L'isola Di Wano

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«Emy...» Bisbigliò una voce dolce e calda accanto a me.
«Mmmh...» Mugugnai, tornando lentamente alla realtà.
«Svegliati!» Mi ordinò la voce con tono più autoritario.
Alzai la testa, che fino a poco prima cadeva a penzoloni, e aprii piano gli occhi.
Una luce abbagliante fu la prima cosa che vidi, seguita poi dal verde di alcuni cespugli e i colori caldi dei fiori sparsi su di essi.
«Finalmente», disse Ace accanto a me «Cominciavo a pensare che avresti dormito per tutto il giorno».
«Lo avrei fatto se non mi avessi svegliata», brontolai «Che è successo?».
«Siamo naufragati», rispose lui con tono tranquillo, come se fosse la cosa più naturale del mondo.
«Perfetto», sbottai acida «Ahi! La testa».
Provai a toccarmela con la mano, ma qualcosa mi impediva di muovermi.
Notai che ero legata con una corda a un tronco d'albero: stessa cosa valeva per Ace e i nostri compagni.
Eravamo stati riuniti tutti insieme, subendo lo stesso trattamento.
«Ma che cavolo...?» Mormorai confusa.
«A quanto pare, gli abitanti di quest'isola non sono molto ospitali con i pirati», ammise Ace divertito.
«Che hai combinato?».
«Perché lo dici come se fosse colpa mia? Non ho fatto proprio nulla. Mi sono svegliato legato come tutti», sbottò lii, infastidito dalla mia accusa.
«Va bene, va bene... finiamola qui. Ho un mal di testa incredibile».
«Sei stata una pazza a buttarti addosso a me, per impedire a quel palo di colpirmi».
«L'ho fatto per proteggerti, odiata!».
«La botta in testa comunque l'ho presa lo stesso, grazie del tuo spintone», brontolò lui a sua volta, facendo ridere alcuni pirati accanto a noi.
Sospirai. «La prossima volta che vedrò un palo caderti addosso, prometto di restare a godermi la scena»
«Brava», disse lui sorridendomi.
Alzai gli occhi al cielo, cercando la forza di stare zitta.
Se non fosse stato per le corde, gli avrei dato un pugno in testa.
«Dove siamo?» Chiesi, cercando di cambiare discorso.
«Non ne ho idea. Da quando siamo qui, non ci si è avvicinato nessuno».
«Non c'è da stupirsi», ammisi, per poi sentire delle voci abbastanza vicine a noi.
Sembravano agitate, ma felici.
Vidi Ace voltare la testa dall'altra parte e curiosa feci lo stesso.
Notai della gente indaffarata ad aprire delle casse piene di cibo e bevande di ogni sorte, quando le riconobbi.
«Ma quelle...».
«Sono le scorte della seconda flotta», mi interruppe Ace «Ce le stanno rubando».
La cosa non mi stupii.
Sembrava un villaggio molto povero e la gente mangiava con così tanta voracità che ebbi subito la certezza che non toccavano cibo da molto tempo.
In particolare, notai una bambina.
Ad occhio e croce non aveva più di cinque anni, con i capelli viola raccolti in uno chignon e il corpicino esile avvolto da un kimono verde con delle stampe a fiori. Di certo, con tutte quelle toppe addosso non poteva passare per un vestito nuovo.
L'idea che quella bambina non avesse neanche di che vestire, mi fece provare un senso di compassione al cuore. Stava aspettando con le mani tese un pezzo di cibo da un uomo altissimo che non esitò a porgerglielo.
La bambina guardò quel pezzo di carne come se fosse la cosa più bella che avesse mai visto, prima di divorarlo in pochi bocconi.
«L'hai vista?» Mi chiese Ace, serio.
«Mi si spezza il cuore», dissi, cercando di trattenere le lacrime «Posso solo immaginare quanto debba aver fame quella bambina».
Io e la mia emotività non andavamo per niente d'accordo in certe occasioni.
«Quella era la mia salsiccia», continuò Ace.
Lo guardai incredula.
«Come puoi essere così insensibile?» Sbottai acida.
«Ma è vero. Quella era la mia salsiccia», ribadì lui.
«Incredibile!» Dissi alzando gli occhi al cielo «Almeno abbiamo capito da chi ha preso Luffy».
In quel momento, sentii del calore avvolgere le corde.
Ace aveva dato loro fuoco per scioglierle e così liberarci.
Lo vidi alzarsi e andare in direzione della bambina.
«Dove stai andando?» Gli chiesi, senza però avere risposta.
Camminò a passo deciso verso di lei che lo guardava impaurita per poi accovacciarsi alla sua altezza e iniziare a fissarla intensamente.
«Ma che sta facendo?» Mi chiese uno dei nostri compagni.
«Non lo so, ma se prova a sgridare quella bambina per una salsiccia, lo ucciderò», sbottai acida, aspettando una sua reazione.
Ace e la bambina si fissarono per un po', quando lo sentii parlare.
«Hai mangiato a sufficienza?» Le chiese Ace, divertito dalla situazione.
La bambina per un momento restò sorpresa, poi con timidezza accennò un "sì" con la testa.
«Che ne dici di qualcosa di dolce?» Chiese ancora lui, facendo restare tutti a bocca aperta «Dopo un bel pasto, ci vuole il dessert».
Si alzò in piedi, tenendosi il cappello come faceva di solito.
Quel cretino!
