Emy
Era passata quasi una settimana da quando io e Ace litigammo.
O meglio... da quando lui aveva deciso che il mio futuro non era stare insieme.
Come poteva pensare una cosa del genere, dopo tutto quello che avevamo passato?
Rinfacciarmi di non essere forte come un uomo: come se già non lo sapessi!
Avevo combattuto tutta la vita contro questo pensiero. Mi ero sempre reputata una debole, sebbene cercavo di dimostrare il contrario.
Fin da bambini, Ace aveva sempre avuto da ridire sulla mia forza, e sebbene le cose fossero cambiate tra di noi, in quel momento mi aveva fatto capire che nonostante tutto, il suo pensiero su questo argomento non era cambiato.
Allora, perché innamorarsi di me?
Perché permettermi di seguirlo, se poi l'intenzione era quella di riportarmi a casa dopo il primo guaio?
Avrei tanto voluto chiederglielo, ma ormai avevo giocato la carta del silenzio.
Lo evitavo come la peste, sebbene era palese che volesse fare pace con me.
E a dirla tutta... anch'io lo desideravo. Tanto.
Ma aveva fatto la mossa sbagliata con me.
Una parte di me sarebbe stata anche felice di tornare a casa da Dadan. Non potevo negarlo. Mi mancava quel tugurio in cui eravamo cresciuti e dove avevamo consumato per tante notti il nostro amore, i banditi, la strega antipatica dalle minacce facili, Magura, Dogura, quel matto di Luffy... e anche Sabo mi mancava terribilmente.
Ma Ace era diventato troppo importante per me. Non avrei mai potuto lasciarlo andare da solo. Non ero brava nel combattimento quanto lui, ma non doveva dimenticarsi che possedevo un potere fortissimo. Forse anche più forte del suo.
Non ero intenzionata a sottomettermi al suo volere.
«Allora, sei qui», esclamò improvvisamente Ace con tono tranquillo, sbucando da dietro un cespuglio alla mia destra «Ti ho cercata dappertutto».
Mi ero rifugiata sulla riva di un lago.
Era ormai arrivata la notte e, dopo tanto tempo chiusa in casa, avevo davvero bisogno di starmene fuori per conto mio. Ormai la mia convalescenza era finita, le forze mi erano del tutto tornare perciò, alla mia richiesta di uscire, il dottore non poté fare altro che aprirmi la porta e farmi uscire per farmi sbollire la rabbia: forse anche la mia minaccia che gli avrei fasciato casa, lo aveva persuaso a lasciarmi andare.
Quando sentii Ace sedersi accanto a me, non lo guardai nemmeno.
Mi limitai a voltare la testa dall'altra parte.
«Vedo che ce l'hai ancora con me», sospirò lui «Vuoi che me ne vada?».
Alzai le spalle velocemente, anche se speravo non lo facesse.
Trattenne una risata, il che mi fece capire che aveva intuito il vero significato del mio gesto.
Avevo davvero voglia di parlare con lui, ma sapevo che avrebbe trovato la scusa di rigirare qualsiasi discorso a suo favore, o peggio... mi avrebbe convinta a tornare da Dadan.
Dovevo restare risoluta sulla mia decisione. Non esisteva un universo in cui Ace riusciva a farmi cambiare idea.
«Che nottata», disse lui respirando a pieni polmoni l'aria pura della notte «Mi ricorda molto le sere che passavamo sulla riva del lago di Monte Corvo ad osservare le stelle».
Aveva ragione.
Trovarsi in riva al lago da soli, era una cosa che avevamo cominciato a fare spesso, dopo la dichiarazione di Ace che mi fece quella volta che scappai di casa, per tornare al mio villaggio.
«Ricordi quella sera che ti feristi, e uscisti di casa di nascosto con la bottiglietta di disinfettante in mano? Fu la prima volta che facemmo un discorso serio senza scannarci».
Come potevo dimenticarlo?
Fu in quel momento che mi resi conto che avevo cominciando a provare qualcosa per lui.
Fu anche la prima notte che tentò di vedermi senza maglietta...
«Era una notte stellata come questa. Ci sono anche i grilli e la leggera brezza, come allora».
Sospirai, cominciando a strappare un pezzo di erba per poi cominciare a giocarci nervosamente.
Strappai i fili pezzo per pezzo, immaginandomi la faccia di Ace al loro posto.
