Irrefrenabile

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«Ace! Che stai facendo?» mi chiese Jinbei mentre cercavo in tutti i modi di spezzare le catene che avevo ai polsi.
«Non lo vedi da solo?» chiesi acido ed esausto dai miei continui tentativi di spezzare quelle maledette catene che avevo ai polsi.
Erano ore che ci stavo provando, e ancora non avevo avuto nessun risultato.
«L'algamatolite non si può spezzare così facilmente. Dovresti saperlo» disse lui, con tono pacato.
«Devo riuscirci!» ringhiai tra i denti, sforzandomi ancora, ma ciò che riuscivo ad ottenere era il spostarmi di qualche centimetro dal muro con la schiena «Emy e Luffy sono in pericolo».
«Sei ridotto uno straccio» brontolò lui «Anche se riuscissi a liberarti, come pensi di poter essere loro d'aiuto?».
«Tu non stavi dalla mia parte?» chiesi acido, irritato dalle sue parole.
Sapevo benissimo che potevo fare ben poco, ma dovevo provarci.
«Ehi!» urlò una guardia, avanzando verso di noi «Che sta succedendo lì dentro?».
Alzai lo sguardo.
Non mi ero accorto che delle guardie fossero state messe così vicine alle celle quel giorno.
La causa doveva essere per forza il casino che stava facendo quei due pazzi di Emy e Luffy.
Era un giorno intero che parlavano di loro, tramite i lumacofoni.
«Ehi, voi due! Rispondetemi!» ringhiai acido verso le guardie «Che cosa sta succedendo al piano di sopra?».
Le guardie non risposero, ma restano immobili davanti alla nostra cella.
«Avanti!» mormorai dolorante «Dovete dirmi la verità!».
«Tranquillo. Non succede niente» rispose uno di loro, il più basso, con voce pacata.
Pensava davvero che me la bevessi, dopo quello che mi aveva detto Hancock?
«Dannazione!» urlai, cercando ancora di spezzare le catene.
«Datti una calmata» mi suggerì il più mingherlino «Agitarsi non serve a niente. Non potrai mai uscire da qui, senza l'ordine del direttore Magellan».
Abbassai la testa, esausto.
Dovevo sapere cosa stava accadendo.
Dovevo conoscere ogni dettaglio su dove si trovassero Luffy ed Emy.
Dovevo sapere come stavano mia moglie e il mio bambino.
Non potevo più stare lì.
Avevo accettato il mio destino, ma saperli a rischiare la vita per salvarmi, mi aveva iniettato nelle vene così tanta adrenalina, che sentivo che sarei esploso da un momento all'altro.
Cominciai a tremare, sotto lo sguardo serio di Jinbei che aveva assistito alla scena, senza emettere un fiato.
"Non venite qui" pensai, implorando che qualcuno lassù mi stesse ascoltando ed esaudisse le mie preghiere "Non fatelo, ragazzi. NON FATELO!".
Le guardie si allontanarono per conversare tra loro, mentre ansimai ancora per la stanchezza e il dolore che non mi aveva lasciato un solo secondo, da quando ero lì.
«Devo...andare da loro» mormorai ansimando dalla stanchezza «Devo...salvarli».
«Scusa se te li dico, Ace» intervenne improvvisamente Jinbei «Non so molte cose su quella donna, ma è probabile che ti abbia mentito. Insomma, le guardie non hanno mai nominato Luffy o tua moglie...» disse riferendosi all'imperatrice serpente.
Scattai con le braccia, irritato dalle sue parole.
«E secondo te sarebbe venuta fin qui, soltanto per dire una bugia?» mi alterati, zittendolo, richiamano però l'attenzione delle guardie che mi guardarono perplessi.
Respirai pesantemente per un po', fino a che piano piano, riuscii a calmarmi.
Non dovevo prendermela con lui.
Probabilmente, aveva detto quella frase per evitare che mi facessi ancora del male.
«Scusami, Jinbei» mormorai dispiaciuto «Ma tu non puoi capire. Devi sapere che mio fratello e mia moglie sono fatti così. Non sarebbe la prima volta che fanno una cosa del genere. Anche da bambini, con le loro bravate da irresponsabili, mi facevano sempre stare in pensiero».
Jinbei grugnì con tono basso, senza dire una parola.
«Non hai idea...di quante volte sono dovuto accorrere per salvarli. Sono due testardi senza eguali» brontolai, ricordando con gioia e nostalgia i vecchi tempi.
«Non che tu sia da meno, Ace» aggiunse lui «Per colpa della tua testardaggine, abbiamo combattuto per una settimana intera, quella volta in cui credevi che Barbabianca avesse rapito Emy».
Aveva ragione.
Brontolavo tanto con loro, perché mi reputavo il più grande...quando anche io, non guardavo in faccia nessuno, se si trattava di salvare la mia famiglia.
Ghignai. «Touché».
«Oggi è il grande giorno» mormorò improvvisamente una delle guardie, parlando con il suo amico.
«Speriamo di sbarazzarci di questa seccatura senza altri problemi» aggiunse l'altro in risposta, riferendosi a me.
«Già. Non ci tengo proprio a veder scoppiare una guerra dentro Impel Down».
«Il direttore arriverà presto».
La fine si stava avvicinando.
Ancora poche ore, e mi avrebbero portato via da quel posto, facendomi andare contro la mia morte, ma non era questo che mi faceva tremare.
Avrei dato volentieri la vita per portare via da quel postaccio la mia famiglia.
Invece ero incatenato senza possibilità di fuga.
Costretto a stare seduto dentro quella cella fredda, aspettando che qualcuno dicesse al lumaconfono che gli intrusi erano stati sconfitti, o peggio...uccisi.
Era l'agonia più brutta della mia vita.

𝕆𝕟𝕖 ℙ𝕚𝕖𝕔𝕖 - Due Cuori, Un Solo Fuoco-Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora