Uno Strano Destino

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                               Ace

Mi avviai verso la cabina dove sapevo riposava Barbabianca.
La confessione di Emy mi aveva sconvolto.
Non avrei mai creduto che quell'uomo potesse essere il padre biologico della donna che amavo.
Certo, da come l'aveva buttata Garp a Baterilla, avevo intuito che fosse un pezzo grosso, ma di certo non avevo pensato minimamente al capitano della Moby Dick.
Scesi le scale, cercando di calmarmi.
Dovevo essere lucido per affrontare un discorso con lui, ma sopratutto dovevo sopprimere le mie emozioni per capire come agire senza nuocere al bene di Emy.
Non volevo deludere la mia ragazza.
Avevo percepito quanto ci tenesse, e non volevo essere io quello a impedirle di restare con ciò che restava della sua vera famiglia, ma non avevo la minima intenzione di lasciarla.
Ora faceva parte della mia vita.
Lei era la mia vita.
Eravamo diventati una cosa sola, perciò tutto ciò che la riguardava automaticamente coinvolgeva anche me.
Quando arrivai davanti alla porta della stanza di Barbabianca, la vidi aprirsi.
Marco sbucò all'improvviso, fermandosi sulla soglia con espressione curiosa.
«Ace», esclamò sorpreso «Che ci fai qui?».
«Ho bisogno di parlare con il vecchio», tagliai corto.
«Fallo entrare», ordinò il direttore interessato, dentro la stanza.
Marco si spostò per farmi passare, per poi bloccarmi per un braccio, impedendomi di proseguire. Mi lanciò uno sguardo serio.
«Cerca di non dargli fuoco, per oggi», mormorò «Non è ancora guarito dal vostro ultimo scontro»
«Non preoccuparti. Non sono qui per attaccarlo», lo rassicurai.
«Bene, perché l'ho appena medicato», tagliò corto lui a sua volta, lasciandomi andare e andarsene con indifferenza, chiudendo la porta dietro di me.
Restai sulla soglia a osservare il vecchio, senza dire una parola.
Ora che sapevo che era il padre di Emy, cercai una somiglianza tra di loro che fortunatamente non trovai.
Sarebbe stato strano per me... credo.
«Dal modo in cui mi guardi e chiudi i pugni, direi che sei venuto a conoscenza del mio piccolo segreto».
«Non lo definirei tanto piccolo», dissi «Sei il padre della mia ragazza. Direi che come segreto è abbastanza importante».
«Hai ragione. Dopotutto, questo fa di me tuo "suocero"», disse, ridendo della situazione «Com'è strana la vita, vero?».
«Non così in fretta. Non ho cambiato opinione su di te. Se non ti ho più attaccato è perché me lo ha chiesto Emy, non perché in qualche modo ti reputo parte della mia famiglia».
«Sicuro? Credevo che ormai ti fossi arreso all'evidenza che sono troppo forte, per essere battuto da un semplice moccioso come te», ammise divertito.
Mi sentii bruciare le mani dal nervoso.
Certo, sapeva dove picchiare per farmi arrabbiare.
«Pensala come vuoi. Non sono venuto qui per giustificarmi».
«Allora, perché sei qui?» Mi chiese tornando serio, bevendo del sakè da una bottiglia bianca di vetro.
«Voglio capire se sei degno di essere suo padre».
«Credi che non lo sia?».
«Emy ha sofferto molto a causa tua», dissi facendogli indurire ancora di più lo sguardo «Non so cosa ti abbia detto, durante la vostra conversazione, ma io c'ero quando piangeva la notte, dopo la morte di sua madre. Ero presente quando invocava il nome "papà" nei suoi sogni. Quelle lacrime... non le scorderò mai».
«Sei qui per punirmi, quindi».
«Voglio solo che tu sappia... quanto tua figlia ti abbia amato, nonostante non ti conoscesse. Non passava giorno che non pensasse a te e al perché non ti fossi mai fatto vivo, nonostante Garp le abbia sempre detto che eri morto», ringhiai, stringendo i pugni fino a farmi male «Tutti quegli anni... persi, per cosa?».
«Ho già spiegato a Emy il motivo per cui non sono mai andato da loro», tagliò corto lui «Ero convinto che fossero morte in quell'incendio».