«Mi manca la tua voce», ammise lui addolcendo il tono.
Alzai un sopracciglio e assottigliai le labbra, senza staccare gli occhi da ciò che stavo facendo.
Voleva che parlassi? Allora sapeva cosa doveva dire.
Sospirò. «Mi dispiace», ammise «Mi dispiace davvero tanto. Non avrei dovuto dire quelle cose. Ero solo.. spaventato».
"Lo ero anch'io, stupido!" Pensai.
«Mi sono sentito responsabile per ciò che ti è accaduto. Non potrei mai perdonarmi se...», Non finì la frase.
Lo sentii deglutire nervosamente e poi sospirare ancora, come per scacciarsi un pensiero orribile dalla testa.
«Non ti riporterò da Dadan», disse dopo qualche secondo di silenzio, facendomi sussultare il cuore.
Sentii tutta la tensione scivolarmi via, compreso il nervosismo.
Finalmente avevo ottenuto quello che volevo.
Mi voltai a guardarlo.
«Ho capito che non posso proteggerti se sarai lontana da me. Quindi preferisco averti sempre a portata di mano, anche se questo può comportare a metterti in pericolo», ammise lui con tono ironico.
«Non ho bisogno della tua protezione», dissi seria «Non ho bisogno della protezione di nessuno».
«Sono un uomo, Emy. E ti amo. Proteggerti mi viene d'istinto», si giustificò lui «Non puoi incolparmi per questo».
«Non ti sto dando la colpa, Ace. Voglio solo che tu la smetta di vedermi come la bambina debole che arrivò da Dadan quattro anni fa. Sono cresciuta da allora, e anche il mio potere».
Volevo che capisse quanto mi faceva male sapere che mi vedeva ancora come una ragazzina debole.
«Non sarò in grado di distruggere un albero con un calcio o sollevare venti volte il mio peso... ma so cosa so fare per proteggermi. Devi solo darmene l'occasione».
«Se è ciò che vuoi, te la darò», ammise «Non voglio più sottovalutarti».
Lo guardai confusa. «Significa che ti fidi di me?».
«Mi sono sempre fidato di te. Però, sì... possiamo vederla così».
Mi rilassai e lui con me.
«Ti ho sempre sottovalutata, adesso basta. Nella tua debolezza, so che sei forte abbastanza per sconfiggere chiunque. Non avrai i muscoli sviluppati, ma il cervello lo è decisamente più del mio», ammise lui facendo la battuta del secolo.
Mi avvicinai a lui, sorridendo per quella frase sciocca.
«Odiavo non parlarti. Mi hai fatto passare dei giorni orribili», mi lamentai con fare da bambina, mentre posavo la mia fronte sulla sua.
«Perdonami», disse lui accarezzandomi la schiena «Però anch'io non me la sono passata bene. Oh, aspetta. Quasi dimenticavo»
Improvvisamente si mise a cercare qualcosa nella tasca dei suoi pantaloni.
«Chiudi gli occhi».
«Perché?».
«Fallo e basta, per favore», tagliò corto lui con una strana voce.
Sembrava impaziente.
Feci quello che mi aveva detto, sentendo qualcosa posarsi sul mio collo pochi secondi dopo.
«Adesso puoi aprirli».
Abbassai lo sguardo e notai una collana di perle rosse... enormi.
«Volevo farti un regalo, ma non sapevo cosa regalarti. Poi ho visto questa collana che mi ha ricordato Dadan», ammise felice «Perciò ho pensato che guardandola avresti potuto ricordarla».
«È molto bella, ma...».
«Cosa?», Chiese diventando improvvisamente serio.
«Ace... è troppo grande per il mio collo», ammisi mettendomi a ridere.
«Enorme?».
«Guarda le perle, sono gigantesche».
Ace guardò la collana confuso.
«Credo tu abbia ragione», ammise triste «Dannazione! Sono proprio uno stupido».
Si prese la testa tra le mani e si scompigliò velocemente i capelli, come per punirsi.
Lo faceva spesso quando era in crisi ed era un gesto che adoravo.
«Ho un'idea», dissi trovando la soluzione al problema.
Mi tolsi la collana e la misi a lui.
Il colore si intonava benissimo con la sua carnagione e il colore dei suoi capelli.
«Così posso ricordare lo stesso Dadan, senza avere quel peso sul collo. E allo stesso tempo, ammirare te».
