Inconvenienti

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                                Ace

Era passata una settimana da quando eravamo partiti da Sixis. Il viaggio era stato abbastanza tranquillo, eccetto un mini temporale che fortunatamente non aveva recato danni alla nave. Con mia grande gioia, avevo potuto constatare che io e Deuce facevamo davvero una bella squadra insieme.
Impartivo gli ordini come un vero capitano, finalmente.
La cosa non poteva che far accrescere la mia autostima.
Autostima che Emy prontamente smontava, facendomi capire che quella che comandava davvero su quella nave... era lei.
Sorrisi nel constatare che alla fine, mi ero innamorato di una ragazzaccia, ma non poteva essere altrimenti.
«Ancora poche ore e saremo a Baterilla».
La voce di Emy mi riportò alla realtà.
«Come procede la rotta?».
«Tutto normale. Il vento è a nostro favore», ammisi stiracchiandomi.
«Sei nervoso?».
«Dovrei?».
Lei mi guardò. «Non lo so. Io al tuo posto starei tremando», ammise lei ridacchiando.
«Che c'è da ridere?».
«Sono solo felice, penso. Finalmente avremmo la possibilità di far chiarezza sulla tua nascita e su tua madre».
«Non illuderti. Potremmo anche non trovare nulla, una volta sbarcati».
«Pessimista», brontolò, posando le braccia sull'asse di legno su cui ero seduto io e alzando il viso al cielo per permettere al sole di scaldarla.
Restai a guardarla rilassarsi.
Avevo l'impressione che diventasse più bella ogni giorno che passava.
«Mi sembri diversa», ammisi dando voce si miei pensieri.
«Diversa?».
«Sì, insomma...», Mormorai imbarazzato «Sembra che tu ci tenga più di me ad andare su quell'isola».
«Voglio solo permetterti di conoscere una parte della tua famiglia».
«Credi davvero che troveremo qualcosa? Sono passati anni».
«Sono certa che tua madre abbia lasciato il segno in quel posto».
«E come fai a dirlo?».
«Solo una donna forte avrebbe potuto mettere al mondo un figlio come te», ammise sorridendomi in modo così dolce da farmi sussultare il cuore «Una volta arrivati, sono certa che ti sentirai a casa».
Scesi dall'asse di legno per avvicinarmi a lei, le diedi un bacio sulla fronte e la strinsi da dietro, in modo da appoggiare il mento sulla sua testa.
Mi piaceva farlo, mi faceva sentire sufficientemente grande per proteggerla.
Ci mettemmo a osservare l'orizzonte in silenzio, lasciando che la brezza del mare ci cullasse.
«Sei caldo», disse posando le mani sulle mia braccia.
«Sono vivo», ammisi ridendo.
«Scemo», borbottò girandosi per darmi una pacchetta sul gomito «Intendo dire che sei più caldo del solito. È da un po' che l'ho notato».
«Forse è a causa del frutto che ho mangiato. Dopotutto, sono un uomo di fuoco, ora. Pensandoci, dovrei trovare un nomignolo, sai... per intimorire i nemici».
«Prima dovresti farti dei nemici», disse lei mettendosi a ridere.
Eccola che mi smontava un'altra volta.
«Spiritosa», brontolai.
La sentii voltarsi verso di me.
Si mise a fissarmi divertita di avermi irritato nuovamente. Era incredibile quanto fossimo cambiati da quando ci eravamo conosciuti.
Ero passato dall'odiarla, a sopportarla, fino a perdere completamente la testa per lei.
E tutto nel giro di pochi mesi.
«Cosa pensi che stia facendo Luffy in questo momento? È passato più di un mese, da quando siamo partiti».
«Luffy si starà sicuramente allenando nel tentativo di superarmi. Povero sciocco», risposi pavoneggiandomi.
«Non sottovalutarlo. Quel ragazzino potrebbe superarti un giorno. Non ho mai conosciuto nessuno più determinato di lui».
«E io, allora? Non sono determinato?», Chiesi fingendomi offeso.
«Tu sei solo una testa bakata», ammise lei pizzicandomi la punta del naso.
«Ahi!», Mi lamentai massaggiandomi la parte lesa «E tu sei una dalla mano facile. Mi hai fatto male».
Emise quel dolce suono che era la sua risata.
«Prendi a pugni un masso fino a farti sanguinare le mani e niente, mentre io che possiedo un quarto della tua forza, sono in grado di ferirti a tal punto da farti lacrimare?».
«È un punto delicato», ammisi io ancora dolorante.
Emy rise più forte.
Vederla ridere così di gusto mi riempì il cuore di gioia, sebbene stessi soffrendo davvero.