«Avresti dovuto accertartene!» Urlai in preda all'ira.
Cominciai ad ansimare per il nervoso e l'agitazione che mi stavano facendo battere il cuore sempre più forte.
«Hai... costretto la tua donna e tua figlia a vivere una vita senza di te... perché ritenevi che quella fosse la cosa migliore per loro. Le hai abbandonate, fatte soffrire, e proprio quando avevano più bisogno di te... tu non c'eri. Sei soltanto uno sporco codardo!».
Sputai quelle parole come fossero veleno.
In quella storia rivedevo tanto me stesso.
Il sacrificio di mia madre nel tenermi al sicuro per darmi alla luce, la fuga di mio padre dall'isola...
«Non oso neanche immaginare quanto possa essersi sentita sola quella donna».
Le mie parole sembrarono arrivargli al cuore, nonostante fosse rimasto impassibile sul suo letto.
Restammo in silenzio a fissarci per un tempo interminabile, prima che lo vidi aprire bocca.
«Credi che non le amassi abbastanza?».
Mi stupii di quella domanda improvvisa.
«Dimmi... Ace. Chi ti dà il diritto di giudicarmi? Non sai nulla di ciò che è successo».
«So quello che basta!» dissi tra i denti «Non te la meriti. Non ti meriti una figlia come Emy. Lei è purezza, tu invece... sei solo un codardo».
Mi fissò ancora senza dire una parola, bevendo ancora del sakè dalla bottiglia, dandomi l'impressione di aver parlato al vento.
«Ti ringrazio», sospirò lui, lasciandomi di stucco «Ti ringrazio, per ciò che hai fatto per lei in questi anni. Hai ragione, non so quanto abbiano dovuto soffrire a causa mia. Emy è troppo buona e dolce per farmelo capire, ma sappi una cosa, Portgas. Non ho nessuna intenzione di farle del male. E di certo, l'ultima cosa che voglio è farla soffrire ulteriormente».
Assottigliai leggermente gli occhi, cercando di capire se ciò che mi stava dicendo fosse la verità.
«Sono felice che abbia trovato un ragazzo come te».
«Come me?».
«Guardati. Sei venuto qui con l'intento di proteggerla da me, senza pensare a possibili conseguenze. Non è da tutti. Hai veramente un grande coraggio».
«Emy è tutto ciò che ho a questo mondo. Se perdo lei... posso anche morire».
«Questo ti fa onore, ragazzo. Sei molto giovane, ma nonostante l'età, sei molto maturo»
Quel complimento non mi toccò minimamente.
Ancora non avevo finito di parlare con lui.
Volevo capire che cosa fare.
Restare? Andarmene?
Emy mi aveva chiesto di concederle del tempo con suo padre e lo avrei fatto, ma Barbabianca doveva meritarselo.
«Emy mi ha chiesto che cosa voglio fare, ora che so la verità», continuai «Le ho risposto che me ne voglio andare, ma è ostinata a voler restare qui per conoscerti».
«Mi farebbe piacere se restaste», ammise con sguardo sincero, ma non mi feci abbindolare.
«Solo per poco», tagliai corto «Mi ha chiesto di concederle del tempo, e non sono nessuno per negarglielo. Le darò la possibilità di capire che tipo di uomo sei, così che si renda conto da sola che più lontana starà da te, meglio sarà per lei».
Mi voltai in direzione della porta, afferrando il pomello, quando...
«Devi aver sofferto molto, per la tua perdita».
Mi bloccai all'istante...
Non trovavo la forza per girarmi.
«Tua madre deve essere stata una donna molto forte».
«Non sai nulla di mia madre», mormorai, sentendomi come se stessi per esplodere «Non devi nominarla».
«Non so chi fosse, ma di certo non poteva essere una debole. Non per aver dato alla luce un figlio forte come te», continuò lui.
Sospirai, cercando di calmarmi.
Dovevo... stare calmo.
Se lo avessi colpito, Emy non me lo avrebbe mai perdonato.
