Ossessione

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«Cosa ci faranno?» chiese Emy, angosciata.
Erano già passati due giorni, e Barbanera non si era più fatto vivo.
Vedevamo solo il gigante dai capelli viola, di cui avevamo appreso il nome: Burgess.
Ci portava da mangiare, almeno quel poco che poteva sfamare una persona.
Barbanera era sempre più crudele con noi, ma non potevo dirgli della gravidanza di Emy.
Se avesse saputo che presto sarebbe venuto al mondo un mio erede...il cielo solo sapeva, cosa avrebbe potuto fargli.
Per non parlare di mia moglie.
Che ne sarebbe stato di lei, una volta partorito?
Chi avrebbe potuto accudirla su quella maledetta nave?
Rabbrividivo al solo pensiero a ciò che avrebbero potuto farle quel mostro.
Dovevo sperare che Teach mantenesse la parola.
«A te nulla» la tranquillizzai.
«Pensi davvero che Teach si tirerebbe indietro dal mettere le mani addosso ad una donna?».
«Non ti toccherà! Non glielo permetterò».
«Non ho paura per me, ma per il bambino» sospirò lei.
Sedevamo da ore l'uno accanto all'altra, vicini alle sbarre, tenendoci per mano.
Era l'unico conforto che potevo darle, rinchiuso com'ero.
Mi sentivo così inutile.
Avrei voluto darle una vita migliore...
«Pensi mai...a come sarebbe potuta essere la tua vita, se avessi deciso di rimanere a Monte Corvo con Dadan?».
Le posi una domanda che mi facevo da tempo.
So che ne avevamo già parlato una volta, più o meno, ma ora...non è che ci restava tanto da fare.
«Di certo non sarebbe stata così movimentata» ammise lei ridacchiando.
Quel suono dolce mi fece sorridere.
«Sono serio...come pensi che avresti vissuto lì?».
«Probabilmente, avrei trovato un lavoro al villaggio. Forse alla locanda Makino».
«Ti manca?».
Restò in silenzio per qualche secondo.
«Certo. Come mi manca quella burbera di Dadan, Dogura e Magura, i banditi...mi manca tutto di quel posto» disse con lo sguardo perso nel vuoto.
Sapevo che se la stava immaginando.
La nostra isola.
I ruscelli, le radure che avevamo esplorato insieme a Luffy e a Sabo.
Le nostre eterne lotte, le risate, le notti insonni ad osservare le stelle...
Dovevo ammettere, che mancava molto anche a me.
La mia vecchia vita mi mancava davvero.
Mai avrei pensato che un giorno mi sarebbe successo di provare nostalgia per quella terra che tanto avevo disprezzato.
Dovevo essere davvero maturato con gli anni.
«Tu che avresti fatto?» mi chiese improvvisamente, distogliendomi dai miei pensieri.
«Io?».
«Sì» disse lei sorridente «Se non avessi fatto il pirata, che cosa avresti fatto?».
Sospirai dal naso, pensandoci un po' su.
«Non so» ammisi «Forse, sarei diventato un falegname».
Fece una smorfia.
«Un falegname?» chiese confusa.
«Hai idea di quanti alberi ho distrutto, quando mi allenavo nel bosco? Ci avrei fatto un sacco di soldi, se lo avessi venduti».
Si mise a ridere di gusto, facendolo beare nuovamente di quella melodia che era la sua risata.
«Hai ragione. Saresti diventato ricchissimo, ma la foresta non avrebbe avuto più alberi».
«Piccolo dettaglio» dissi sorridendo con lei.
«E poi? Solo questo?».
«Sei tremandamente curiosa» sbottai divertito.
Lei mi fece la linguaccia.
«Avrei preso una casa» ammisi, guardandola negli occhi, tornando serio poco a poco, immaginandomi la nostra vita alternativa su quell'isola.
«Con un giardino» continuò lei.
«E un camino» aggiunsi «Un bel camino dove accoccolarsi durante le notti d'inverno».
«Sotto una coperta a sorseggiare del cioccolato con la panna» chiuse gli occhi, immaginandosi la scena e sorrisi felice.
Poi la guardai, cercando di imprimermi nella mente quel viso d'angelo che avevo amato fino dal primo istante, e che sapevo che mi sarebbe stato portato via per sempre.
Speravo solo che mi perdonasse...
«Avrei davvero voluto darti tutto questo».