Mi aveva fatto davvero credere che l'avrebbe sgridata per un pezzo di carne.
«Ehi! Sapete dirmi dove posso trovare qualcosa di dolce per la piccola?» Chiese alla gente del villaggio che però non seppe rispondere alla domanda.
In quel momento, vidi una cassa vicina a noi.
Ci guardai dentro e notai delle palle di riso zuccherate, con delle tortine alla crema.
Senza pensaci, ne presi quante più potevo e mi avvicinai alla piccola, mettendomi al fianco di Ace.
«Tieni», dissi, porgendole una tortina alla crema.
La bambina mi osservò preoccupata, ma con gli occhi lucidi.
«Non temere», la rassicurai con un sorriso «Non siamo qui per farvi del male. Prendi. È molto buona, credimi».
La bimba afferrò il dolce con timore e lo portò al naso per annusarne il profumo.
Il suo viso si rilassò all'odore dello zucchero, il che mi fece felice.
«E a me niente?» Chiese Ace.
«Zitto e mangia questo!» Brontolai acida, ficcandogli una palla di riso zuccherata in bocca «Mi hai fatto prendere un colpo. Pensavo volessi sgridarla».
«Sgridarla per cosa?» Chiese lui con la bocca piena.
«Per la salsiccia, razza di imbecille!» Sbottai arrabbiata, dandogli un pugno in testa.
La bambina si mise a ridere a quel gesto inaspettato e divertente, e non potei fare a meno di sorridere a mia volta.
La gente cominciò ad avvicinarsi a noi, meno timorosa di prima.
«Per favore. Rifocillatevi quanto volete», dissi loro con gentilezza «Non abbiamo cattive intenzioni. Vorremmo solo sapere dove ci troviamo. Come avete potuto notare, siamo naufraghi».
Si fece avanti un uomo di mezza età, dai capelli scuri e raccolti, e anche lui vestito con un kimono marrone.
«Siete a Wano», rispose «Un isola situata nel Nuovo Mondo».
«Wano», ripetei pensierosa «Devo aver letto qualcosa di quest'isola», ammisi, sentendo dentro di me che il nome mi era familiare.
«Voi siete pirati, vero?» Ci chiese improvvisamente la piccola.
«Sì», rispose Ace con fierezza «Il mio nome è Portgas D. Ace e lei è Newgate D. Emy».
«Il mio nome è O-Tama, ma potete chiamarmi solo Tama, se volete», disse la bimba con un grande sorriso, mentre divorava il suo tortino alla crema.
«Piacere di conoscerti, Tama», dissi, abbassandomi al suo livello «È buona?».
«Molto», ammise lei, felice.
«Te l'avevo detto. E sai che c'è? Ci sono tantissimi altri dolci che puoi mangiare, però non tutti insieme altrimenti ti verrà un gran mal di pancia», la avvisami, facendole una carezza sulla testa.
«Dove eravate diretti?» Chiese l'uomo a Ace.
«Da nessuna parte, a dire il vero. Stavamo navigando senza una meta precisa, quando ci siamo imbattuti in una tempesta».
«Quindi, non avete modo di tornare indietro».
«Credo che dovremo aspettare che i nostri compagni capiscano dove siamo finiti, prima di poter lasciare l'isola. A meno che non riusciamo a trovare dei lumacofoni nei dintorni. I nostri saranno sicuramente finiti in fondo al mare».
«Non possediamo nulla del genere su quest'isola, mi spiace», rispose il vecchio con tutta tranquillità, prima di incrociare le braccia al petto e cominciare a pensare.
«Va bene. Credo che possiate restare qui, finché i vostri amici non verranno a prendervi. In fin dei conti, ci avete permesso di mangiare. Siamo in debito».
«Nessun problema. C'è cibo a sufficienza per tutti», ammise Ace sorridente.
«Potete stare a casa mia, se volete. È piccola, però c'è una stanza in più», disse improvvisamente Tama.
«Dovremmo chiederlo ai tuoi genitori», dissi, ma Tama si incupì.
«Ho detto qualcosa a di male?» Chiesi confusa.
«I genitori di Tama sono morti un anno fa, per colpa della fame», rispose l'uomo «Ciò che riuscivano a procurarsi lo davano a lei, per farla sopravvivere».
Rimasi incredula.
«Tama... mi dispiace. Non lo sapevo», ammisi, sentendomi a disagio.
«Non fa niente», ammise lei tirando su col naso, cercando di trattenere a stento le lacrime.
«Allora, sei tu la padrona di casa», si intromise Ace con la sua solita vitalità «Quindi, se ci vuoi, accettiamo con piacere di venire a stare un po' di tempo da te».
Il viso di Tama si illuminò così tanto che per un momento sembrò un'altra bambina.
Saltò in braccio a Ace che la afferrò al volo per non farla cadere.
«Però, che cambiamento», ammisi divertita.
«Il cibo fa miracoli», commentò divertito Ace.
Mi rivolsi poi verso l'uomo e la sua gente, inchinandomi davanti a loro per ringraziarli.
«Grazie per l'ospitalità».
«Ringraziate Tama. In fin dei conti, alloggerete da lei. Ma i vostri compagni potranno stare da noi».
«Siete davvero gentili», disse Ace.
«Andiamo. Casa mia è di qua», si intromise Tama, afferrando la mano di Ace e trascinandolo via.
Sorrisi divertita a quella scena.
Qualcosa mi diceva che per la prima volta avrei avuto io una rivale in amore.

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