«Non ho idea di chi fossero i tuoi genitori, e non so cosa sia successo loro per averti lasciato solo dopo la tua nascita, ma so riconoscere quando una persona ha perso qualcuno di importante. E posso comprendere il tuo dolore, ragazzo», aggiunse serio, con una punta di tristezza nella voce «Non posso riportare indietro il tempo. Né tanto meno aggiustare un cuore spezzato, ma permettimi di essere il padre che non sono stato in questi anni. Permettimi di amare mia figlia, come avrei sempre dovuto fare. Permettimi di far parte della sua vita e della tua».
Cominciai a tremare, sentendo l'adrenalina pervadermi.
«Diventa mio figlio, Ace».
Sbarrai gli occhi, sentendo la bocca inchiodarsi a quella domanda.
Per la seconda volta, a distanza di qualche settimana avevo sentito nuovamente quella frase da lui.
«Perché ci tieni così tanto?» Chiesi.
Lo sentii sospirare. «Perché non siamo così diversi come credi. Anche tu vuoi una famiglia, esattamente come l'ho sempre voluta io».
«Per questo, ti fai chiamare papà da tutti? Per compensare ciò che non sei riuscito a essere per la tua vera?».
«In parte... è anche per questo. Lo ammetto», disse, dopo un momento di esitazione.
«Ci troviamo di fronte a un bivio, ragazzo. Entrambi amiamo la stessa donna, certo in modi differenti, ma siamo entrambi pronti a dare la vita per proteggerla. Quindi, mi chiedo... perché non farlo insieme? Perché non essere un'unica grande famiglia. È ciò che vogliamo tutti e tre».
«Che ne sai di che cosa voglio io?».
«Te lo si legge in faccia», ammise «Ti ho osservato in questi giorni, mentre eri con mia figlia. Ho visto, il modo in cui la guardi. Il modo con cui la proteggi. So per certo, che la tua vicinanza ha compensato gran parte dell'affetto che le ho negato in questi anni, seppur non volendo. In qualche modo, hai preso il mio posto, ma non potrei esserne più felice».
Finalmente, trovai la forza di voltarmi per guardarlo.
Era ancora nella stessa posizione di prima, immobile, aspettando una mia reazione.
«Se accetto di diventare tuo figlio... poi che succederà?».
«Questo sarai tu a deciderlo. Tutto ciò che posso darti è una famiglia».
Famiglia.
Quella parola mi arrivò così forte al cuore che sembrava che qualcuno mi avesse sparato.
Su una cosa aveva ragione, ciò che desideravo era avere una famiglia a cui legarmi, ma avevo sempre pensato che un giorno l'avrei avuta con Emy. Di certo, non mi immaginavo che sarei diventato un discepolo di Barbabianca.
«Ci penserò», tagliai corto, per poi voltarmi e uscire definitivamente da quella stanza, diventata ormai opprimente.

Una volta arrivato sul ponte, cercai Emy nel punto dove l'avevo lasciata, ma non la trovai.
Solo quando sentii mugugnare alla mia sinistra, la notai.
Era seduta a terra, la testa posata sulla parete di legno con ancora il mio cappello addosso.
Mi abbassai per guardarla, notando il suo respiro lento e regolare.
Sorrisi divertito.
«Parla tanto di me», dissi «Come ha fatto ad addormentarsi qui?».
Le alzai il cappello per osservarla sul viso, pensando che si svegliasse, ma non accadde.
Vidi i suoi occhi leggermente gonfi e arrossati, le guance rigate dalle lacrime...
«Ha pianto fino allo sfinimento», disse improvvisamente Deuce alle mie spalle.
Mi voltai per guardarlo un momento, prima di tornare con lo sguardo su Emy che dormiva beatamente.
«Non me la sono sentita di spostarla. Pensavo che preferissi farlo tu».
Le tolsi il cappello per rimettermelo, evitando che le cadesse sul viso, essendo un po' troppo grande per lei.
«Grazie», dissi, facendo scivolare le braccia sotto le gambe e il busto della mia ragazza, per poi sollevarla senza fatica.
Mi voltai per portarla fino in camera, adagiandola sul letto con tutta la delicatezza che potevo usare per non svegliarla.
Le tolsi i capelli da davanti agli occhi, e tirai un po' il lenzuolo accanto a lei per coprirla.
