Verità Inaspettata

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«Cos'è questo frastuono?» chiesi tra me e me, alzando leggermente la testa.
Quel rumore assordante di catene era riuscito a svegliarmi dal mio sonno da quanto faceva casino.
Improvvisamente, la porta della mia cella si aprì facendo entrare due figure che ai miei occhi sembrarono immense.
Quella che stava dietro la riconobbi subito, nonostante la poca luce che filtrava da quelle misere finestrelle collocate troppo in alto sul muro.
Si trattava di quel bestione con la clava, che aveva goduto nel flagellarmi per giorni interi.
Non avevo paura di lui, ma il mio cuore cominciò a battere più veloce nel rivederlo.
Questa volta però non sembrava avercela con me, ma bensì con l'energumeno che aveva spinto dentro nella mia cella, e che aveva poi costretto a sedersi, nonostante fosse incatenato da mano e piedi.
«GUARDA CHE NON SCAPPO!» urlò con voce forte e roca il detenuto all'animale, che in tutta risposta gli diede un colpo fortissimo con la clava in testa, zittendolo.
Mi preoccupai, ma il nuovo ospite non fece una piega.
Fulminò con lo sguardo il minotauro che se ne uscì tranquillo, per poi sbattere la porta della cella dietro di lui.
Era già il quinto che portavano giù quel giorno.
Già il quinto uomo che prendeva a mazzate sulla testa.
«Di nuovo!» commentai «Qui dentro non hanno nessuna pietà. Ti fa male?» chiesi all'uomo accanto a me, mentre continuavo a guardare l'animale allontanarsi.
«No!» disse con voce cupa «Non è il corpo a farmi male, è il cuore...mi sanguina. Per non potermi fare onore...» aggiunse serio e irritato «...e ripagare un debito».
Dal tono alto che aveva usato, sembrava volesse che tutti lì dentro lo sentissero.
Voltai lo sguardo verso di lui, e solo in quel momento, quando la luce del sole lo colpì in viso, lo riconobbi.
«Jinbei!» mormorai incredulo di vederlo «Che diavolo ci fai qui?».
«Ace?» mormorò lui confuso a sua volta.
«A quanto pare, nessuno dei due si aspettava di ritrovarsi in un postaccio del genere dopo tanti anni» ammisi con un ghigno.
Ero contento di vedere una faccia familiare lì dentro.
«Per quale motivo sei qui?» chiesi poi curioso «Sei un membro della flotta dei sette. Dovrebbero venerarti, invece ti hanno messo ai ferri. Perché?».
Abbassò il capo, con aria triste.
Sentivo che ciò che stava per dirmi, non mi sarebbe piaciuto.
«Sta per scatenarsi una guerra, Ace».
Sbarrai gli occhi dallo stupore.
«Una guerra? Ma che dici, Jinbei?».
«Barbabianca sta facendo rotta verso Marine Ford. Ha intenzione di uccidere chiunque gli impedirà di portarti via».
Restai basito dalle sue parole.
Papà era sempre stato una testa calda, ma al contrario di me, era sempre scrupoloso nel prendere ogni decisione.
Non era mai stato impulsivo in quel modo...
Perché, rischiare la vita di tutti i suoi uomini, per un solo membro della nave?
Solo in quel momento, realizzai quanto bene davvero mi volesse.
«Questo cos'ha a che fare con te?».
«Sono stato convocato qui, perché come membro della flotta dei sette è mio dovere schierarmi dalla parte della Marina, facendomi andare così contro Barbabianca. Ho detto di "no", e perciò mi hanno rinchiuso per farmi schiarire le idee» ammise lui, serio.
«Continuo a non capire» mormorai ancora più confuso.
Spostò una gamba, facendo riecheggiare un suono metallico.
«Il Governo Mondiale, mi conosce come un pirata che odia i suoi simili, ma in effetti...tu sei di tutt'altra pasta».
«Tu, uno che odia i pirati? Maddai!» dissi a fatica, divertito.
«Forse ti sorprenderà sapere che...» fece una pausa «...sono stato parecchie volte sulla nave di Barbabianca. Data la mia struttura, mi sono sempre mosso procedendo per il fondale marino. Mi piacevate molto, tu e la tua ciurma di pirati. Come vi chiamavate? Pirati di Picche, se non sbaglio!» ammise senza lasciar trapelare nessuna emozione.
