Avventura inaspettata

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Erano giorni che navigavamo senza sosta e nonostante la mappa dicesse che ormai eravamo quasi arrivati alla terraferma, non avevamo intravisto nemmeno l'ombra di un'isola nei paraggi.
Per non parlare del fatto che non soffiava vento da ore, il che ci faceva restare quasi immobili sulla superficie dell'acqua.
Il sole quel mattino era davvero difficile da sopportare.
Per fortuna, Ace aveva pensato di usare delle coperte che aveva legato al piccolo albero maestro, in modo da proteggerci dal calore della giornata, anche se lui continuava a ripetere che quel caldo afoso non gli dava alcun fastidio.
Stavo continuando a studiare la cartina, per capire la nostra posizione precisa, quando vidi un pesce schiantarsi contro i miei piedi e cominciare a dimenarsi istintivamente per ritornare in acqua.
«Aaaaah!», Urlai dallo spavento, cadendo di schiena.
In quel momento, Ace sbucò dall'acqua urlando la sua vittoria.
«Hai visto che pesce ho pescato? Non ne avevo mai visti di così grossi», disse incurante del fatto che fossi caduta a terra «Uhm? Che ci fai con le gambe per aria?», Domandò confuso.
«E me lo chiedi? Non fai altro che spaventarmi, dannazione! Sei peggio dei bambini!», Gli sbraitai contro, ma non sembrò fare caso al mio tono.
Ormai era abituato ai miei scatti d'ira.
«Quanto la fai lunga. È solo un pesce», borbottò lui.
«Mi hai distratta! Sto cercando di studiare la cartina per capire dove diamine siamo finiti. Sono giorni che non ci muoviamo, e ciò a cui pensi sono i pesci?».
«Mangiare è importante», ammise risalendo sulla bagnarola e scuotendo i capelli per togliere più acqua possibile, ovviamente bagnandomi i piedi «E tu non mangi abbastanza, ultimamente».
Sospirai esausta. «Sono solo stressata. Non so dove siamo, e ho paura che le cose andranno sempre in peggio, se non escogito un modo per muoverci di qui».
«Che fretta c'è? Succede anche questo, quando si naviga in mare aperto», disse cercando di afferrare il pesce che continuava a dimenarsi «Fa parte... dell'avventura».
«Avventura un corno! Secondo la mappa avremmo già dovuto avvistare la terraferma».
«Non ti ci fissare troppo. Se la mappa... dice che c'è un'isola nei paraggi, vedrai... che la troveremo. Accidenti!», Disse distrattamente mentre cercava di afferrare quello stupido pesce che continuava a scivolargli dalle mani.
Con un gesto rapido, il pesce sfuggì dalle grinfie di Ace dandogli poi un colpo di pinna in faccia, e con un balzo si rituffò in acqua.
«Non posso crederci», urlò Ace arrabbiato.
Mi misi a ridere divertita, sentendo il nervoso svanire dal mio corpo.
«Non ci trovo niente da ridere! Era un pesce enorme. Avremmo potuto mangiare per giorni. Dannato pesce!», Urlò ancora tenendosi il naso per via del colpo di pinna dell'animale.
«Con il tuo appetito, direi che avremmo potuto mangiare sì o no, per un pasto solo», ammisi ridendo ancora più forte nel vederlo così arrabbiato, nonostante di cibo ne avessimo in quantità sulla nostra imbarcazione.
«Non ridere delle disgrazie altrui», brontolò mettendo il broncio.
«E come posso non farlo? Ti sei visto?», Gli chiesi ormai con le lacrime agli occhi.
Mi doleva lo stomaco da quanto stavo ridendo. Mi ci voleva proprio.
Con un balzo, Ace mi fece cadere di schiena posando leggermente il suo peso sul mio corpo, tenendo stretti i polsi accanto alla mia testa.
«Smettila!», Ringhiò irritato, ma proprio non ero in grado di farlo.
La scena era stata troppo divertente, e poco mi importava se Ace stava perdendo le staffe: ne valeva la pena.
«Smettila o ti butto in acqua!», Mi minacciò a denti stretti.
«E a che pro? Tanto so nuotare», dissi cercando di calmarmi.
«L'acqua salata del mare brucia sulla pelle, quando si asciuga. Non è come l'acqua dolce, dove facevamo il bagno alla cascata».
Mi calmai immediatamente per fulminarlo con lo sguardo. «Non oserai!».
«Allora, non ridere più di me», disse altezzoso.
Ci guardammo per qualche secondo.
Stavo per tornare seria, quando improvvisamente la scena del pesce che colpiva Ace sul naso con la coda mi ritornò in mente ed esplosi a ridere di nuovo.
«L'hai voluto tu!».
«No, no, no! Scusa, scusa, scusa!».
Ace mi prese in braccio con facilità, facendo oscillare la barca.
Istintivamente, cercai di aggrapparmi a lui, ma non me lo permise.
«No! Ace, ti prego! Poi non riuscirò più a levarmi il sale di dosso».
«Potevi pensaci prima», disse per poi gettarmi in acqua con un gesto frettoloso.
A contatto l'acqua era più calda di quello che mi aspettassi, era una sensazione abbastanza piacevole se non fosse per il fatto che, quando provai a risalire, il mio corpo si irrigidì improvvisamente.