«Non sembro una donna con questa?», Chiese poco convinto.
Mi misi a ridere.
«Sembri tutto tranne che una donna, credimi».
Dopo qualche secondo, Ace si mise a ridere con me.
Finalmente era tutto risolto tra noi, e ne ero davvero felice.
«Allora, pace?», Mi chiese con un sorriso, anche se sapeva la risposta.
«Uhm... non lo so», dissi pensierosa, ammiccando un sorrisetto malizioso «Non sono convinta ancora».
Mi misi con fare sensuale a cavalcioni subito lui, aspettando che facesse una mossa. Era da molto che non ci concedevamo un momento per noi, e quella sembrava proprio la serata giusta.
Sorrise, capendo dove volevo arrivare.
Infilò le dita tra i miei capelli, e avvicinò le sue labbra alle mie. Mi baciò con delicatezza e passione. Sentivo che gli ero mancata tanto quanto lui era mancato a me.
Approfondimmo il bacio, fino a che non mi sentii afferrare per le natiche e in pochi secondi mi ritrovai incollata a lui, mentre infilai le dita tra i suoi capelli corvini.
«Se spunta Deuce, giuro che lo butto in acqua», disse Ace staccandosi a me per riprendere fiato.
«Ti darò una mano», ammisi.
Sorridemmo uno sulle labbra dell'altro, per poi tornare a baciarci con più passione e desiderio.
Sentii le sue mani scivolare sulla mia schiena, accarezzandomi dolcemente. In risposta gli misi le braccia intorno al collo, incollando il mio petto al suo. Percepii la sua erezione gonfiarsi lentamente sotto di me, rendendomi quella postura sempre più scomoda. Mi accarezzò il fianchi e io lo tirai ancora più vicino a me.
Il mio corpo fremeva dall'essere toccato.
Cosa stava aspettando?
«Puoi osare di più», sussurrai staccandomi da lui per un momento, per poi incollarmi di nuovo alle sue labbra.
Ace non rispose.
Si limitò a sospirare durante il bacio, afferrandomi nuovamente il sedere.
Che gli stava succedendo?
Era palese che mi volesse. La sua erezione parlava chiaro, quindi che cosa lo stava bloccando?
Stanca di sole carezze e baci, decisi che era arrivato il momento di farsi più audace. Dopotutto, era sempre stato lui a prendere l'iniziativa. Provare a farlo io per la prima volta non mi dispiaceva. Feci scivolare le mani lungo il suo collo, per poi fermarmi sulle sue spalle, delineando con le dita le curve dei suoi muscoli fino a togliergli la camicia già sbottonata.
«Emy...», Sussurrò lui sentendo le mie labbra assaporargli con voracità il collo.
«Uhm?», Mugugnai senza staccarmi da lui.
Mi accarezzò il collo con la mano, cercando delicatamente di fermarmi.
«Sei sicura che te la senti?».
«Hmm hmm», mugugnai ancora senza smettere nella mia impresa.
«Ti sei ripresa da poco», continuò lui.
Mi fermasi per guardalo.
«Mi sono ripresa da molto tempo», ribattei io, già scocciata che avesse rovinato il momento.
«Sì, ma...».
«Shhh!», Lo zittii mettendogli un dito sulla bocca «Non ti lascerò andare Portgas. Non prima che tu abbia soddisfatto le mie esigenze».
«Esigenze?», Ripeté divertito «Da quando hai esigenze sul sesso?».
«Da adesso», risposi cercando di non ridere «Quindi, stasera farai quello che voglio io. Intesi? Sarai il mio schiavetto».
Sorrise divertito, mostrandomi i suoi denti perfetti.
«D'accordo», disse con un luccichio malizioso negli occhi «Cosa vuoi che faccia?».
Si mise comodo, posando le mani dietro di lui attendendo paziente un mio ordine.
Quel gioco stava cominciando a eccitarmi...
Mi morsi il labbro, pensando a qualcosa che avrei potuto fargli fare, ma anche se mi venne in mente, l'imbarazzo mi impedì di parlare.
Mi sentii avvampare.
«Non dovresti arrossire così. Dopotutto, sei stata tu a dirmi che devo fare ciò che vuoi», disse lui divertito.
«Sì, ma... non ci sono abituata», ammisi imbarazzata.
«Sei sempre la solita», ridacchiò lui tornando a baciarmi «Vediamo se riesco ad aiutarti», sussurrò sfiorandomi le labbra.