Era da un po' che non sorrideva così tanto.
Negli ultimi giorni, era stata abbastanza silenziosa.
Si era prodigata tanto per cercare di rendere il viaggio a me e a Deuce il più tranquillo possibile. Si era occupata di tutto come una brava moglie. Immaginarla in quelle vesti, mi fece pensare a come mi sarei sentito se fosse stata davvero mia moglie.
Il mio cuore accelerò a quel pensiero.
«Che mi dici di Sabo? Secondo te... come se la sta passando?», Mi chiese cominciando a incupirsi.
Era evidente che ancora ci stava male per quello che era successo a Monte Corvo, poco prima della partenza di nostro fratello. Onestamente, avevo avuto talmente tanti pensieri in testa in quell'ultimo periodo che non avevo pensato a lui nemmeno una volta.
«Non lo so. Forse ha trovato un isola dove sistemarsi. Oppure sta cercando componenti per mettere in piedi la sua ciurma».
«Dici... che lo rivedremo ancora?».
«Ti manca così tanto?», Le chiesi cominciando a innervosirmi.
L'idea che pensasse a lui così intensamente, nonostante avessi compreso che per lei era solo un fratello, mi dava sui nervi.
Ero io l'uomo a cui doveva pensare.
Io e basta!
«Mi mancano tutti a dire il vero», ammise lei sciogliendo l'abbraccio.
Si voltò dandomi le spalle.
«Mi chiedo... se anche noi manchiamo a loro. Dadan più di tutti».
Sorrisi alle sue parole, sentendo la tensione di poco prima andarsene.
Emy poteva anche fare la dura, ma dentro di lei aveva un cuore così grande che ancora mi chiedevo come potesse stare dentro un corpo così piccolo e esile.
«Luffy le starà dando del filo da torcere. Non avrà nemmeno il tempo di pensare a noi».
«Forse hai ragione».
Sospirai, sistemandomi il cappello che lei stessa mi aveva regalato qualche anno prima per il mio compleanno.
«È da un po' che voglio chiedertelo. Ti sei pentita di essere venuta con me?».
Lei si voltò confusa.
«Pentita?».
«Avresti potuto avere una vita più tranquilla a Monte Corvo. Makino ti aveva offerto di lavorare con lei alla locanda...».
«Sì, ma come sai ho rifiutato», tagliò corto.
«Per seguirmi», continuai finendo la frase «È per questo che te l'ho chiesto. Hai dovuto lasciare il villaggio dove sei nata. Avresti potuto trovare una casa...».
«Dove vuoi arrivare con questo discorso?», Chiese seccata.
«Voglio solo capire se stai bene qui con me. Non ti giudicherei se volessi tornare indietro».
«Dopo tutti gli anni che abbiamo passato insieme, speravo che almeno un po' mi conoscessi. Se ho deciso di intraprendere il viaggio con te, l'ho fatto per due semplici motivi. Primo, perché non volevo stare su quell'isola a passare giornate intere a preoccuparmi per te e secondo, perché voglio ritrovare mio padre. Ho troppe domande da fargli e voglio trovarlo a qualsiasi costo».
«Va bene», sospirai accarezzandole le braccia sperando di far cadere il discorso prima di farla arrabbiare, o quella notte non mi avrebbe permesso di stendermi al suo fianco «Volevo solo esserne sicuro».
«Sei incedibile! Dubitare ancora di me, dopo tutti questi anni», brontolò mettendo il broncio.
«Sempre a litigare voi due», disse Deuce sbucando alle mie spalle.
«No, tranquillo», dissi ironico cercando di sdrammatizzare «Stavamo solo parlando».
«Parla per te. Io vorrei darti un pugno, in questo momento».
«Vedo che sai come farti amare da una donna», commentò Deuce divertito, mettendomi un braccio intorno al collo.
«Non ti insegnerò come fare. La mia è una dote naturale», dissi con altrettanto tono divertito, prima di scoppiare a ridere insieme a lui.
«Zitti!», Sentenziò improvvisamente Emy «Che cos'è questo rumore?».
Io e Deuce smettemmo di ridere per capire a cosa la nostra navigatrice si riferisse quando, d'un tratto, percepimmo un rumore simile a delle urla.
Ci voltammo tutti per guardare avanti a noi ed eccola lì, Baterilla, più bella e più grande di quanto avessimo mai potuto immaginare.
«Sembra che le urla provengano dall'isola», disse Deuce.
«Che starà succedendo?», Chiese Emy preoccupata.
«Non lo so, ma qualsiasi cosa sia credo che non ci piacerà», mormorai sentendo il mio corpo diventare sempre più caldo e rigido.

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