«Mi sembri pensieroso, Ace», continuò Deuce con tono preoccupato, avendomi seguito fino in cabina «Va tutto bene? Ultimamente tu e Emy vi comportate in modo strano».
«Non fingere di non sapere, Deuce», tagliai corto, continuando a guadare Emy «So che sai la verità da prima di me».
«Te lo ha detto Emy?»
«Non è difficile capire con chi si è confidata per primo, una volta saputo che suo padre è Barbabianca».
Sospirò sulla soglia della porta.
«In effetti... lo ha fatto».
«Non sono arrabbiato. Non temere», lo rassicurai «Ti reputa il suo migliore amico, è normale che ti parli dei suoi problemi».
«Meglio se ne parlino fuori», disse lui, allontanandosi dalla porta.
A malincuore mi alzai dal letto e uscii dalla stanza, chiudendomi la porta dietro le spalle.
«Com'è andata?» Mi chiese incrociando le braccia al petto.
Lo guardai confuso.
«Sì... mi ha detto anche questo, tra i singhiozzi», ammise divertito.
Alzai gli occhi al cielo, sorridendo.
«Non so esattamente come sia andata», dissi, passeggiando verso la muretta per vedere il mare.
Si era già fatta notte, e il mare era sempre calmissimo a quell'ora.
«Mi ha chiesto di diventare suo figlio, per la seconda volta».
«E tu che gli hai risposto?»
Sospirai. «Che ci dovevo pensare».
«Be'... è già un passo avanti, dall'ultima volta», commentò divertito, ma io non ci trovavo proprio nulla da ridere.
«Non so che fare, Deuce», ammisi «È tutto così confuso».
«Posso immaginarlo», mormorò «Però, se posso darti una consiglio...».
«Se dici "Segui il tuo cuore", ti butto in mare. Giuro!».
Rise divertito. «Tranquillo, non avrei mai usato una frase come quella con te. Al massimo ti avrei detto di "seguire il cosciotto"».
Ridemmo di gusto alla sua battuta.
Deuce sapeva sempre come sdrammatizzare ogni situazione, facendo sentire qualsiasi fardello meno pesante.
«Emy è una brava ragazza», continuò più serio «Credo che si meriti un po' di felicità».
«Certo che se lo merita».
«Quindi, dove sta il problema?»
«Parliamo di Barbabianca. Lui...».
«Lui ci ha aiutati. Ha salvato Emy dalle grinfie dei cacciatori di taglie. E per quanto avesse ragione di farlo, non ti ha mai ucciso in tutto questo tempo che siamo qui», mi zittì «Ti sei accanito su di lui, con l'unico scopo di prendere la sua testa come trofeo. Senza pensare che magari potesse essere un brav'uomo».
Sentirselo dire da un amico fidato, mi fece realizzare ciò che realmente era quell'uomo.
Deuce aveva ragione.
«E per quella questione... di Roger. Come la metto?».
«Che c'entra tuo padre?».
«Erano nemici. Come pensi che la prenderà, sapendo che il figlio del Re dei Pirati è insieme a sua figlia?».
«Non fasciarti la testa prima del tempo», disse, avvicinandosi a me «Sono certo che saprà sorprenderti. Dopotutto, è il padre della nostra Emy»
Sorrisi a quelle parole.
«Grazie per la ramanzina», ammisi divertito «Mi ci voleva».
«Quando vuoi, figliolo», disse lui, abbassando il tono di voce per assomigliare a Barbabianca, dandomi poi due pacche sulla schiena «D'ora in poi , chiamami pure papà».
Lo guardai storto per poi mettermi a ridere.
«Hai mai pensato di fare il clown?».
«Sì, ma poi ho scoperto che il rosso non mi dona».
In quel momento vidi passare Marco con la sua solita borsa da medico, diretto da Barbabianca e non potei notare un particolare ben visibile sulla pelle: fu allora che mi venne l'idea.
«Dove te ne vai, adesso?» Mi chiese Deuce, vedendomi allontanare di corsa.
«A trovare il regalo giusto per il compleanno di Emy».

𝕆𝕟𝕖 ℙ𝕚𝕖𝕔𝕖 - Due Cuori, Un Solo Fuoco-Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora