrivarci entro mezzogiorno di domani».
«Davvero?», Esclamai sentendo la speranza tornare in me.
«Sì», disse lui pensieroso «Anche se la rotta è un po' difficile da tenere, se non si conoscono bene questa acque».
«Allora verrai con noi», tagliai corto.
«C-che cosa?», Esclamò lui incredulo «Non ci penso nemmeno. Non posso farmi vedere in giro con dei pirati».
«Tu verrai», ringhia minaccioso, riafferrandolo per la camicia.
«Cerca di capire...», Mormorò lui addolcendo il tono, intimorito dal mio sguardo «Sono un cacciatore di taglie. Su quell'isola ci sono nato, quindi mi conoscono tutti. Non ci farei una bella figura nel tornare in compagnia di tre pirati».
«Senti, barbone. Ti ripeto che la mia ragazza sta male e ho bisogno al più presto di un dottore», ringhiai dando fuoco alla mia mano libera per stimolare ancora di più la sua paura.
Lui la guardò con gli occhi fuori dalle orbite, cominciando a sudare.
«Aaah, fermo, fermo, fermo», urlò cominciando a dimenarsi come un pesce.
«Tu sei l'unica persona che possa condurmi lì, senza che ci sia il rischio che io perda tempo», continuai cercando di fargli capire che non avrei avuto pietà, se non mi avesse dato quello che volevo «Se preferisci, posso sempre prendere uno dei tuoi uomini per sostituirti, ma non potrei lasciarti vivere».
«Va bene, va bene. Hai vinto», urlò lui dimenandosi sempre di più «Ma ora, ti prego, spegni quella mano», piagnucolò subito dopo.
Mi rilassai quanto bastava per spegnere il fuoco che avevo creato. Avevo ottenuto quello che volevo, quindi non c'era motivo di spaventarlo oltre.
«È bello parlare con te», dissi soddisfatto, dandogli una pacca sulla spalla.

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