Mi baciò ancora, approfondendo il bacio. Cominciò a sfiorarmi la lingua con la sua con un tocco delicato e sensuale.
Mi fece venire i brividi.
Il suo corpo emanava un calore intenso.
Era la prima volta che lo facevamo da quando aveva mangiato il frutto.
Chissà se sarebbe stato diverso per lui.
Mi tolse la maglietta con agilità, cominciando a baciarmi il petto ancora avvolto dal reggiseno. Lo leccò e lo baciò con amore, come se mi stesse pulendo delle ferite invisibili.
«Così può andare?», Mi chiese guardandomi negli occhi, per poi riprendere ciò che stava facendo.
Mimai un "no" con la testa, mordendomi il labbro inferiore.
«Uhm...», Mugugnò lui pensieroso «Allora, proviamo così».
Fece andare le mani fino al gancio del mio reggiseno per poi slacciarlo con facilità. Sentii l'oggetto scivolarmi dal petto con lentezza, lasciandomi una sensazione di nudità sempre più forte. Provai i primi brividi, quando fece fermare il reggiseno per un momento sui turgori del mio seno per poi accarezzarli velocemente. Mi afferrò il seno sinistro, cominciando a leccarlo e a succhiarlo come un bambino intento a nutrirsi, ma con fare decisamente meno infantile.
Percepivo brividi su tutto il corpo.
Ero sempre stata sensibile in quel punto, ma quella sera sentivo di esserlo più del solito.
Lo desideravo da cosi tanto tempo e finalmente il mio corpo era stato appagato.
La sua lingua passò da un mio seno all'altro, senza staccarsi. La scia bagnata che lasciava al suo passaggio, si raffreddava così in fretta da lasciarmi tremare dal freddo.
Il corpo di Ace compensava, per fortuna. Accanto a lui non avrei più sentito freddo, questo era certo.
Slacciò i miei pantaloni con la mano libera, infilandola dentro ad esse e al mio intimo, facendomi sussultare una volta che percepii il suo dito accarezzare lentamente il mio sesso.
«Mi stupisco sempre dell'effetto che ti faccio», ammise lui divertito nel sentirmi già bagnata per lui «Io sono molto più resistente di te».
«La tua erezione premuta sulla mia gamba dice il contrario», ammisi imbarazzata ed eccitata allo stesso tempo.
Rise per poi darmi un bacio a stampo.
«Io ne volevo ancora», mi lamentai sperando che continuasse a baciarmi.
«Più tardi. Ora gemi per me», sussurrò sensuale.
Cominciò a portare il dito ormai bagnato sul mio clitoride, muovendolo circolarmente ormai con mano esperta.
Ero in preda agli spasmi di piacere.
Mossi il bacino in modo che potessi approfondire meglio quel contatto.
Avevo così voglia che mi sentivo già al limite.
«Vuoi già finire?», Mi chiese lui divertito, notando i miei movimenti «Non ti lascerò stare se finisci prima, lo sai».
«Non m'importa», ansimai «Vorrà dire che verrò più volte».
«Credi di poter reggere? Ho molte notti da recuperare».
«Sbaglio, o poco fa mi hai detto che non mi avresti più sottovalutata?», Chiesi e dopo averlo visto sorridere compiaciuto, non potei resistere a baciarlo con foga.
Si lasciò baciare senza opporre resistenza, lasciando che sfregassi la mia intimità sulla sua mano. Mi penetrò con due dita muovendole continuamente, mentre mi permise di continuare sul suo palmo. Non mi ero mai sentita così. Sentivo che volevo di più, sempre di più...
Senza rendermene conto percepii un calore ormai familiare avvolgermi. Mi lasciai andare, alzando la voce in segno di apprezzamento. Mi stupii di me stessa. Non ero mai arrivata a tanto.
Strinsi Ace a me, mentre ero presa dai tremori post orgasmo.
«Questo è stato... il gemito più bello e appagante che tu abbia mai fatto».
Non risposi, ancora senza fiato.
«Non ti facevo così audace», ammise lui divertito «Mi sento usato».
Risi alle sue parole, cercando di riprendermi.
«Adesso puoi usare tu me, se vuoi».
«Puoi contarci».