Ghignai, divertito.
«Eppure, ricordo bene che una volta c'è mancato poco che tu mi facessi la pelle».
Mi guardò, senza perdere quello sguardo irritato, con cui era entrato.
«È vero, però anche tu stavi per farmi fuori» ammise, per poi perdersi nei ricordi «Io invece volevo soltanto cercare di essergli d'aiuto» continuò riferendosi sicuramente a mio padre «Se in questo momento sull'isola degli uomini pesce regna la pace, è tutto merito del vecchio Barbabianca» aggiunse compiaciuto «Tutti i pirati che vogliono oltrepassare il Grande Blu, devono passare per forza per l'isola degli uomini pesce».
Ora capivo!
Barbabianca era una specie di "salvatore" per Jinbei.
Ecco spiegato il motivo per cui aveva rifiutato di mettersi contro di lui.
«Quindi, ti senti in debito con lui» dedussi.
«Grazie al suo aiuto, la mia isola non ebbe più nulla da temere. La sua grande autorità, è indiscutibile. Finché vivrò, non dimenticherò mai il giorno in cui ci salvò da morte certa. Basta solo pronunciare il suo nome, per far desistere chiunque tenti di attaccare un'isola. E proprio perché Barbabianca è il capo dei pirati, deve restare in vita» aggiunse «Non lo si può sconfiggere. Se per caso dovesse accadergli qualcosa, si scatenerebbe un finimondo. Finiremmo per tornare nel caos. E questo il Governo dovrebbe saperlo molto bene» ammise infine con tono deciso, facendo cadere poi il silenzio.
Sbattè la testa contro la parete dietro di lui, arrabbiato come non mai.
«Volevo fermare questa guerra a costo della mia stessa vita. Avrei voluto salvarti, Ace. Dico sul serio» ammise con tono arrabbiato e disperato.
Quella confessione mi fece più male di quando mi aspettassi.
Tutto quello stava successo per causa della mia testardaggine.
Le anime di chi non sarebbe sopravvissuto al massacro che presto si sarebbe compiuto, sarebbero pesate sul mio cuore per sempre.
«Jinbei...» mormorai, sentendomi gli occhi diventare più umidi «Ora basta! Peggiori solo le cose».
«Eppure io, non ho ancora perso la speranza» continuò senza ascoltare la mia supplica «Io credo nei miracoli, e credo che non sia ancora finita».
Restai in silenzio, ad ascoltarlo, sebbene non ne avessi più voglia.
A che pro, continuare a sperare?
Ormai, il mio destino era segnato...
Una voce nel silenzio, rise compiaciuta.
«A quanto pare...le cose sono piuttosto interessanti, all'esterno».
«Uhm?» grugnì Jinbei.
Alzai lo sguardo, emettendo un gemito roco dalla gola, osservando la cella posta davanti alla nostra.
«È un'occasione irripetibile per uccidere Barbabianca» ammise l'uomo nell'oscurità, sfregando una mano su un uncino d'oro «Questo sì, che mi fa fremere il sangue nelle vene».
Le sue parole mi divertirono, oltre che a darmi sui nervi.
Era un folle, se pensava di poter uscire da quella prigione vivo.
Era stato rinchiuso al sesto livello, che cosa poteva fare?
Tutti sapevano che chi finiva lì poteva uscire solo in due modi: morto, o trasferito a Marine Ford.
«IO TI DETESTO!» urlò Jinbei.
Dal tono che usò, dedussi che lo conoscesse bene almeno quanto me.
Ghignai, irritato, ma divertito.
«Tu vorresti...la sua testa. Vero, Crocodile» chiesi ironico.
«Non sono l'unico a volerla».
Assottigliai lo sguardo, sentendo una scossa di adrenalina pervadermi la schiena.
Tutti gli uomini intorno a noi si misero a ridere divertiti, sghignazzando con toni lugubri nelle loro celle.
«Uccidete Barbabianca!» disse uno di loro con tono arrogante.
«Faranno fuori quel farabutto? Evviva!»gli fece eco un altro, divertito.
«Vi prego, fatemi uscire. Voglio staccagli la testa con le mie stesse mani!».
«Fate combattere anche me. Metterò fine all'era di Barbabianca!».