Lo percepii più pesante, come se fosse diventato di sasso.
Non ero più in grado di nuotare.
Cominciai a provare un senso di pericolo, che mi crebbe nel petto nel giro di pochi secondi.
Cosa mi stava succedendo?
Perché non riuscivo più a muovermi?
Sentivo che stavo andando sempre più a fondo, e l'aria stava cominciando a mancarmi.
La vista mi si offuscava ogni secondo di più e, per un momento, pensai seriamente che la mia vita sarebbe finita lì quando, con le poche forze che mi erano rimaste, vidi Ace tuffarsi per cercare di raggiungermi il più in fretta possibile.
Chiusi gli occhi e, pochi secondi dopo, sentii una presa ferrea avvolgermi il busto e trascinarmi in superficie.
Fu questione di secondi, prima che i miei polmoni potessero di nuovo assaporare il gusto dell'ossigeno.
«Emy! Stai bene?», Mi chiese Ace preoccupato.
Non riuscii a rispondere.
L'acqua mi era entrata nei polmoni, e l'unica cosa che potevo fare in quel momento era tossire.
Mi sentii sollevare fino a raggiungere le assi di legno della bagnarola, che mi accolsero con il loro calore, dovute al sole di quel giorno. Continuai a tossire, mentre sentivo le mani di Ace accarezzarmi la schiena per aiutarmi a espellere l'acqua.
«Si può sapere che ti è preso? Perché non sei risalita subito?», Mi rimproverò lui ancora con tono preoccupato.
«Non... cof cof... non ci sono riuscita», ammisi con la voce strozzata a causa del sale che mi aveva seccato la gola.
«Che vuoi dire?», Mi chiese confuso.
Piano piano, sentivo le forze tornare in me. Riuscii finalmente a mettermi seduta, tenendo sempre le braccia davanti a me per sostenermi.
L'aria ricominciò a entrare nei miei polmoni, sostituendo l'acqua, che fino a poco prima mi stava soffocando
«Il mio corpo non rispondeva. Era come... se mi fossi tramutata in pietra».
«È assurdo! Com'è possibile? Sei una nuotatrice bravissima».
«Non penso che c'entri qualcosa il mio modo di nuotare... cof cof».
Mi tenni la bocca cercando di non vomitare, durante lo sforzo della tosse.
Ace si alzò per prendermi una bottiglietta d'acqua.
L'acqua fresca riuscì a calmarmi, e piano piano cominciai a smettere di tossire.
«Mi dispiace. Non potevo sapere che ti sarebbe successa una cosa del genere», mormorò lui mortificato.
«Per lo meno ho smesso di ridere», dissi per sdrammatizzare la situazione, ma Ace non aveva per niente voglia di ridere «Comunque, sta' tranquillo. Ora è passato».
Tirai un ultimo sospiro, prima di cominciare a respirare in modo normale.
Il cuore aveva cominciato a battere più regolare e l'adrenalina dello spavento stava passando. Ace si mise seduto accanto a me, dopo essersi accertato che stessi bene, e abbassò il capo. Si stava auto colpevolizzando per quello che era successo.
Probabilmente era già passato agli insulti.
Mi avvicinai a lui e lo abbracciai forte, nonostante entrambi fossimo bagnati fradici.
Il contatto con la sua pelle calda, che stava già cominciando ad asciugarsi, mi fece rinascere. Raddrizzò il busto in modo da permettermi di adagiarmi più comodamente su di lui, avvolgendomi infine con le braccia.
Lo avvolsi a mia volta, facendo adagiare la sua testa sulla mia spalla.
«Stavi per annegare per colpa mia», disse cercando di trattenersi dal piangere.
«Non per colpa tua», dissi per tranquillizzarlo, mentre gli accarezzavo dolcemente la chioma ribelle.
«Se ti fosse successo qualcosa, io...».
«Shhh», lo zittii dolcemente «Per fortuna non è successo. Sei riuscito a tirarmi fuori in tempo. Mi hai salvata. E questo è tutto ciò che conta».
Gli accarezzai per molto tempo la chioma corvina, ormai mezza asciutta, cercando di confortarlo.
La paura più grande di Ace era quella di vedere le persone che amava, soffrire a causa sua.
La scena di poco fa di certo aveva alimentato quella paura ancora di più.
«Avrei dovuto tuffarmi prima», disse maledicendosi.
«Ace. Adesso basta, ti prego. Sono viva e sono qui. Conta solo questo».
Sospirò a fondo, scaldandomi la spalla con il fiato caldo.
Gli diedi un bacio sulla testa e ci cullammo per qualche secondo, entrambi cercando di riprendere il controllo della situazione.
Mi staccai da lui e gli alzai il viso, in modo che potesse guardarmi.
«Avevi ragione, sai?», Gli dissi sorridendogli teneramente.
«Su cosa?», Chiese confuso.
«Il sale dell'acqua del mare quando si asciuga brucia».
Gli strappai un mezzo sorriso.
Sapevo che era il massimo che poteva darmi in quel momento, e io ero felice così.
Tempo qualche giorno, e quella brutta avventura sarebbe stata solo un lontano ricordo.

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