«Lo avremo» disse lei fiduciosa «Basta solo uscire da qui».
Mi rattristai.
«Sì» mormorai, abbassando lo sguardo.
«Hai detto che Teach ha accettato la tua proposta» continuò lei, confusa dalla mia razione.
«È così» ammisi spendo che lei non era al corrente della verità, ma di un'altra bugia che le avevo rifilato per non farla preoccupare.
«Allora, perché fai quella faccia?».
Forzai un sorriso, cercando di non farle capire il mio vero stato d'animo.
«Scusami. Sono solo un po' stanco».
Mi guardò, preoccupata.
«È per il cibo, vero?» mi chiese lei, dispiaciuta.
«Il cibo?».
«Lo stai dando tutto a me. Se non fossi io a costringerti, non mangeresti neanche i tozzi di pane. Lo vedo che fingi di non aver fame».
«Ma cosa dici?» le chiesi, fingendo di cadere dalle nuvole.
«Sto mentendo, forse?».
«Non mangio perché non ho molto appetito».
«E pensi che possa crederti, dopo aver passato tutta la vita a vederti abbuffare insieme a Luffy e compagnia bella? Sei dimagrito, da quando siamo arrivati qui» disse lei agitandosi sempre di più.
«Emy, shhh» dissi con tono dolce, vedendola innervosita.
Allungai le mani verso le sbarre, per accarezzarle il viso.
«Devi mangiare. E non solo per te...lo sai».
«Quindi lo ammetti...che non stai mangiando per darlo a me» disse con le lacrime agli occhi.
«Te lo garantisco, Emy. Stare in questa cella toglierebbe l'appetito a chiunque, non solo a me. È per questo che non riesco a mangiare».
La mia mezza verità sembrò calmarla.
«Sei sicuro?» mi chiese con aria da cucciolo, che mi intenerii fino a farmi sentire come burro sciolto al sole.
«Sicuro» ammisi, sorridendole «Quando saremo fuori di qui, ti prometto che tornerò ad abbuffarmi come un maiale. Come dici sempre tu».
Sorrise, e una lacrima le scese sulla guancia.
«Ti preparerò un pranzetto coi fiocchi».
«Non vedo l'ora di mangiarlo. Sei una cuoca provetta».
«Devo ringraziare Satch» ammise lei sorridente, per poi rattristirsi subito dopo.
Abbassò lo sguardo, tornando con la schiena contro la parete dietro di noi.
«Credi che abbia trovato la pace?».
«Satch aveva uno spirito forte. Sono certo che si sarà fatto strada a suon di cazzotti, per ottenerla».
Sorrise alle mie parole, anche se quel ghigno debole durò molto poco.
Improvvisamente fece una smorfia, voltandosi dall'altra parte, tenendosi la bocca con una mano.
«Che succede?».
«Niente, sto bene. Ho solo un po' di nausea».
«Cosa posso fare?» chiesi cercando di rendermi utile.
«Tranquillo. È già passato» mi disse leggermente pallida.
Quel colorito ancora non le era andato via.
Avrei dovuto chiedere più cibo per lei.
Forse potevo contrattare qualcos altro con Barbanera, ma cosa?
Non avevo altro da offrirgli se non la mia vita, ma quella se l'era già presa.
La porta si aprì all'improvviso, sbattendo con violenza contro una cella, facendoci sobbalzare.
Barbanera entrò con passo deciso, calpestando sonoramente il legno massiccio sotto i suoi piedi, fermandosi poi davanti alle nostre celle, con le mani dietro la schiena.
Lo seguiva Burgess e gli altri tre scagnozzi di cui non ricordavo il nome.
Sia io che Emy lo guardammo fulminandolo con lo sguardo.
«Mi sembri sciupato, Ace» disse lui divertito «Sicuro di mangiare a sufficienza, amico mio?».
«Che cosa vuoi, Teach?» chiesi acido «Non abbiamo più nulla da dirci, mi pare».
Emy strinse la mia mano.
«Che coppietta tenera» commentò sarcastico «Non è vero, Burgess?».
Il gigante ghignò divertito.
«L'amore ti ha rammollito, Ace. Una volta, saresti stato in grado di distrugge l'intera nave».
«Che ne dici di vedere se ne sono ancora in grado?» chiesi con la sua stessa ironia.
«ZAHAHAAH. Credi che sia così stupido da liberarti? Non siamo ancora arrivati a destinazione».
«Arrivati dove?» chiese Emy, confusa.
«Non te l'ha detto?» le chiese Teach, curioso «Ma come? Gli innamorati non parlano di tutto?».
«Sta' zitto!» ringhiai acido.
«Che cosa doveva dirmi?» chiese lei, ricominciando ad innervosirsi.
«Il tuo principino, ha barattato la tua vita con la sua» disse Teach, puntando un dito verso di me «Ora siamo diretti alle prigioni di Impel Down, dove mi permetterà di venderlo per la bellezza di 550 milioni di berry, con l'unica pretesa di lasciarti libera».
Emy si voltò a guardarmi, sconvolta.
Chiusi gli occhi.
Non avevo il coraggio di guardarla in faccia.
Sapevo a cosa stava pensando.
«Dimmi che non è vero» mormorò lei, con voce tremante «Ti prego...».
Mi ci volle qualche secondo per ammetterlo.
«Mi dispiace...» mormorai a voce bassa, continuando a tenere la testa china.
La sentii sospirare, ancora incredula da ciò che era venuta a sapere.
Alzai lo sguardo per fulminare Teach.
«Non guardarmi così, Ace» disse lui, fingendosi ferito «La colpa è tua. Avresti potuto dirglielo, ma hai deciso di tacere. Credevi che non l'avrebbe scoperto?».
«Speravo accadesse più avanti» ammisi, con tono acido.
«E quando?» chiese lui divertito «Dopo aver visto la foto della tua esecuzione sul giornale? Zahahaha».
Cominciai a tremare dalla rabbia.
Cosa avrei dato in quel momento, per alzarmi e dargli un pugno in...
Emy si alzò di scatto, avanzando verso di lui, dandogli un pugno dritto sul naso, che lo fece cadere a terra, dolorante.
Restai sbalordito, sia dalla sua forza, sia dal fatto che sembrava avermi letto nel pensiero.
Anche gli uomini di Teach restarono a bocca aperta.
«Come ti permetti, ragazzina?» urlò Barbanera, tenendosi il naso sanguinante.
«Azzardati ancora a ridere di lui, e ti farò mangiare tutti i denti che ti sono rimasti in quella sudicia bocca!» ringhiò lei, acida.
Vederla così, mi fece provare un brivido di piacere misto orgoglio lungo la schiena.
Teach si alzò da terra, rifiutando l'aiuto dei suoi uomini.
«Apri la cella!» ordinò al bestione.
«Non avvicinarti a lei!» urlai, alzandomi di scatto, ma le catene incollate alle mie manette e al muro dietro di me, mi impedirono di muovermi come volevo.
Teach entrò nella cella di Emy avanzando verso di lei.
Sentivo il sangue ribollirmi nelle vene.
«Teach!» urlai, mentre Emy indietreggiava di qualche passo.
Non mi ascoltò, continuando ad avanzare verso di lei, afferrandola poi per il collo.
«Maledetto! Lasciala!» urlai ancora, sperando di attirare la sua attenzione, ma non ci riuscii.
«Sei sempre stata una ribelle» le disse lui con tono arrogante, ma fiero «Ho sempre amato questo tuo lato».
La presa che aveva su di lei non sembrava stretta.
Emy non aveva l'aria di stare soffocando.
Se non voleva ucciderla, allora...perché era entrato?
«Sai, è da un po' che ci penso» continuò lui «Che ne dici...di diventare la mia donna?».
Sbarrai gli occhi, sentendo il mio corpo cominciare a tremare ancora di più.
Provai a liberarmi dalle catene, ma l'algamatolite mi aveva indebolito troppo.
Senza i miei poteri, non sarei mai riuscito a spezzarle.
«Preferisco essere data in pasto ai pesci» disse lei acida, senza perdere lo sguardo serio e irritato su di lui.
«Sarebbe uno spreco» ammise lui, abbassando lo sguardo sul suo corpo «Un enorme spreco».
Allungò una mano verso il suo ventre.
Se glielo avessi permesso, lo avrebbe scoperto.
Emy cominciò ad agitarsi, cercando di allontanarsi più che poteva con il busto, ma la presa che quel bastardo aveva su di lei le impediva di muoversi.
«Sta' ferma!» brontolò lui, divertito.
«Teach, sporco animale! Guardami, se ne hai il coraggio!» urlai in preda all'ira e alla disperazione.
Fortunatamente, questa volta riuscii ad attirare  la sua attenzione.
«Sono impegnato Portgas» si lamentò lui.
«Non erano questi gli accordi» ringhiai.
«Oh, hai ragione. Ma vedi, non ti sei soffermato sulle clausole» ammise lui «Avresti dovuto specificare bene, il modo in cui volevi che la trattassi, finché l'avrei trattenuta. Però anche se lo avessi fatto...questa è la mia nave» disse guardandosi intorno «E destino vuole che sia io il capitano, qui...perciò, detto io le regole».
«Non le torcerai un capello!».
«Intendo lasciaglieli, infatti. Ciò che voglio torcerle...è qualcos'altro» disse con sguardo sadico e perverso, mentre i suoi uomini risero alla sua battuta.
Allungò nuovamente la mano su di lei.
«Voglio proprio divertirmi un po' con il tuo meraviglioso corpo, e lo farò proprio sotto gli occhi del tuo ragazzo» ridacchiò perverso Teach.
«Aspetta!» urlai ancora, giocando la mia ultima carta.
Non sarei mai riuscito a sopravvivere alla scena di mia moglie, che veniva aggredita da quella feccia umana davanti ai miei occhi.
«Vuoi divertirti?» chiesi «Che ne dici di sfogare la tua rabbia su di me?».
«Su di te?» chiese curioso «Non sei esattamente il mio tipo».
I suoi uomini risero ancora.
«Mi sono venduto, ricordi? Che ne dici, di prenderti la rivincita».
«Non sono interessato a battermi con te» ammise lui, tornando con gli occhi su Emy.
«Ma come?» continuai, sperando di spronarlo «Nonostante io sia legato, hai paura che possa metterti al tappeto ugualmente?».
Si voltò per fulminarmi con lo sguardo.
Stava funzionando.
«Credi di farmi paura, ragazzino?» ringhiò acido.
«Non è così?» chiesi con un ghigno di sfida.
Mi fissò per qualche secondo, prima di lasciare Emy con un gesto secco.
Fortunatamente, mia moglie ebbe la forza di cadere sulle gambe, evitando di sbattere il busto a terra.
«Ace...» mormorò lei «Cosa vuoi fare?».
La mia cella si aprì, e ne entrò un Teach furioso.
Mi raddrizzai per affrontarlo.
«Credi che sia un codardo?» mi chiese lui, con voce rauca e irritata.
«Non credo. Lo so!» ammisi «Te la stavi prendendo con una persona che è un quarto di te».
«Mentre tu, saresti più della mia stazza. Dico bene?».
«Ti ho già messo al tappeto una volta, ricordi?» chiesi provocandolo ancora di più.
«Ace, no!» disse Emy capendo cosa stavo cercando di fare.
«Non agitarti» le dissi, senza togliere gli occhi dal mio avversario.
Non potevo fermarmi.
Non gli avrei permesso di metterle le mani addosso.
Non finché il mio cuore batteva ancora.
«L'unico che si agiterà sei tu, una volta che avrò finito» ringhiò Teach, sferrandomi un pugno potentissimo sull'addome.
«Ace!» urlò Emy disperata.
Riuscii a non cadere a terra, ma non potei impedire al mio corpo di barcollare, per il colpo ricevuto.
Sentii una fitta fortissima agli addominali, che mi tolse il fiato per qualche secondo.
«Tutto qui...quello che sai fare?» mormorai dolorante, raddrizzandomi nuovamente «Così mi ferisci nell'animo».
«Sei davvero un masochista, Ace» disse lui divertito, sorridendo compiaciuto, mentre un altro pugno mi arrivò dritto in faccia, facendomi sbattere violentemente la schiena verso la parete alle mie spalle.
«No! Ace! No!» urlò ancora Emy.
Caddi sedendomi a terra, mentre sentivo il sangue gocciolarmi dalle narici.
«Sai, ci sto prendendo la mano. Torturarti è di gran lunga un passatempo più divertente» ammise Teach «Quasi quasi, verrò a farti visita una volta al giorno, finché non arriveremo».
«Quando vuoi!» ansimai cercando di trattenere il dolore dentro di me.
«Oh, ma non ho ancora finito. Che capitano sarei, se non facessi divertire anche un po' i miei uomini. Che ne dite, ragazzi?».
Tutti e tre urlando un forte "SÌ", prima di entrare nella cella, schioccando le dita.
«Perché ci fai questo?» gli urlò contro Emy piangendo forte «Che cosa ti abbiamo fatto per meritare tanto odio?».
«Va tutto bene, Emy» mormorai, rialzandomi a fatica «Non guardare».
La vidi respirare velocemente a causa dell'agitazione, mentre lacrime cadevano dai suoi occhi.
Mi fissò terrorizzata, mentre io le sorrisi.
«Andrà tutto bene» le sussurrai «Non guardare».
Si mise una mano sulla bocca, indietreggiano di qualche passo, continuando a piangere.
Morivo dentro nel vederla in quelle condizioni, ma preferivo subire io tutta la violenza che Teach avrebbe voluto infliggere a lei e a mio figlio.
«Tappati le orecchie» le dissi, vedendola fare "no" con la testa, continuando a piangere «Ti prego».
Passò qualche secondo prima che i miei occhi catturassero un "Ti amo" muto dettato solo dalle sue labbra, per poi vederla mettersi le mani sulle orecchie e girarsi di scatto, rannicchiandosi a terra.
Mi voltai verso gli uomini del mio rivale, fulminandoli con lo sguardo.
«Che scenetta commovente» commentò Teach «Avanti, ragazzi. Fategli vedere di che pasta siete fatti».
«Con piacere, capitano» disse divertito Burgess, sferrandomi un pugno sulla guancia destra, facendomi sputare sangue.
Non ebbi il tempo di cadere, che subito mi afferrò, per poi tenermi fermo per le braccia, esponendo il mio corpo ai suoi amici.
«Tienilo fermo» disse quello che ricordai era il cecchino.
Mi colpì con un calcio alle costole, ma riuscii a non urlare.
Non volevo che Emy mi sentisse.
«Però, bravo!» commentò Teach «Nonostante la forza che ha messo nel calcio, sei riuscito a non urlare».
«I tuoi uomini sono deboli» ansimai dolorante sputando a terra un po' di saliva mista a sangue «Mi aspettavo di meglio»
«Hai ancora la forza di fare il gradasso?» disse Teach, divertito con le braccia incrociate al petto «Devo ammetterlo, Ace. Hai una resistenza notevole. Qualità ereditata da tuo padre».
«Non ho ereditato proprio nulla da quell'uomo» taglia corto.
«Mi dispiace contraddirti, ma ti sbagli. Sei più simile a Roger di quanto pensi. E non dico solo nel fisico».
Basta!
Non volevo sentire nulla!
«Non dovrei essere io quello a temporeggiare? Sbaglio, o avevi fretta di farmela pagare?» chiesi con un ghigno divertito.
Tornò serio.
«Fatelo urlare. Dobbiamo far vedere alla Marina quanto possiamo essere feroci, se ci fanno arrabbiare, ma non uccidetelo, o non ci pagheranno» disse per poi allontanarsi dalla mia cella, tornando in quella di Emy.
«CHE VUOI FARE?» urlai.
«Non mi va' di essere l'unico spettatore» disse afferrandola per un braccio, costringendola ad alzarsi in piedi.
L'afferrò per le spalle, incollando sul suo corpo massiccio quello esile di mia moglie, stringendole poi la mascella con una mano.
«Che ne dici, di goderti lo spettacolo insieme a me, dolcezza?» le disse per poi annusare i suoi capelli «Ho sempre amato il tuo profumo».
«Maledetto!» ringhiai, sentendo un pugno affondarsi nel mio addome.
Emy voltò immediatamente la testa, nel sentire il mio gemito di dolore, ma Teach le spostò di fretta la testa, costringendola a guardare.
«Apri gli occhi» le ordinò Teach, ma Emy non lo fece «Aprili, o giuro che do l'ordine di farlo fuori».
La vidi tremare, per poi aprire lentamente gli occhi, posando il suo sguardo su di me.
Una lacrima prepotente le rigò il viso, mentre il mio corpo continuò a venire torturato sotto i suoi occhi per molto tempo ancora.

                          𝕆ℕ𝔼 ℙ𝕀𝔼ℂ𝔼

Pugni, calci, schiaffi...
Fu così per non so quanto tempo.
Ore, minuti, secondi...
Lì dentro, il tempo sembrava non passare mai.
Mi resi conto di essere ancora vivo, dopo che sentii il pavimento freddo, ricevere il mio corpo estenuato e dolorante per l'ennesima volta.
Fortunatamente, ero riuscito a sopportare tutti i colpi e a non svenire.