Cominciarono a battere ferocemente i piedi per terra, sbattendo i pugni contro le pareti delle celle, continuando a ripetere come un ritornello la parola "Libertà".
Quella scenetta mi diede sui nervi, oltre che il voltastomaco.
«State zitti! Silenzio!» ruggì in preda all'ira, Jinbei.
«Jinbei...Ace...ora, mettetevelo in testa» disse Crocodile, con un ghigno sulla faccia «Il mare è pieno di gente che non è riuscita a sconfiggere né Barbabianca né Gol D. Roger. E si è dovuta accontentare di una medaglia d'argento» disse per poi mettersi a ridere di gusto, riferendosi ovviamente a me.
Al suono di quel nome, cominciai a tremare dalla rabbia.
Barbabianca non era paragonabile a Roger.
Era decisamente un uomo migliore, sotto tutti i punti di vista.
Come si permetteva di nominare i loro nomi, nella stessa frase?
«Dacci un taglio, Crocodile» ringhiai «I tuoi pensieri non ci importano minimamente».
«Portgas D. Ace...» mormorò «Ho un conto in sospeso anche con te...anzi, due».
«Non ti è piaciuta la mia visita ad Alabasta, sabbietta?» dissi cercando di irritarlo «Pensavo di sì».
«Tu e tuo fratello siete due palle al piede. Prima o poi, riuscirò ad avere la mia vendetta, su ciò che mi avete fatto sulla mia isola».
«Credo che dovrai aspettare la prossima vita. Sono già stato condannato a morte».
Ghignò, lasciandomi confuso.
«Non ho mai detto, di volerla prendere su di te» ammise divertito.
«Che vuoi dire?».
Il suo sguardo cambiò, diventando più luminoso ed eccitato.
«Un uccellino mi ha detto...che ti sei accomodato bene con la figlia di Barbabianca, pirata. È stata una buona mossa. Una scorciatoia per entrare nelle sue grazie».
«Tu non sia niente di me e della mia storia con Emy» lo zittii «Non ti permetto di dedurre cose così meschine».
«Comunque sia, non ha importanza. Dato che...sono deciso più che mai a prendermi la tua donna».
Scattai in avanti, sentendo le catene trattenermi.
«Se oserai anche solo sfiorarla con un dito, giuro che...».
«Sei condannato a morte, Ace. Che cosa puoi fare?» mi zittì lui, per poi tornare serio «In più, quella ragazza doveva essere già mia da tempo. Mi era stata promessa da alcuni miei uomini, ma hanno avuto un imprevisto lungo la strada. Fu liberata dalla prima divisione di suo padre...e ciao ciao, potere straordinario».
Lo guardai confuso.
Di che cosa stava parlando?
Emy non mi aveva mai detto nulla.
Non gli avevo mai sentito pronunciare il suo nome.
«Che c'è, Ace? La tua ragazza non te l'ha detto, ciò che le hanno fatto sulla nave, dopo essere stata sequestrata dai miei uomini?».
Ritornai velocemente indietro con la memoria, fermandomi nel momento in cui Emy venne catturata quella notte di tanti anni fa, da dei cacciatori di taglie.
Ricordavo precisamente il senso di terrore che mi aveva pervaso per giorni.
Era quello che mi aveva spinto a cercala, convinto che fosse stato Barbabianca a rapirla.
«Che vuoi dire con "le hanno fatto"?» chiesi acido.
Ghignò ancora. «Be'...erano tanti uomini con una sola donna a bordo. Una donna al quanto difficile da domare, mi hanno detto. Ci hanno messo un po' per trovare il modo giusto per calmarla».
Sbarrai gli occhi, leggendo le parole agghiaccianti dietro quella frase.
Sentii il mio cuore perdere un battito, mentre la mia mente mi proiettò delle immagini disgustose davanti agli occhi, senza che avessi il controllo di fermarle.
«Bastardi!» urlai, cominciando a tremare in preda all'ira.
«Non preoccuparti. Non hanno dovuto costringerla per molto» ammise lui, ancora con quel ghigno sulla faccia «Alla fine, ha collaborato».
Mi stava provocando apposta, glielo si leggeva nello sguardo che la mia reazione lo stava solo divertendo.
Sapeva che ridotto com'ero e con l'algamatolite incollata a me, non sarei mai riuscito a raggiungerlo per farlo tacere per sempre, perciò ne approfittava.
«Calmati, Ace!» disse Jinbei, facendomi tornare alla realtà.
«Come posso calmarmi, dopo aver saputo cosa hanno fatto a mia moglie?» sbraitai in preda all'ira.
«Moglie?» chiese Crocodile, stupito «Non ne sapevo nulla. Viva gli sposi, allora. Sarà ancora più facile, consolarla. Si dice che le vedove siano più inclini...a determinate situazioni».
Rise forte, facendo riecheggiare quella sua voce profonda e tremendamente irritante per tutta la sala.
«Mi avete fatto credere, che fosse stato suo padre a rapirla» ringhiai, acido.
«Non potevo sapere che quell'uomo fosse davvero suo padre. È stata uno shock per il mondo intero, apprendere una notizia del genere. Credimi!» disse continuando a sghignazzare.
«Mi avete fatto perdere tempo...mentre lei era in pericolo...io...».
La voce mi si spezzò, per colpa di alcune lacrime amare che cominciarono a rigarmi le guance.
Quella sì...che era stata una tortura.
Sapere che Emy aveva passato quel tipo d'inferno, senza che io potessi fare nulla per salvarla.
Il colpo di grazia, alla fine era stato Crocodile e darmelo.
«Ammetto che è una ragazza coraggiosa, la figlia di Barbabianca. Possiede un carattere degno di suo padre. Nascondere una verità così atroce, soffrendo in silenzio. Tutto per non ferire una feccia come te» rise di gusto «È decisamente la compagna ideale».
Strinsi i pugni, cercando di contenere la mia rabbia.
Anche se fossi esploso, non sarebbe servito a niente.
Ero stato io a ficcarmi in quella situazione.
Così facendo, speravo di poter salvare mia moglie da un destino crudele...invece...ero venuto a conoscenza che l'inferno l'aveva già passato da un pezzo.
«Ace...» mormorò Jinbei, dispiaciuto nel aver sentito una storia del genere.
Non avevo la forza di parlare.
Avrei dato...qualsiasi cosa per spezzare quelle catene, solo per alzarmi un momento e togliere quel ghigno dalla faccia di Crocodile.
Improvvisamente, un rumore di passi, spezzò il silenzio.
«Ehi, quello è il diretto Hannibal» esclamò uno dei detenuti con tono confuso.
«C'è anche Magellan con lui, è molto strano» commentò un altro, con lo stesso tono.
Sentii Jinbei ringhiare a tono basso, mentre io...non avevo nessuna voglia né di vedere chi fosse con loro, né sapere il motivo per cui eravano venuti.
Qualsiasi tortura mi avrebbero inferto stavolta, non m'importava.
Di me ormai non restava più nulla.
Avevo fallito come uomo...e come marito.
Si fermarono davanti alla mia cella, restando in silenzio a fissarmi per un po'.
«C'è una visita speciale per te, Ace» disse una voce nasale e acuta «Di chi pensi che si possa trattare?» mi chiese curioso di vedere se conoscevo la risposta «Jinbei? Nemmeno tu puoi saperlo, dato che non l'hai mai vista. Mentre il suo volto è rimasto nell'ombra».
Alzai leggermente lo sguardo, curioso di sapere di chi si trattasse.
Il sapere che si trattava una donna, aveva attirato la mia attenzione.
Oltre ad Emy, quale altra donna al mondo avrebbe avuto interesse a venire lì a farmi visita?
«Il suo nome è conosciuto in tutti i mari» continuò con altezzosità «È l'imperatrice delle guerriere Kuja. Ed è anche un membro della flotta dei sette» esclamò fiero per poi spostarsi, per dare spazio alla donna «
Vi presento la donna più bella del mondo» aggiunse esaltato «L'imperatrice pirata, Boa Hancock in personaaa».
«Uhm?» grugnì sorpreso Jinbei.
Emisi un sospiro di sorpresa nel vederla.
Avevo sentito parlare tanto di lei e della sua bellezza e dovevo ammettere, che era decisamente tanto bella quanto la descrivevano, ma non fu quello a sorprendermi.
Di belle donne ne avevo viste molte lungo gli anni della mia vita da pirata, e ne avevo sposata una che poteva tranquillamente essere alla pari di quella che mi stava davanti in quel momento.