Mi baciò nuovamente, rivoltando in fretta le posizioni. Gli slacciai la cintura, aprì il bottone, gli sfilai i pantaloni e abbassai un po' i boxer, quel che bastava per farmi giocare con lui. Non appena sentì la mia mano stringere la sua erezione, Ace ansimò forte. La sua voce mi provocò uno spasmo di piacere lì sotto. Non aveva mai emesso un gemito così forte. Di solito ci trattenevano perché c'era sempre qualcuno nelle vicinanze. Ora eravamo da soli, almeno apparentemente....
«Neanche tu ci vai leggero», ammisi divertita commentando il suo gemito.
Sorrise e tornò a baciarmi con passione.
Mosse il bacino mimando quel movimento che ormai avevo imparato a conoscere e ad amare, emettendo sfiati e gemiti sulla mia bocca. Mi accarezzò i fianchi, facendomi percepire un calore intenso.
Mi baciò ancora di più con foga, lasciandomi quasi senza fiato.
Stava apprezzando davvero il mio tocco.
Le sue dita tracciarono scie calde sul mio addome che avevano iniziato a bruciarmi sempre di più. Cercai di resistere, non volevo rovinare il momento, ma quando sentii la sua mano scivolarmi dentro i pantaloni per poi stringerti forte una natica urlai di dolore a causa del forte calore che provai.
Ace si bloccò di colpo.
«Che succede?», Mi chiese preoccupato.
«Niente», mentii cercando di tirarlo verso di me per baciarlo ancora, ma senza risultato.
Mi impedii di compiere il gesto, togliendomi le mani dal suo collo.
«Emy, perché hai urlato?», Mi chiese serio «Ti ho fatto male?».
«Sto bene», mentii ancora «Non è niente».
Sentivo ogni parte che aveva toccato bruciare.
Come facevo a dirglielo?
Senza dire una parola, mi costrinse a girarmi, controllando il punto dove aveva messo la mano.
«Ace, davvero, non è niente», ammisi cercando di impedirgli di guardare, senza riuscirci.
«Non è niente?», Ripeté lui incredulo «Emy, ti ho bruciata».
«Non rovinare tutto», lo implorai.
Senza ascoltarmi mi guardò l'addome, notando le scie di bruciature che mi aveva lasciato prima con le dita. Non poteva crederci. Preso da un impeto di rabbia verso sé stesso si alzò da me per sedersi sull'erba, mettendosi una mano sui capelli con fare nervoso.
«Sto bene», dissi ancora per rassicurarlo, ma il suo sguardo era perso.
«Ti fa molto male?», Mi chiese serio, ignorando la mia frase.
«Cosa? No. È passato», dissi cercando di avvicinarmi a lui.
«Ferma!», Esclamò allontanandosi da me «Stammi lontana».
Si alzò da terra e si riallacciò i pantaloni velocemente: ormai la sua eccitazione era del tutto passata, come del resto lo era la mia.Si chinò per passarmi la maglietta.
«Rivestiti. Torniamo a casa», mi ordinò per poi allontanarsi da me.
Mi rimisi in fretta la maglietta e cercai di darmi una sistemata veloce, prima di corrergli dietro.
«Aspetta!», Esclamai e lui si bloccò.
«È stato un incidente, Ace», insistetti, cercando di fargli capire che la situazione non era così tragica come sembrava «Non è successo nulla. Davvero. Io sto bene».
«Come puoi dirlo?», Mi chiese incredulo e con tono disgustato «Dopo che è evidente che ti ho fatto del male?».
«Non l'hai fatto apposta».
«Ma l'ho fatto!», Urlò lui furioso.
Lo vidi respirare pesantemente, ripensando sicuramente alle mie bruciature.
«Torniamo a casa»
«Ma Ace...»
«Torniamo a casa!», Ordinò lui con un tono che mi spaventò.
Non l'avevo mai visto così arrabbiato.
Era chiaro che quella notte sarebbe finita diversamente da ciò che mi ero immaginata.
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𝕆𝕟𝕖 ℙ𝕚𝕖𝕔𝕖 - Due Cuori, Un Solo Fuoco-
FanfictionCosa sarebbe accaduto, se nella piccola Isola di Dawn, poco dopo l'arrivo di Luffy, fosse arrivata anche una bambina? Come sarebbe stata la vita di Ace, Luffy e Sabo? Avrebbero fatto entrare nella loro ciurma anche la piccola Emy? E cosa sarebbe su...