Per tutto il tempo, Emy era rimasta in balia di Teach piangendo senza mai fermarsi, soffrendo con me.
Quanto avrei voluto abbracciala in quel momento.
Consolarla.
Ma sentii che il mio corpo non riusciva più a rispondere come prima.
Avevo bisogno di tempo per riprendermi.
«Ah, non c'è nessun divertimento così» borbottò il cecchino «Non ha urlato neanche una volta».
«Già. È un uomo noioso» commentò un altro.
«Andiamocene» aggiunse infine il gigante «Mi è venuta fame».
«Tu hai sempre fame» disse il cecchino, per poi uscire dalla cella insieme ai suoi compagni e dirigersi verso l'uscita con nonchalance.
«È stato un bello spettacolo, vero?» chiese Teach a mia moglie, continuando a tenerla stretta.
«Sei un bastardo!» ringhiò lei, tra i singhiozzi.
«Un bastardo con il potere» ammise lui divertito «Potresti evitare tutto questo, se lo volessi. Ti basta un "sì"».
«Emy...no» mormorai dolorante.
«Diventa mia» le sussurrò Teach, continuando a stringerla a sé «E non gli farò più del male».
«Non cedere» mormorai ancora, tossendo tra una parola e l'altra.
«Allora?» le chiese Teach impaziente.
«Va' all'inferno» mormorò lei acida, nel miglior modo che poteva, visto che aveva le labbra quasi sigillate per via della presa di Barbanera.
«Ti lascio il tempo per decidere» disse lui per poi lasciarla, sbattere violentemente la porta della cella per chiuderla e dirigersi verso l'uscita.
Emy cadde lentamente a terra, stando attenta a non dare peso alla pancia.
Solo quando la porta di legno venne sbattuta e poi chiusa a chiave, sentii nuovamente la voce di mia moglie, ormai rotta dal pianto.
«Cosa ti hanno fatto...» disse tra le lacrime.
«Shhh» dissi cercando di mettermi seduto «Sto bene» mentii, sentendo una fitta all'addome, che mi fece perdere la forza dalle braccia.
Sbattei quasi la testa a terra, ma il braccio sinistro per fortuna non mi abbandonò, continuando a sorreggermi.
Cercai di non gemere dal dolore, ma la voce mi uscii dalla gola senza che ne avessi il controllo.
«Ace...» mormorò lei, con un sussurro.
«Non agitarti» mormorai a mia volta, mettendomi a gattoni «Non fa bene al bambino».
«Tutto questo non fa bene al bambino» mi corresse lei, senza smettere di piangere «Perché lo hai fatto?».
«Non potevo permettere...che ti toccasse».
Mi avvicinai a lei, gattonando per qualche passo, prima di raggiungere le sbarre.
Mi sedetti accanto a lei, per farle percepire la mia vicinanza.
Sentii le sue mani sottili e delicate, sfiorarmi il viso con amore e delicatezza.
Sentii subito una sensazione di benessere, nonostante il corpo mi dolava in ogni centimetro.
«È tutta colpa mia» mormorò piangendo «Se non fossi venuta a cercarti, Teach non avrebbe avuto modo di minacciati e tutto questo non sarebbe successo».
«Lo avrebbe fatto comunque» dissi dolorante, mettendomi seduto.
«Che vuoi dire?».
«A scontro finito, ero io quello a terra.
Mentre lui, aveva ancora la forza di stare in piedi».
Mi guardò confusa, con gli occhi rossi e gonfi per il pianto.
«Il frutto che ha mangiato...è in grado di assorbire il dolore. Anche se fosse stato sfinito, non lo avrebbe sentito».
«Questo non può...succedere davvero» disse incredula.
«Invece è successo» ammisi, tossendo.
Mi chinai in avanti, sentendo il mio corpo non riuscire più a reggermi.
Prontamente, Emy mi aiutò a rialzarmi prima che potessi cadere.
«Se solo avessi un kit del pronto soccorso...».
«Mi basta un po' di riposo» ammisi cercando di tranquillizzarla.
Posai la testa sulle sbarre, che mi fecero da cuscino.
Sentivo le forze cominciare a farsi sempre meno.
Ero davvero molto stanco.
«Riposa, amore io. Penserò io a proteggerti, adesso» disse Emy stringendo la mia mano sulla sua e dandomi un bacio sulla fronte, prima che l'oscurità mi avvolgesse.

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