Ciò che mi sorprendeva era il fatto che un'imperatrice, con cui non avevo mai avuto a che fare nella vita, si fosse fatta ammanettare solo per scendere in quel postaccio per vedermi.
La donna formosa e dai lunghi capelli neri, mi fissò in silenzio con sguardo freddo e impassibile.
Gli uomini intorno a noi cominciarono ad esaltarsi, dando voce ai loro pensieri più osceni e impuri che mi diedero il voltastomaco.
Come potevano dire certe cose davanti ad una donna, fregandomene di mancarle di rispetto?
Per me era una cosa inaccettabile!
Mi sentivo davvero un pesce fuor d'acqua, in mezzo a tutte quelle fecce umane che mi circondavano.
Lei non badò nessuno di loro e si avvicinò a passo deciso alla mia cella fermandosi a pochi centimetri dalle sbarre, iniziando a fissarmi intensamente.
Era altissima!
Il suo sguardo fisso su di me mi innervosii.
«Posso sapere...che cosa vuoi da me?» mormorai serio.
«Io non voglio niente» affermò lei tranquilla, con tono dolce «Sono venuta qui, solo per vederti di persona. Volevo conoscere la causa della guerra a cui dovrei prendere parte».
«Sono un bello spettacolo, vero?» chiesi ironico, parlando a fatica ancora pervaso dal dolore fisico che non mi abbandonava da giorni.
«Sei un bel giovane, lo ammetto. Decisamente sprecato dentro questo tugurio».
Quel complimento non mi toccò minimamente.
Non ero fatto per essere adulato, specialmente da una donna che non fosse mia moglie.
Di complimenti ne avevo ricevuti tanti dalle donne che incontravo lungo il mio cammino, ma avevo imparato a farmi scivolare le loro adulazioni di addosso.
Non mi importavano.
Gli uomini continuarono a urlare in preda agli ormoni, chiedendo alla donna di spogliarsi e di fare qualsiasi cosa indegna...
«Volete chiudere la bocca?» grugnì acido Magellan ai detenuti, che non avevano smesso neanche per un secondo di fare baccano «Non vedete che c'è una visita in corso?».
«Chiudilo tu il becco, direttore con la diarrea» esclamò uno di loro, facendo ridere i suoi compagni.
«Principessa, non è che c'è posto anche per gli uomini sulla vostra isoletta?» chiese uno di loro.
«Bambola, sono anni che non vediamo una donna» disse un altro con la bava alla bocca «Girati, fatti guardare».
Quelle parole mi davano davvero sui nervi.
Anche se non la conoscevo, sapere che la stavano trattando come se fosse un misero pezzo di carne mi faceva davvero ribollire il sangue.
Le donne andavano rispettate, non trattate come animali!
«Non posso permettere questo comportamento oltraggioso!» brontolò improvvisamente Magellan cominciando a diventare viola.
Poco m'importava di ciò che gli stava accadendo.
Ero felice che almeno uno di loro, intervenisse per prendere le difese di quella donna.
Cominciò a sciogliersi, mantenendo comunque la sua forma umana e stabile.
Ora ero convinto più che mai, che avesse mangiato anche lui un frutto del mare.
«Aaah, signor direttore, si fermi! La prego!» urlò in preda al panico il suo amico esaltato «Che sta facendo? Così mette in pericolo anche noi, aiutooo!» sbraitò per poi correre via a gambe levate.
Cominciò a sputare una sostanza gelatinosa verso i detenuti che lo avevano fatto infuriare, creando un grande caos e scompiglio tra tutti i presenti.
Boa sembrò non avere il minimo interesse nel vedere la scena.
Restava a fissarmi in silenzio: cominciavo davvero a sentirmi imbarazzato da quello sguardo di ghiaccio.
Si voltò un momento per controllare la situazione, per poi avvicinarsi ancora di più alle sbarre.
«Ascoltami, tuo fratello è qui» sussurrò con voce dolce e decisa.
«COSA?» esclamai incredulo, allarmandomi.
«È la verità!» ammise lei seria «Luffy è riuscito ad infiltrarsi» continuò seguita dalle urla disperate dei detenuti, ancora alle prese con Magellan «Non so dove si trovi adesso, ma ti sta cercando. È insieme ad una ragazza. Ha detto di chiamarsi Emy».

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